- Vincent Cavanagh - chitarra, voce
- Daniel Cavanagh - chitarra
- Duncan Patterson - basso
- John Douglas - batteria, percussioni
- Rebecca Wilson - voce in Alone
1. Restless Oblivion (08:03)
2. Shroud Of Frost (07:31)
3. ...Alone (04:24)
4. Sunset Of The Age (06:57)
5. Nocturnal Emission (04:20)
6. Cerulean Twilight (07:05)
7. The Silent Enigma (04:25)
8. A Dying Wish (08:12)
9. Black Orchid (Strumentale) (03:40)
The Silent Enigma
Tristezza, solitudine, disperazione. Si prova completa afasia di fronte a quest'opera che risulta unica nel suo genere. Il 1995 è la data d'uscita di un album che trasporta il gruppo di Liverpool a massimi livelli. Dopo le ottime prove di tre demo, due singoli, due EP e del primo full-length, Serenades la band crea questa pietra miliare del genere che tuttavia non è del tutto definibile entro i confini di uno stile preciso; spazia invece al di là della semplice parola Doom, in base a come la si identifica, oltre i normali limiti che confinano un'opera qualsiasi.
The Silent Enigma è qualcosa di superiore, puro sentimento, che fa rabbrividire con canzoni come Alone che spezzano letteralmente il cuore. Un concentrato di puro dolore, un dolore che emerge chiaramente da ogni song, dall'evoluzione musicale complessa che caratterizza ogni brano.
Una sensazione di disagio perenne che, non si sa come, coinvolge in maniera sorprendente l'ascoltatore il quale non riesce a non rimanere affascinato. Un'intensità di tristezza e malinconia fuori dal normale che non tutti recepiscono come apprezzabile, ma che di sicuro distingue Cavanagh e la sua compagnia in uno stile tutto loro, che riesce a trasmettere e a donare molto all'ascoltatore.
Su questo sfondo le tematiche dell'album sono espressivamente introspettive, riguardanti la solitudine dell'uomo e la disperazione che volge alla morte. Sono chiave di comprensione quindi frasi come "restless oblivion forever", "Help me to Escape", "You left me Dying", che vengono cantate da un grande Vincent e da un'ottima Rebecca Wilson in Alone. Con ciò ogni parola è tuttavia essenziale per capire meglio il lavoro di questa band che ha regalato davvero molto al suo pubblico. Se si analizzano approfonditamente i testi si può notare la ricerca minuziosa di parole che indichino un senso di solitudine e di dispersione.
Immagine quindi di questo stato d'animo di profondo strazio è la già citata Alone, splendida nell'intro di chitarra, nel suo sviluppo e dolcissima, onirica grazie alla voce femminile, appena sussurrata. Emerge chiaramente un senso insistente di fuga dalla realtà, un desiderio di scappare, di trovare la morte, unico rimedio alla sofferenza della vita. Un'acuta depressione caratterizza questo lavoro e lo rende una perla che tutti gli amanti del genere non possono non apprezzare. Ed è su questi toni che spaziano le altre tracks, tutte di media lunga durata. Si differenziano in particolar modo poi le ultime tre songs dell'opera: l'omonima dell'album che rispecchia perfettamente le sensazioni trasmesse nel cd, A Dying Wish, mistica e l'ultima Black Orchid, una strumentale davvero apprezzabile.
Nell'insieme appare un concentrato di sensazioni, pensieri, sentimenti che si intrecciano armoniosamente con gli arpeggi di chitarre malinconiche, con riff di batteria mai eccessivi e con un vocal riflessivo, introspettivo, ma anche rabbioso come è il caso di A Dying Wish. In tutto quindi sono cinquantaquattro minuti che coinvolgono in pieno l'ascoltatore e lo indirizzano verso un'approfondita ricerca nel proprio animo. Una ricerca che porta inevitabilmente alla presa di coscienza di come la vita sia solo un sogno, un'illusione che nasconde un'immane tristezza. Ed ecco che perdendo l'amore il proprio animo brucia, il cuore è paralizzato, scompare ogni parametro di percezione della realtà, tutto si riduce a una sonnolenta illusione dalla quale bisogna scappare.
Con questo album gli Anathema raggiungono l'apice emotivo e questo lavoro incarna in pieno il loro modo di concepire la musica. Successivamente la band infatti compierà un cambiamento di rotta proprio nello stile, incamminandosi verso sonorità più sperimentali. Fatto sta che la band inglese, composta ancora dalla "vecchia guardia", crea questo complesso capolavoro, trasformando in musica ogni minimo pensiero di Cavanagh e compagni.
Ogni singola nota, estraniata dal contesto e analizzata a sé stante, è una piccola particella carica di emozioni che non risulta mai fuori luogo. Un lavoro quindi molto ben concepito, che certamente pretende di diventare punto di riferimento per tutte le bands che vogliano incamminarsi su questa strada.