Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Damiano Cembali
Genere: 
Etichetta: 
Roadrunner Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

:
- Brock Lindow – vocals
- Steve Holt – guitar
- Brett Makowski – bass guitar
- Thomas Noonan - drums

Tracklist: 

:
01. In The Midnights (5:34)
02. Whitewater (3:21)
03. Mercy And Grace (3:50)
04. Death Renames The Light (3:34)
05. Anchors [feat. Adam Jackson of Twelve Tribes & Raithon Clay of Plans To Make Perfect] (5:40)
06. Long Roads To Late Nights (1:46)
07. Trenches (3:36)
08. Reviver (3:42)
09. Caving In Spirals (4:21)
10. The Deserter [feat. Brandon Davis of Across The Sun] (4:22)
11. Waterhaul II (5:04)

36 Crazyfists

Collisions and Castaways

L’ultima eco di un glorioso passato, il primo squillo di un luminoso futuro: è con questa formula minima che potremmo sintetizzare l’ultimo lavoro dei ritrovati 36 Crazyfists, band capostipite del movimento metalcore ma da sempre (ingiustamente) confinata a raccogliere le poche briciole dei ben più celebri Killswitch Engage ed As I Lay Dying. 16 anni di attività, 5 album all’attivo, una carriera assolutamente rimarchevole e un contributo artistico troppo spesso sottovalutato, la formazione originaria dell’Alaska e oggi residente a Portland, in Oregon, si prende finalmente la sua rivincita nei confronti di quanti l’hanno sempre subordinata agli acts sopraccitati sfornando un album tutto sommato modesto ma ugualmente, nettamente superiore alle più recenti prove dei loro colleghi di genere. Assorbita rapidamente l’improvvisa dipartita del bassista Mick Whitney, rimpiazzato 2 anni or sono da Brett "Buzzard" Makovsky, il quartetto nordamericano sforna l’ennesimo capitolo umile e coriaceo della propria ormai nutrita discografia, incrementandone notevolmente l’originale aggressività eppure introducendo slanci innovativi di grande rilievo, che, per quanto non possano catalogarsi certamente come perle di assoluta originalità, tuttavia si concedono il lusso di donare alla tracklist una varietà tanto inaspettata quanto meravigliosamente sgradevole.

Sgombriamo il campo dai possibili fraintendimenti: quell’ultimo aggettivo non si riferisce all’album intero bensì, nello specifico, alla sensazione di estrema estemporaneità che quest’ultimo offre, barcamenandosi fra colpevoli richiami alla continuità stilistica e provocanti momenti di sviluppo e novità. Proprio questi ultimi slanci innovativi si ergono a croce e delizia di un album complessivamente più che sufficiente ma che avrebbe potuto risultare, se affrontato con maggiore convinzione e soprattutto più coraggio, il vero e proprio capolavoro della band nordamericana. Collisions And Castaways, infatti, manifesta già un’interessante proiezione verso un’evoluzione artistica non più rigidamente vincolata agli ormai consunti dettami metalcore, eppure, in ragione della continuità discografica di cui sopra, si configura come semplice intermezzo, vario ma discontinuo, nella carriera musicale dei 36 Crazyfists; una tappa intermedia difficilmente interpretabile, che assume significato solo in virtù della speranza che le migliorie qui apportate possano concretizzarsi nel prossimo album, che segnerà, ce lo auguriamo, l’approdo completo ad una nuova dimensione.

Nostalgia canaglia e tensione innovatrice collidono quindi senza soluzione di continuità lungo tutto il corso della tracklist, dando lungo ad una guerra di logoramento assolutamente palpabile ma pressoché priva di contatto fisico diretto: da una parte l’emblematica opener In The Midnights, perfettamente riassuntiva dello stile 36 Crazyfists, quindi la prevedibile (ma non del tutto disprezzabile) Whitewater, la velleitaria Death Renames The Light (un vero peccato, vista la portata detonante di una miscela a base di poderosi stacchi hardcore e accelerazioni groove); dalla parte opposta la sorprendente Mercy And Grace, prova e controprova di come i 36 Crazyfists sappiano dominare con buona consapevolezza i cambi di tempo ma si esaltino clamorosamente nelle sezioni più oscure e compassate, quindi la granitica Anchor, esaltata dal suadente chorus deftonesiano. Le tracce finali, del resto, sono la testimonianza definitiva di come il combo stars and stripes sia già ampiamente proiettato nel futuro, intenzioni del tutto assenti (o per nulla manifestate) nelle pubblicazioni precedenti ad opera di KSWE o AILD: è il caso della funambolica Trenches, che rievoca un certo mathcore saettante à la Every Time I Die personalizzandolo con un chorus vagamente lugubre davvero ben concepito, o l’emo-oriented Reviver, primo singolo estratto, pezzo spigliato, grintoso e dannatamente catchy; a queste si aggiungono la malinconica ballad Caving In Spirals, dove Brock Lindow ha modo di dare sfogo al suo timbro dolce e cavernoso allo stesso tempo, dando prova di un elasticità vocale finora mai del tutto esplorata, e la conclusiva e semi-ambientale Waterhaul II, mentre fa eccezione la più scotata The Deserter, il cui drumming in levare mortifica le brillanti sferragliate groove. 

Proprio alla luce di quanto appena rilevato si motiva infine l’impressione sopraccitata di trovarsi di fonte ad un album parzialmente incompiuto, dove vibra la netta volontà di superarsi ma ancora prevale, forse, la paura di abbandonare del tutto, definitivamente, le proprie radici. Qui giace l’errore, se davvero di errore si può parlare, di un lavoro sostanzialmente piacevole eppure non perfettamente riuscito qual è Collisions And Castaways: l’essersi trattenuti, il non aver osato fino in fondo, l’essersi domandati se davvero si era pronti per oltrepassare i limiti imposti dal metalcore e il non essersi dati una risposta netta e convinta, ma l’essersi accontentati di una via di mezzo, un ibrido inconcludente che alimenta la curiosità per il suo prossimo erede ma lascia interdetti per via dell’occasione mancata di fare presente il futuro. Tuttavia, in concreto, resta il fatto che i 36 Crazyfists si sono posti delle domande e, nonostante la tangibile incertezza (non inadeguatezza, sia ben chiaro) delle risposte, hanno manifestato la volontà di crescere e la capacità di poterlo fare bene e subito, o magari no ma comunque presto, prima di tanti, prima di quanti finora si sono presi troppo spesso i meriti esclusivi di un genere così diffuso e remunerativo; un genere ormai logoro, che avrebbe bisogno di quel drastico rinnovamento cui loro, i vichinghi di Anchorage, hanno pensato, altri no. Bravi.
   

LINK: ascolta Collisions And Castaways in streaming integrale 

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