- Alex Beyrodt – chitarra
- David Readman – voce
- Mel Gaynor – batteria
- Mat Sinner – basso
- Jimmy Kresic – tastiere
Guests:
- Doogie White
- Rudi Sarzo
- Norifumu Shima
- Richard Andersson
1. Spewing Lies
2. Desperate Heart
3. Kingdom Of The Blind
4. Man And Machine
5. Master Of Illusion
6. We’ll Never Learn
7. Dream Of Even
8. Heaven Can Wait
9. Angels Will Cry
10. Enter My World Of Darkness
11. White Lady Requiem
Voodoo Circle
Altro moniker nuovo, altro nome di artista ben conosciuto nella scena: Alex Beyrodt (leader dei Silent Force, nonché ex-Sinner) chitarrista conosciuto nella scena hard rock per le sue capacità tecniche, ha partorito l’ennesima creatura dal nome Voodoo Circle, anteposti proprio dal suo nome a distinguerli dagli altri progetti legati al passato. Un’idea che, lungi dallo scardinare le basi dell’hard & heavy, ha come intento preciso proprio quello di scavare a fondo nel passato e di ritrattarne le radici per riproporle in chiave, come dire, hard rock easy-listening. Sì perché in realtà di tecnica in questi undici brani ce n’è in abbondanza e la presenza di capisaldi degli annali del rock ne è un requisito inopinabile (David Readman dei Pink Cream 69 oltre che la special guest Doogie White transitato per Rainbow ed Yngwie Malmsteen) ma, ed un ma c’è (quasi) sempre, solo talvolta riesce ad affiorare in una forma creativa convincente che purtroppo resta sempre in trasparenza.
La proposta musicale è un hard & heavy con delle venature power in cui (inspiegabilmente?!) la chitarra viene illuminata dalla maggioranza delle luci presenti sullo stage lasciando agli altri strumenti una posizione di secondo piano. Nessun approccio da “guitar hero” (ad eccezione dell’ultima traccia), questo è bene chiarirlo, ma utilizzare le abilità di questi modelli della musica per delle composizioni forse non così coraggiose come ci si aspetterebbe è un peccato. Non si tratta in assoluto di un “album da sottobicchiere”, a ben vedere ci sono alcune caratterizzazioni che non possono che colpirci: Man and Machine è uno dei pezzi più sfrontati, sembra a tratti un parto malato dei Motley Crue passato per le mani dei Van Halen, e We’ll Never Learn rappresenta il massimo che si possa chiedere alle sei corde di Alex, almeno per questa occasione, non solo nella parte solista ma anche in dei riff di prim’ordine. Di groove ce n’è, e non solo in Kingdom Of The Blind, quando gli echi di Helloween e Gamma Ray si fanno sentire a tutto spiano, ma anche in Dream Of Eden quando risorge lì una tastiera in pieno stile Deep Purple (altra fortissima fonte di ispirazione per il sound della band), l’atmosfera si surriscalda e l’approccio di David si adatta al nuovo contesto. E White Lady Requiem? Piacerà sicuramente ai fan di Malmsteen con le sue incursioni in fraseggi barocchi, ma era assolutamente una mossa attendibile.Fanno da contr’altare pezzi più banali come Heaven Can Wait e Disperate Heart che a parte il titolo non dicono nulla.
Appetibile, semplice, assimilabile anche quando si sta faceno dell’altro, questo Voodoo Circe mostra tavolta dei punti deboli in alcune scelte, e non si tratta solo di un punto di vista compositivo: ad esempio non c’è una sola parola dei titoli delle canzoni che non sia stata usata ed abusata nel mondo del metal. Scelta tattica per accaparrarsi l’amore dei fan più tradizionalisti nonché dei defender, o stile irrinunciabilmente coerente? Ci avvaliamo della facoltà di non rispondere.