- Phil Labonte - voce
- Mike Martin - chitarra
- Oli Herbert - chitarra
- Shannon Lucas - batteria
- Jeanne Sagan - basso
1. This Calling
2. Not Alone
3. It Dwells In Me
4. We Stand
5. Whispers (I Hear You)
6. The Weak Willed
7. Six
8. Become The Catalyst
9. The Air That I Breathe
10. Empty Inside
11. Indictment
NOTA: È stata riregistrata come dodicesima traccia Follow, appartenente al disco d'esordio Behind Silence And Solitude; la canzone verrá sicuramente utilizzata in una futura special edition
The Fall Of Ideals
Gli All That Remains nascono nel 1998 come side-project dell'ex frontman degli Shadows Fall Philip Labonte e del chitarrista Oli Herbert. È un periodo molto importante e strano quello a cavallo dei due milleni, perché negli Stati Uniti stanno nascendo e si stanno sviluppando queste realtá che poi diventeranno pionieri del metalcore. Il mescolare queste dinamiche di matrice Death svedese, con In Flames e Soilwork in primis, a metriche thrash e groove sta facendo nascere una vera e propria corrente musicale, che vedrá poi nei Killswitch Engage i principali propositori di questo che diventerá un genere vero e proprio: il metalcore appunto.
Dopo un esordio ben promettente, bissato nel 2004 da The Darkened Heart, la band intraprende diversi tour con band che influenzeranno molto l'attuale sound, su tutti Arch Enemy, Lamb of God e Slipknot, oltre che gli Shadows Fall. Dopo dunque due anni, i nostri entrano di nuovo in studio, prodotti e sostenuti da due guru del settore: Adam Dutkiewicz (Killswitch Engage) e l'ex Soilwork Peter Wichers.
Cosa aspettarsi dunque da questo Falls Of Ideals? Un album introdotto dalla hit This Calling, brano che racchiude ogni regola del genere, dalle alternanze scream-clean come voce, batteria robusta e metodica durante il corpo del pezzo, che rallenta insieme al resto degli strumenti nel chorus. Brano sostanziale ed essenziale, che chiarifica lo status del combo di Boston e del loro target. Hanno infatti loro stesso dichiarato che questo Fall Of Ideals é il punto che si erano prefissati di raggiungere, e che da oggi in poi sarebbe arrivato il bello. Da un punto di vista professionale é stato veramente cosí, visto che la band in tutto il 2006 é stata impegnata in vari tour in Europa e ha visto la loro presenza al leggendario Ozz-Fest. Band che ha capito che strada percorrere e che suono ricercare, un sound che se vogliamo é si ruffiano e anche facile da gestire, in quanto la popolazione per lo meno statunitense sembra non cibarsi d'altro ultimamente, ma come sempre, bisogna vederne, sentirne e riconoscere la qualitá. Elementi che onestamente sgorgano da questa release, song dopo song, senza un calo nonostante la costanza strutturale dei brani, come nella seconda proposta Not Alone, che essenzialmente non cambia molto rispetto all'opener, ma che tuttavia risulta nuova e fresca. Quaranta minuti frazionati in undici brani, ciascuno dei quali ha una struttura ben conosciuta, introduzione folgorante, strofe dalle battute secche e decise, cantato appeso tra scream e growl, ritornelli piú leggeri e voce clean, bridge melodici ed orecchiabili, reprise dalla rabbia incalzante. Brani che si distinguono particolarmente oltre i due citati sono il terzo It Dwells In Me, Six (che divertentemente é stata inserita come settima proposta) e The Air That I Breath, dove le chitarre suonano davvero molto heavy e risulta nel complesso uno dei brani piú soffisticati, maturi e completi del platter.
Riassumendo, siamo di fronte ad un disco che in ambito strettamente Metalcore é da considerarsi indubbiamente tra le migliori proposte del 2006, suonato e prodotto davvero molto bene, curato nei minimi dettagli e da alcuni elementi particolarmente ricercati. Labonte e soci hanno dimostrato decisamente di essere una band matura e pronta ad affrontare ogni tipo di sfida in uno dei panorami piú inflazionati di sempre.