- Francesco Di Bella - voce, chitarra
- Armando Cotugno - basso
- Renato Minale - batteria
- Giuseppe Fontanella - chitarra
1. Loop
2. Introdub
3. 1799
4. Vesuvio
5. Frate e sore
6. Pixel
7. Treno
8. Patrie gallerie
9. Perso 'into 'o cavero
10. Lu cardillo
11. Lu cardillo (bis)
Loop
Nonostante il nostro settore musicale possa sembrare desolato, esiste anche una buona schiera di gruppi italiani dotati di creatività e spessore. Basta grattare la superficie del nostro panorama per trovarne di significativi, anche innovativi, che mostrano come non ci siano solo i soliti pomposi cloni di cloni (di cloni...) sanremesi a rappresentare la scena nostrana.
Per esempio, i 24 Grana.
Il loro album di debutto Loop (1997, dopo un mini omonimo) è un vitale e carismatico punto d'incontro fra il linguaggio trip-hop e la tradizione sonora meridionale. Il gruppo, originario di Napoli, tramite arrangiamenti ricercati e certosini combina a ritmi downtempo e bassi dub ispirati dai Massive Attack un ricco campionario di sonorità che spaziano dal rock psichedelico al pop fino a passare anche per influenze reggae e ska, ma il fattore più distintivo è il canto, in napoletano, che conferisce assieme a spunti sonori provenienti dalla tradizione melodica nostrana un sapore tutto nuovo, "mediterraneo", al genere.
Le atmosfere che permeano l'album sono soffuse e avvolgenti, ma permane un certo senso di disagio di sottofondo che ogni tanto viene fuori rendendo le canzoni più inquiete. Il canto in dialetto assume in ciò un ruolo fondamentale, navigando con disinvoltura nei diversi scenari dipinti dall'album (sia quelli più tenui e notturni che quelli più ansiosi) al punto da non solo non stonare affatto con l'anima musicale più moderna e metropolitana del trip-hop, ma addirittura da fondersi ad esso in una dimensione nuova e vitale, figlia tanto del melting-pot culturale e musicale britannico quanto della radice più tradizionale italica. Il canto di Francesco di Bella è espressivo, personale, originale e ricco di flessibilità.
Il gruppo è stato inoltre spesso accostato ad altri gruppi del sud Italia come Almamegretta o 99 Posse per lo schieramento politico, ma su questo fronte i 24 Grana si mostrano poco propensi a colorarsi di connotati ideologici.
La prima canzone, Loop, comunque è cantata in italiano e non in napoletano (unica eccezione). Il canto è quasi parlato, un monologo introspettivo accompagnato da beats fluidi e bassi dub in buona mostra, mentre sullo sfondo si sovrappongono giochi elettronici ambientali, chitarre bluesy e distanti vocalizzi femminili.
Introdub aggiunge spruzzate vitali di ska/reggae dalle sfumature malinconiche esaltate dal canto dialettale e dai giochi sonori che si intrecciano lungo la canzone. Inserti come l'elettronica nel finale fanno da ulteriore condimento prima del trip hop esotico e cadenzato di 1799, dove una continuità decadente a la Tricky si unisce a tonalità noir influenzate dai Massive Attack per forgiare qualcosa che, grazie anche al dolente canto napoletano, attinge da entrambi i nomi ma non è nessuno di essi, facendone da trampolini di lancio per esplorare un nuovo approccio allo stile musicale.
La successiva Vesuvio invece è più ritmata e spedita, mescolando la cupezza del trip-hop ad una relativa solarità più vicina agli One Dove (e sullo sfondo pianoforti cocktail-lounge, samples di sassofoni, percussioni e tappeti di stirngs). Il canto è sentito e intenso, soprattutto nel ritornello che eredita appieno tutta la struggente melodia della tradizione meridionale.
Frate e sore si orienta su territori maggiormente inquietanti e sintetici, con battito elettronico inesorabile, chitarre reggae trasfigurate in modo da essere più urbane e cupe, effetti elettronici alienanti; Pixel è ancora più fredda e tenebrosa, ma al pianoforte mesto di sottofondo e al battito quasi stereotipato inesorabile e raggelante si oppongono la voce espressiva di Di Bella e l'improvviso cambio di tonalità del ritornello, intenso, bruciante.
Treno scorre fumosa e mesmerizzante, mentre Patrie Galere è una parentesi ambient/uptempo di forte atmosfera e dai campionamenti inquietanti.
Perso 'nto 'o cavero ritorna sui binari malinconici, vissuti ed eleganti del disco, senza aggiungere molto a quanto già incontrato.
La conclusiva Lu Cardillo è un episodio breakcore impreziosito dalle pregevoli linee vocali e dai giochi di tastiera in sottofondo; in alcune ristampe c'è la versione (bis) che ritorna su coordinate stilistiche vicine a dub, reggae, downtempo e ambient, con una pregevolmente ispirata vena notturna, percussioni d'accompagnamento, mood estivo malinconico e le consuette eccezionali linee vocali con il loro apice nella sezione centrale.
Loop è un disco ispirato, variegato e impressionantemente (dato che di solito non ci si aspettano prove del genere dalla scena italiana) originale. La struggenza del canto in dialetto è forse la freccia che colpisce e cattura di più nella faretra dei napoletani, capace di coinvolgere e commuovere con disinvoltura in ogni momento, ma tutta la musica di contorno è un pregevole intreccio di influenze musicali differenti combinate con un certosino lavoro di sintesi creativa e fresco piglio melodico, in modo da ottenere una decina di raffinate canzoni prive di qualsiasi ridondanza, completamente composte da note, intuizioni, fraseggi efficaci inseriti al posto giusto.
E lasciatevi pure trasportare dalla passionalità di brani come Vesuvio o Lu Cardillo (bis).