- Set Teitan - guitars, sampling, electronic drums
- Malfeitor Fabban - bass, synths, keyboards, programming
- Attila Csihar - vocals, backing vocals
- Nysrok Infernalien - guitars, synths, keyboards, programming
Guests:
- Bard Eithun
- Roger Rasmussen
- Matt Jarman
- Mick Kenney
- Richard Szabo
1. Anthichristian Codec (Intro)
2. With No Human Intervention
3. U.v Impaler
4. Humechanics-Virus
5. Does Not Compute
6. Faustian Spirit of the Earth
7. Digital Coat Masque
8. The Triumph
9. Black Hole Spell
10. Me(N)Tal Striken Terror Action
11. Out of Shell
12. Chernobyl Generation
13. The Alienation of a Blackened Heart
14. Automatik Rave'olution Satan
With No Human Intervention
La consacrazione definitiva per gli Aborym avviene con il loro terzo album, With No Human Intervention (titolo scelto dall'ex-batterista degli Emperor Bard Eithun, che ha collaborato anche per alcuni testi), loro personale capolavoro e vertice compositivo.
La maturazione stilistica a cui gli italiani giungono permette di scrivere un lungo capitolo di black metal futuristico e psicotico, dove i tradizionali stilemi violenti e ossessivi del genere vengono abbinati all'industrial più nichilista e al noise digitale per essere posti al servizio di inquietanti atmosfere post-apocalittiche a rappresentare il lato più malato e decadente della società urbana - con le sue degenerazioni, le alienazioni mentali, senza futuro per la sua stessa tendenza ad auto-distruggersi.
La drum-machine, per quanto magari possa essere meno "intensa" di una batteria vera, funge da catalizzatore per l'aura del disco, rendendola ancora più fredda e meccanica, così come tutta l'elettronica disturbante di contorno, i tappeti di tastiera epici e le infiltrazioni industrialoidi, contribuendo in generale ad edificare un cupo scenario disumano e disumanizzante.
I puristi del black metal storcerebbero di sicuro il naso, ma ciò che conta non è il mezzo quanto il risultato, e gli Aborym in questo sono fedeli nel proporre composizioni da incubo e che "testimoniano il male", solo lo fanno traslando il tutto nell'era non solo post-industriale ma digitale e impiegando quindi il mezzo espressivo del black metal per descrivere un mondo "alieno" fatto di incubi tecnologici e di un male che, nella loro concezione, la società occidentale attuale si infligge da sola con i propri eccessi e le proprie deviazioni.
E' quindi un disco terrificante, freddo nella sua accezione spaventosa, cinico e ossessivo, puramente in linea con l'essenza profonda del black metal pur modificandone l'estetica.
Black metal "digitale", in pratica, erede musicale delle innovazioni già apportate da gruppi come i Mysticum e ideologicamente vicino ad altre formazioni un po' più lontane come gli Obituary di World Demise o in parte i Fear Factory con i loro concept sulle macchine.
Dopo una Intro tutto sommato trascurabile, l'album parte subito al fulmicotone con la titletrack che non a caso è posta all'inizio per essere il biglietto da visita perfetto dell'album: veloce e bruciante, ma anche aperta a tecnicismi di chitarra (atipici nel black metal) suonati con frenesia per dare una sensazione di confusione mentale e a tappeti epiche perfette per preannunciare un'imminente catastrofe che il vocalist Attila Csihar urla con malignità. Su quest'ultimo punto è però la successiva U.v. Impaler ad essere ancora più estrema, con l'opening più angosciante di tutto il disco, successive distensioni melodiche che rievocano uno scenario distrutto ed inquinato, esplosioni industrial-black a mostrare un mondo meccanico e robotico, senza più alcuna umanità.
Humechanics-Virus esalta la commistione di elettronica e black metal con filtri vocali disturbanti, breakbeats che fanno capolino ogni tanto, samples industriali e riff violenti e granitici.
La parentesi elettronica di Does Not Compute è ad opera di Matt Jarman dei britannici Void, ma non è nulla più che un semplice esperimento jungle/ebm che fa da temporanea pausa alla violenza del disco. Si riprende quindi con il binomio successivo (la più dimmuborgiriana The Faustian Spirit of the Earth e l'industrial metal/black fragoroso di Digital Coat Masque), sempre in linea con le coordinate generali dell'album, anche se un po' meno elettroniche, in ogni caso micidiali.
Tuttavia, la successiva suite di quasi 10 minuti The Triumph è forse l'episodio più allucinante e fuori dagli schemi dell'album, con un'introduzione terrificante, sviluppi chitarristici duri ma melodicia sfocianti in una distensione atmosferica malinconica (ed un assolo virtuoso melodico da hard rock anni '80) a cui fa poi seguito un intermezzo di suoni e campionamenti da giostra che dipingono un angosciante scenario di disordine mentale. E proprio come in questo caso c'è poi una repentina esplosione di furia e violenza, come un improvviso scatto di pazzia (forse quella che gli Aborym vedono nel mondo attuale?), lasciando poi che tutto venga concluso da una lunga coda elettronica che fa ricorso ad un sampling "particolare".
Si ritorna sullo standard compositivo, pur comunque ad alti livelli, con i pezzi successivi: Black Hole Spell, black metal glaciale e bruciante al tempo stesso maggiormente in linea con i canoni del genere, Me(N)Tal Striken Terror Action, martellante secondo episodio di uno dei brani di Kali Yuga Bizarre, e Out of Shell, dalla chiusura sintetica suggestiva e particolarmente inquietante con la sua combinazione di magmatici muri di chitarra distorta, tastiere malefiche e intensi beats cadenzati. Out of the Shell sfocia poi immediatamente in Chernobyl Generation, break ebm/techno ossessivo ed alienante, con alcune delle tastiere più efficaci per le atmosfere da incubo, che critica l'attuale generazione a detta del gruppo falsa nonché "figlia della radioattività e del grigiore" e "di plastica", come affermato in un'intervista.
Segue quindi la breve esplosione di incalzante black metal sintetico di The Alienation of a Blackened Heart e, infine, l'ancor più breve noisy-ambient-ebm di Automatik Raveolution Satan.
L'album vanta ospiti da varie band: oltre ai già citati Void, anche i Timewave Zero e Nattefrost dei Carpathian Forest per alcune backing vocals e quelle principali del penultimo brano.
Successivamente alla sua pubblicazione, inoltre, Attila lascia il gruppo per riunirsi ai Mayhem, mentre il chitarrista Set Teitan decide di trasferirsi nei Dissection. Il batterista degli Emperor, Bard Eithun, oltre a scrivere il testo della titletrack, avrebbe suonato la batteria in alcuni live, per poi unirsi definitivamente al gruppo e rimpiazzare la drum-machine dando così una svolta allo stile del gruppo.