- Bunna - voce
- Madaski - voce, tastiere e programmazione
- Patrick Benifei - tastiere
- Ru Catania - chitarra
- Paolo Baldini - basso
- Davide Graziano - batteria
- Papa Nico - percussioni
Guests:
- Natasja - voce nella seconda traccia
- Michela Grena - voce nella nona traccia
- Raiz - voce nella decima traccia
1. The Cage (04:26)
2. Amantide (03:21)
3. In Nomine (03:57)
4. Bit Crash (06:35)
5. Play Another Game (04:32)
6. Sotto Pelle (04:29)
7. Il Segreto Del Numero Scomparso (05:16)
8. Beatkilla (03:01)
9. Watch Out (06:54)
10. Vertigine (03:39)
11. Once In A Lifetime (04:46)
12. Vultures (03:15)
Controlli
Il panorama Reggae italiano offre, da alcuni anni a questa parte, numerose band interessanti, la più longeva e conosciuta delle quali è sicuramente quella degli Africa Unite: essa ha infatti scritto la storia delle Good Vibrations nella nostra penisola. Alla morte di Bob Marley, nel 1981, due giovani fan decidono di fondare un gruppo ispirato all’artista giamaicano ed il cui nome richiami uno dei successi di quest’ultimo: nascono gli Africa United, frutto dell’incontro tra due ragazzi di Pinerolo, Vitale Bonino (Bunna) e Franco Caudullo (Madaski). I due leader, insieme alla neonata band, esordiscono nel 1987 con un EP, Mjekrari, che, pur costituendo il prodotto di artisti alle prime armi, anticipa ciò che il complesso diverrà negli anni futuri. Dopo tre album Reggae ed una parentesi Posse, il gruppo pubblica, sotto il nuovo nome di Africa Unite, Babilonia E Poesia (1993), l’album che lo porterà al successo internazionale. Tra il ’95 ed il 2003 il complesso piemontese sforna quattro interessanti full lenght e svolge un’intesa attività on stage, della quale due notevoli live, registrati rispettivamente nel 1996 e nel 2004, costituiscono una rilevante testimonianza. A distanza di tre anni dalla pubblicazione dell’ultimo studio album, gli Africa Unite tornano a far parlare di sé con un nuovo disco, che attira tanta attenzione quante critiche. Bunna e compagni si sono più volte avvalsi delle sonorità Dub, le quali sono divenute uno dei loro cavalli di battaglia, e gli elementi elettronici hanno da sempre caratterizzato il sound del complesso. Questa volta, però, la band si è davvero sbizzarrita con gli effetti, tanto da rendere a tratti quasi irriconoscibili gli autori di Mentre Fuori Piove (2003). Controlli conserva ben poco del Reggae degli esordi, ed il Roots è ormai solo un lontano ricordo. Un evidente cambiamento riguarda la line up: si notano con dispiacere l’assenza dei fiati di Paolo Parpaglione e Gigi “T-Bone” De Gaspari e la presenza, al posto del vecchio bassista Gianluca “Cato” Senatore, di Paolo Baldini, fondatore dei B.R.Stylers, complesso Dub di Pordenone.
Il compito di aprire Controlli è assegnato a The Cage, i cui iniziali suoni di chitarra e percussioni ricordano in un primo momento le sonorità passate degli Africa Unite. I ritmi cadenzati sono accompagnati da interessanti linee di basso. Colpisce subito il fatto che il testo sia scritto in inglese, lingua che il complesso aveva abbandonato da parecchi anni. A seguire la discreta opener è Amantide, introdotta dalla voce decisa dell’ospite Natasja, ragga-rapper danese. Il sound appare lontano dalla vecchia attitudine dello storico complesso e bisogna essere bendisposti verso la novità per apprezzare appieno il modo in cui la voce di Bunna, da sempre perfetta per il Reggae, interpreta questo brano, decisamente più vicino alla Dance Hall. Se in un primo momento Amantide lascia leggermente perplessi, dopo alcuni ascolti essa è in grado di coinvolgere con il suo entusiasmo anche la persona più imperturbabile. È In Nomine ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore, portato a seguire attentamente il tono profondo di Madaski, grande protagonista di quest’album, che come al solito tratta in modo critico e combattivo diversi aspetti della realtà sociale e politica. Questo brano, in particolare, attacca con fare deciso il moralismo cattolico e l’ipocrisia che nei secoli ha accompagnato la Chiesa. Una voce in preghiera seguita da intriganti suoni che richiamano alla mente lo stile degli Asian Dub Foundation introducono il brano, caratterizzato poi da un interessante alternarsi tra i suoni elettronici e le percussioni di Papa Nico.
Bit Crash è scandita da un ritmo in levare molto evidente, come a ricordare che coloro con i quali si ha a che fare non hanno dimenticato le origini, bensì conservano il controtempo nel loro DNA. Se la prima parte del pezzo, con Bunna protagonista, suona decisamente familiare, dalla metà in poi a regnare sovrano è Mada, che sfoggia la sua abilità proponendo puro Dub, effetti Hall, suoni prolungati ed echi. Segue Another Game, composta dagli Africa Unite per Play Up, la raccolta di canzoni dedicate ai prossimi campionati mondiali di calcio, che verrà presto pubblicata dalla Juno/Kontext Records. Pur non arrivando ad annoiare l’ascoltatore, Another Game non offre molti spunti originali e risulta a tratti quasi monotona. La linea vocale di Madaski si contrappone a quella piuttosto acuta di Bunna, così come le risonanze si fanno intercalare dei ritmi frammentati e pulsanti del brano. Sotto Pelle sarà probabilmente una delle canzoni più apprezzate dai Reggae lovers più conservatori: essa non presenta sostanziali novità rispetto al vecchio sound, ma risulta, forse proprio per questo motivo, sempre piacevole. Nonostante lo scandire regolare del tempo e le melodie poco ardite, Sotto Pelle non si può considerare tediosa né scontata. È ora il momento di Il Segreto Del Numero Scomparso. Con la metafora del calcolo matematico il cui risultato è differente a seconda di chi lo svolge, gli Africa Unite propongono una lirica degna d’attenzione attinente alla verità ed alla corruzione. Lasciati i conti che non tornano, si cambia musica con Beatkilla. Il solista è ancora una volta un aggressivo Mada, che osteggia la falsità e la depravazione di questo mondo: tre minuti di parole fittissime che si susseguono ad una velocità impressionante, la quale, talvolta, rende addirittura difficile la comprensione del testo. L’espressione profonda del singer è accompagnata da sinistri accordi dissonanti di tastiera, che trasmettono un senso di ansia, nonché di tensione.
Watch Out è aperta da una voce femminile, quella di Grena, vocalist dei B.R.Stylers. Ciò davanti a cui ci si trova in un primo momento non sembra certo un pezzo Reggae, ma piuttosto un brano Techno. La traccia si rivela molto originale e riesce ad amalgamare abilmente i generi più disparati. È Raiz, ex-leader degli Almamegretta, protagonista indiscusso di Vertigine. Quest’ultima concentra l’attenzione sulla voce, trascurando forse troppo l’aspetto strumentale-melodico. Nota stonata, seppur trascurabile, del brano, il brevissimo frammento di Waiting In Vain di Bob Marley, che poco si addice ad una composizione del genere. In Controlli trova posto anche una cover: parliamo di Once In A Lifetime dei Talking Heads. L’effetto non è certo lo stesso prodotto da David Byrne: il suono è più crudo nel tratto introduttivo e nelle parti parlate, elaborate con effetti che sembrano sfumare convenevolmente alle parole. A chiudere quest’originale album è Vultures, Rub A Dub in piena regola, che si dissolve lentamente mentre i cursori del mixer vengono abbassati.
Il cammino intrapreso dagli Africa Unite non è certo stabilito dalle aspettative dei fan, bensì dall’intraprendenza e dalla voglia di rinnovamento del gruppo. Controlli equivale ad un notevole cambiamento e la nuova direzione presa dal complesso piemontese è senza dubbio destinata a dividere nettamente il grande pubblico.