- Prime Evil - voce
- Malfeitor Fabban - basso, sintetizzatori e tastiere
- Nisrok Infernalien - chitarre, tastiere e campionamenti
- Bard "Faust" Eithun - batteria
Guests:
- Attila Csihar - voce in Man Bites God
- Cultoculus - parlato e cori
- Richard Szabo - effetti in Man Bites God
1. Armageddon (01:12)
2. Disgust and Rage [Sic Transit Gloria Mundi] (05:53)
3. A Dog-eat-Dog World (05.08)
4. Ruinrama Kolossal S.P.Q.R. [Satanic Pollution Qliphotic Rage] (06:24)
5. Generator (05:45)
6. Suffer Catalyst (05:23)
7. Between the Devil and the Deep Blue Sea (04:08)
8. Man Bites God (07:12)
9. I Reject! (03:14)
Generator
Il 20 Febbraio del 2006 esce Generator, ultimissima fatica degli italiani Aborym.
Li avevamo lasciati nel 2003, l'anno della pubblicazione del loro precedente rilascio, e, a quasi tre anni di distanza, li incontriamo ancora, magnificenti e senza alcun compromesso, come sempre.
Molti sono stati i rinnovamenti avvenuti nella casa della band capitolina in questi anni di "silenzio", e tutti quanti di rilevante importanza.
- Perchè mai si dovrebbe acquistare questo Generator? - ci si domanda all'indomani di questa uscita, e la risposta è quanto mai diretta e semplice; il magiaro Attila Csihar tornato all'ovile Mayhem lascia alla formazione italiana la libertà di far proprio l'ex Mysticum, tale Prime Evil che ora si vede indossare i panni di un insano vocalista. Ma non finisce certo qui, perchè trovatosi libero da contratto un certo Bard "Faust" Eithun (ex Emperor), gli Aborym hanno pensato bene di farlo diventare un membro effettivo della band, che oggi può quindi mettere da parte la drum machine in favore di una vera macchina distruttrice quale è il norvegese. Ciliegina sulla torta il contratto nuovo di zecca per la Season of Mist.
D'altro canto la band di Fabban ha subito pure una spiacevole dipartita, quella di Seth Teitan ora in forza come chitarrista nei rinati Dissection ma, squillino le trombe, la sua assenza non sembra affatto pesare su questo Generator che invece ha dalla sua una notevole possenza che fino ad oggi si era (probabilmente anche per via dell'uso della drum machine...) poco ascoltata.
La nuova line up si mostra subito ben affiatata e macina la solita dannata blasfemia che vola indisturbata per la totale durata del platter.
Note violentissime che compongono un ensemble di nove malatissime composizioni.
Sembra quasi inutile soffermarsi ancora sulla descrizione del sound di questi ormai metà romani metà norvegesi, che ad oggi dopo duri anni di gavetta cominciano effettivamente a mietere il meritato successo.
Apocalittico? Disturbante? Malato? Radioattivo? Tecnologico? Aborym.
E' con questa unica parola che si può descrivere nel 2006 il nuovo operato di questi pazzi quattro uomini. Un unico colosso diviso in nove parti che ci dona la bellezza di tre quarti d'ora da vivere infernalmente, alienati in un mondo unico e spietato, quello creato da questa band che oggi come oggi lo possiamo pur dire, ha effettivamente coniato e sviluppato un genere del tutto particolare ed originale, l'industrial cyber black metal.
Bard Faust si rivela ancora un batterista di prim'ordine e grazie al suo contributo gli Aborym diventano ancora più precisi, senza per questo diminuire in cattiveria, e la compatezza di questi pezzi assume una violenza micidiale, contagiosa e incurabile.
Le voci filtrate e decisamente mostruose dell'altra new entry Prime Evil sono più che buone e non fanno rimpiangere il predecessore che pure in questo album ha lasciato il suo marchio contribuendo come special guest vocalist. Esenti da critiche o giudizi gli ormai legendari Fabban e Nysrok che svolgono le loro manzioni con la solita scioccante malata e ossessionante attenzione.
Non si può decretare nessuna delle canzoni contenute in Generator migliore di un altra, nè quindi si può dire ci sia un anello debole, e di questo ne possiamo essere felici, sottolineando ancora quanto questo album altro non è che un naturale seguito di quanto gia "studiato" dagli Aborym negli album precedenti.
L'intro Armageddon ci incanala perfettamente nello spaziale viaggio che ci attende, e prima ancora di allacciarci le cinture parte Disgust and Rage che è probabilmente assieme alla successiva terza traccia, la canzone più cadenzata del lotto, e vanta anche al quarto minuto l'innesto di wagneriani cori di grande impatto.
Nella successiva A Dog-eat-Dog World si potrà assaporare la dissonante marzialità che claustrofobica ci attanaglia, e con Ruinrama Kolossal S.P.Q.R. respiriamo quel sound disturbante che rese famoso quell'anthemico primo Kali Yuga Bizarre. Ottime qui le massiccie chitarre dal sapore quasi death che ci accompagnano alla potentissima title track; una gemma di ultra violenza che vomita all'impazzata una rabbiosissima esplosione come in un grande orgasmo sonoro, susseguito sul finire da momenti di cupa riflessiva soffocazione.
Sugli stessi scudi è Suffer Catalyst, forse ancora più marcatamente micidiale nella sua tirata trasposizione di odio. Convincente l'assolo in chiusura che riversa sul tenebroso arpeggio, a donare quel possente profumo di guerra e malignità.
Il mood non cambia di una virgola con la seguente Between the Devil and the Deep Blue Sea; la violenza ostentata dagli Aborym è altissima e la band qui trova un'alchimia stupefacente, riuscendo a mischiare Black Metal, Death Metal, Industrial, e sul finire addirittura elettronica danzereccia come mai erano riusciti a fare...
Dopo due minuti di elettro-trance parte ancora una volta su note blasfemissime la penultima traccia Man Bites God, stupenda nella sua opulenza e sulla quale possiamo ascoltare la shamanica prestazione dell'adesso ospite Attila che dona al tutto un'atmosfera maligna e stregata.
Conclude dopo un alternarsi di riflessione e violenza una tenebrosa pioggia che innesca l'ultima, decisiva e fatale canzone di questo ottimo album di metallo estremo, ma innovativo ed originale.
I Reject! è particolare nella sua solennità, quasi a voler essere un messaggio e non un vero e proprio pezzo musicale. Malinconica e triste è uno dei picchi emotivi dell'album, che pur nella sua estremità riesce, e qui sta la classe della band, a donare e trasmettere moltissima passione.
Cos'altro dire in finale se non che ancora una volta questo orgoglio tricolore è riuscito a fare un centro indubbio. Un quarto album molto importante e che ha apportato ulteriore prestigio ad una band che ad oggi ha conquistato solo grandi album. Un degno successore di quel che era uno stupendo With no Human Intervention, una prova fondamentale per gli Aborym che hanno dovuto fronteggiare anche rilevanti cambiamenti di line up uscendone fortemente vincitori.
La nuova label sarà sicuramente contenta di questo rilascio che sarà uno dei più importanti dell'anno, e come originalità, e come bellezza.
Un discorso sperimentale (ma forse oggi giorno agli Aborym questo aggettivo è fin troppo superficiale) iniziato appunto più di dieci anni fa e che nel 2006 viene ancora portato avanti con estrema professionalità e onestà.
Un disco che sarà amato da tutti gli storici fans della band e che di certo saprà accattivarsi nuovi creditori, ma che probabilmente verrà snobbato da chi già in precedenza era rimasto insoddisfatto dalla proposta di questa band che attualmente non ha rivali nel settore, ne probabilmente possibili sfidanti data la particolare singolarità della proposta Aborym.