- Cerimor - voce
- Synasius - basso
- Dot - tastiera
- Anzwer - batteria
- Mysteria - chitarra
1. Neurosisma
2. Onaram Smoke
3. Destruction
4. The Dark Alchemy Of The Elements
5. Five Demons
6. Traditional Neverending Friends
7. Eruption From Inside
8. Preha Drinking Team
9. Epoca Maledicta
Eruption From Inside
Due notizie reca con se il debutto degli italiani Maledicta sulla lunga distanza: la prima, quella buona, che si tratta di un gran bel disco ottimamente (auto)prodotto, ben suonato e con personalità da una formazione talentuosa e creativa. La seconda quella, quella brutta, è insita nella prima: il fatto che una band di questo livello si sia dovuta autoprodurre, denotando ancora come molte etichette italiane non riescano a rischiare sulle proposte metal di valore. Polemiche a parte, però, Eruption From Inside, è un lavoro che mette in risalto la capacità del quintetto italiano di fondere il black metal evoluto e tecnico degli Emperor con il techno-thrash progressivo, partendo dai riff che vedono fondersi anche Megadeth, Annihilator e Forbidden del periodo Distorsion, con un uso di tastiera ad ampio raggio (qui complimenti a Dot per la performance), che pesca non solo dal prog-metal, ma anche dal prog tout court e dall’elettronica, come fuoriesce da tracce quali The Dark Alchemy Of The Elements.
La natura black-progressive rimane il cardine di tutte le composizioni del five-piece, ma i tempi che spesso sono non velocissimi, tanto da richiamare, in certi casi, agli ultimi Satyricon, specie quelli di Volcano, mostrano richiami, nel riffing del chitarrista Mysteria, ai Nevermore più cupi o proprio agli Emperor di Prometheus. Neurosisma, l’opening track, è molto esplicativa in questo senso; l’oscurità è data da un songwriting intricato e con soventi cambi di mood, opera anche della batteria di Anzwer e del basso di Synasius, mentre a fare da collante e linea guida a questo ‘fluido nero multiforme’ è la voce di Cerimor, fedele ai growling e screaming di matrice black, ma sempre pronto a inserire elementi diversi per mantenere l’armonia in questa discesa nei meandri dell’animo umano: chiaro, anche senza essere una copia pedissequa, l’ispirazione all’ultimo Ihshan, mentre nei tratti più estremi di brani come Onaram Smoke, possono emergere anche Zyklon e Arcturus (in maniera molto moderata). Ottimo lavoro, anche perché la varietà del songwriting non si manifesta in pezzi l’uno diverso dall’altro, ma in un’eterogeneità posseduta da tutte le composizioni. Plauso, infine, alla buona prova della band dietro la consolle per l’autoproduzione, più che discreta ed adeguata. Un disco intrigante e non convenzionale, ma assolutamente extreme metal, a dimostrazione di come idee ed evoluzione non significhino trovate d’immagine e colpi ad effetto.