- Shantidas Riedacker - Chitarra
- Matthieu Canaguier - Basso
- Antoine Hadjioannou - Batteria
1. I
2. II
3. III
4. IV
5. V
6. VI
7. VII
8. VIII
Occult Rock
Il terzo full-length del trio francese Aluk Todolo rappresenta probabilmente la definitiva consacrazione di un sound che nei primi due album (vale a dire l'interessante Descension del 2007 e il ben meno notevole Finsternis del 2009) aveva solo rivelato le proprie potenzialità esplosive e distruttive, dispiegando apertamente un numeroso stuolo di riferimenti musicali (dal post-punk al krautrock, dalla psichedelia al noise rock, fino alla drone music e alla musica industriale) ancora non conciliati a dovere in una formula totalmente convincente.
Pubblicato come doppio LP il 21 settembre 2012 dalla Norma Evangelium Diaboli, Occult Rock rilegge la religious psychedelic trance (questa la locuzione - piuttosto pretenziosa - con cui gli Aluk Todolo hanno descritto la propria musica fin dai tempi del primo 7" eponimo) sotto un'ottica ben più oscura e con un dispiego di mezzi ben più distruttivo. Pur senza rifiutare l'impianto ipnotico e asfissiante della loro musica (come ben dimostrato da una sezione ritmica che, tra battiti motorik e pattern ripetitivi degni di Jaki Liebezeit, fa della reiterazione il proprio punto cruciale), gli Aluk Todolo propongono ora un sound estremamente più curato e variegato, che lungo le otto tracce senza titolo dell'album sfoggia ora riff black metal ora cadenze da cingolato sludge e doom, ora torrenziali distorsioni cosmico/psichedeliche ora cacofonie abrasive nella vena del post-punk industriale dei Chrome. Le numerose trame musicali che costituiscono la base per il sound degli Aluk Todulo vengono eseguite impeccabilmente, riuscendo finalmente nell'obiettivo di creare un rituale evocativo e trascendentale.
Il primo movimento si apre fin da subito con il fragore di un blast-beat su cui si ergono riff metal in tremolo picking (i riferimenti sono visibilmente le correnti più atmosferiche del black metal, dal Burzum di Hvis Lyset Tar Oss fino alle propaggini sperimentali americane del nuovo millennio), ma quel che potrebbe essere l'introduzione a un disco di metal estremo diventa, con il passare dei minuti, un mantra cosmico che, senza mai rifiutare le tecniche metal, si tinge sempre più di sonorità space-rock e psichedeliche, tra giochi di dissonanze e feedback, fischi e rumori, fino a impennate chitarristiche che cannibalizzano Hawkwind, Pink Floyd e Chrome.
La metamorfosi del pezzo giunge con II, che tronca definitivamente le ingerenze black metal per approfondire quelle astrali. Sostituito il blast beat con un pattern ritmico (non meno martellante) rubato a Can e a This Heat, la chitarra improvvisa ora su un ossessivo riff di basso, cimentandosi in spastici arpeggi post-rock dal sapore spaziale, fino a deflagrazioni metal che conducono il brano in un sentiero psichedelico dai toni vagamente desertici, per poi confluire infine in un'impennata mistica che si disperde nel vuoto siderale interrotto solo dal colpo di piatti che inaugura III. Ormai lontani dalle jam rock dei primi due movimenti, gli Aluk Todulo giocano con distorsioni claustrofobiche, inflessioni stoner e derive drone che lasciano la musica a languire in un limbo oscuro e magmatico su cui la batteria, implacabile, continua a battere il tempo senza quasi alcuna variazione. Solo una breve parentesi di post-punk rumorista e ronzante interrompe i dieci, insistenti minuti di marcia del brano, prima che gli Aluk Todolo procedano con il quarto atto del disco, che bombarda con stridii, distorsioni e detonazioni di chitarra un geometrico schema ritmico slintiano.
Il secondo LP dell'album si mostra invece più improntato all'atmosfera e alla dilatazione del brano post-punk, sfoderando dapprima visioni deviate della musica cosmica (V) e quindi mostrando la personale interpretazione del noise rock degli Aluk Todolo (VI), fino a giungere al settimo movimento di Occult Rock che accelera il passo dei Neu! di Für Immer aggiornandolo alle rivoluzioni delle correnti del post-hardcore con muri sonori celestiali shoegaze e scariche chitarristiche adrenaliniche, fino a improbabili manipolazioni chitarristiche che sposano la musique concrète dei Faust con la tecnica atonale di Robert Fripp e le sperimentazioni della scena di Canterbury (Gong e Soft Machine in particolare). Infine, VIII conclude il viaggio spirituale degli Aluk Todulo con un sound monolitico e agonizzante, che raggiunge vertici di pesantezza sludge metal per poi rallentare sempre di più la pulsione ritmica e lanciando gli ultimi urli agonizzanti della chitarra al cielo, mentre l'album si appresta a concludersi con un feedback interrotto bruscamente dallo spegnimento dell'amplificatore.
Forse non tutti i quasi ottantacinque minuti di questo mastodontico doppio sono necessari alla riuscita finale dell'album, ma i problemi di prolissità di Occult Rock non sono così importanti viste la qualità delle composizioni, la maturità del crossover stilistico e la portata emotiva di questo viaggio nell'occulto.