- Tony Cavallario - voce, chitarra, tastiera
- Matthew Gengler - basso
- Cale Parks - batteria, tastiera
- T.J. Lipple - tastiera, marimba, batteria
:
1. Brace Your Face
2. Big Morning
3. Your Eyes
4. Ice Storming
5. Between The Walls
6. Come Home
7. Weekend
8. Summer Lawn
9. If I Lie Down
10. Mountain
Some Echoes
Nel panorama musicale indie bisogna dire che gli States stanno sfornando davvero band dalle grandi potenzialità, molte delle quali però rimangono in uno stato di penombra, o magari non riescono completamente a sfondare oltre Oceano. A questo proposito anche una band come quella degli Aloha meriterebbe sicuramente più rinomanza e seguito. Dopo le ottime prove dei primi tre dischi che avevano portato sull’onda del successo il loro sound ibrido, risultato di un’elegante fusione tra rock, jazz e pop, ora questo nuovo platter è un ulteriore dimostrazione del calibro di ottimi artisti. Some Echoes costituisce da una parte infatti una conferma della freschezza del mood del combo statunitense e in particolare della qualità del songwriting, ma d’altra parte è quello che si potrebbe definire un saggio disco di assestamento dopo le tre fatiche della presentazione al pubblico. Ovviamente niente da ridire a un’opera di tale carattere, anche perché è squisito per quanto riguarda la concezione stessa della musica che emerge e per il modo raffinato in cui il disco scivola nell’ascolto di track in track. Per questo risultato, ovviamente, la componente jazz è quella più incisiva, oltre al filone più leggero e arioso pop che va a potenziare l’aspetto immaginifico di cui è capace l’album.
A cominciare dalla prima Brace Your Face, con un riffing di chitarra sublime che si intreccia alle splendide parti di vibrafono che caratterizzano fortemente il sound del quartetto americano, capeggiato dal vocalist Tony Cavallario. E proprio nel vocal si trova un altro punto di forza. La voce si posiziona per tutto il disco su precise linee melodiche che rendono tutta la produzione compatta in direzione atmosferica. A coadiuvare questo proposito, sta poi tutto il filone minimalista che proprio negli USA ha trovato terreno fertile ormai da decenni. In generale si può dire che il disco è costellato da una folta serie di effetti che ogni tanto emergono isolati ad amplificare il sistema sonoro degli Aloha. E qui forse si spiegano proprio gli echi del titolo. Per rendere al meglio questa resa musicale ed emotiva (che la registrazione supporta al meglio) stanno riff assolutamente calibrati, in modo da non sembrare eccessivi, ma di donare allo stesso tempo dinamicità e movimento come capita nella bella Weekend, con un’evoluzione sonora molto particolare, fortemente caratterizzata dalla scansione di percussioni e da un effetto di calore reso dal suono nitido delle chitarre.
Questa resa acustica, rilassante sta anche alla base di quello che forse è il brano più valido, ovvero la seconda Big Morning. Il mood si sposta decisamente in direzione jazz, con voci sfumate, l’atmosfera è dolce e misteriosa, smorzata dal ritmo pacato di drums. Si passa poi da momenti più rilassanti e lenti come in Come Home o in Ice Storming, a parti più cadenzate e fresche come in Your Eyes, track che nella struttura strumentale prende direttamente dalle sonorità classiche hard rock. Ogni canzone però cela la sua bellezza e la sua capacità incantatrice. Basta mettere su qualcuna delle tracks di Some Echoes per essere trasportati su una spiaggia tranquilla, dove l’unica fonte di movimento è quella di onde che bagnano svogliate la costa, oppure in un paesaggio di montagna, proprio uno di quelli che hanno ispirato gli Aloha stessi nel comporre tale platter. Non rimane quindi che prendere questo disco e abbandonarsi alle sue dolci atmosfere.