- Mario - voce
- Eva - voce soprano
- Tine - chitarra
- Bine - basso
- Milko - batteria
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1. 01101 10111 01010 (DNA)
2. 60 Seconds of Life
3. Involve Synthetic
4. Bitter Fact of Conclusion
5. Death
6. Divine Communication
7. N.E.R.V.
8. Roots of Eden
9. Self Confronting
10. Re-Birth
Re-Death
Gli Indigo Child provengono dalla Slovenia e nel 2005 si fanno apprezzare in tutti gli ambienti gothic/dark grazie all’uscita del loro primo full-length Re-Death. Il gruppo nasce nel 2002 con un preciso intento che è riassumibile in questa frase: Is It a gift, or a problem?. In questo modo la finalità del combo sloveno è di interrogarsi su aspetti della sfera psicologica, ispirandosi alle vicende degli Indigo Child, bambini con capacità psichiche paranormali. Le liriche approfondiscono dunque la sfera del divino e le religioni, il contrasto vita e morte, che risultano qui strettamente collegate. In più, diversi elementi concorrono a tessere un’immagine molto particolare della realtà, nell’ipotesi che si stia verificando una sorta di evoluzione sintetica, biotecnologica nel passaggio tra passato e immediato futuro.
Venendo alla musica, si può dire che il sound degli Indigo Child sia un gothic metal elettronico, capace di rendere bene atmosfere delicate, inquietanti ed evocative. L’intro strumentale, DNA, inizia questo concept sulla vita in modo sfumato e misterioso, con un giro di piano tetro, che poi si scioglie in un andamento onirico, quasi epico. La seconda track, 60 Seconds of Life, prosegue attaccandosi nell’immediato alle note della precedente song e introduce la componente metal dal punto di vista strumentale, con forti riff intermittenti di chitarra. Il vocal si può definire piuttosto tradizionale per quanto riguarda il genere trattato. E’ un vocal profondo in clean, con una voce maschile quasi teatrale, da opera, insieme a un soprano femminile. Tutto ciò contribuisce a creare un’atmosfera di tensione dove effetti sfuggenti di tastiera e piano addolciscono di malinconia questo quadro raffinato. L’inizio con fisarmonica di Involve Synthetic ricorda i tedeschi Das Ich, tenendo anche conto che il background del soprano Eva e del vocalist Mario è proprio industrial e electro. Il connubio vocale a questo proposito è ben riuscito, anche se probabilmente, per chi si accosta per la prima volta a questo tipo di genere, può apparire troppo solenne. Ma la solennità dei toni è un effetto voluto, in particolare per la resa delle lyrics che nella prima parte del secondo brano, “ It matters no more if you live or die”, rimandano se vogliamo ai Cure di Pornography.
Proseguendo l’ascolto, in Bitter Fact of Conclusion è presente uno dei non comuni soli, dato che le strutture strumentali di chitarra e basso non mirano a sconvolgere il mood della band. L’importante è creare situazioni sonore calde e avvolgenti. Perciò il riffing dei due strumenti contribuisce in modo corretto a questo proposito. In Death poi, quinto brano, si fa apprezzare un bridge elettronico verso la fine, che lascia spazio ancora a un solo di guitar finale che traina verso la successiva Divine Communication. A questo punto si è dibattuto sull’effettivo valore del presente e sulla condizione dell’uomo, bloccato, “Evolution denies the human kind”, dai suoi infami contrasti e dalle religioni, pesantemente accusate; si sta arrivando ora conseguentemente a una situazione di desolazione per l’uomo che, a causa del suo orgoglio, sta distruggendo la Conoscenza e inevitabile si avvicina la sua distruzione. Sta sorgendo invece una nuova era, l’era dell’uomo nuovo, di cloni, attraverso i quali il mondo diverrà una macchina eterna e perfetta. Da qui dolci note fiabesche iniziano N.E.R.V., uno dei brani più validi di tutta l’opera. Il complesso strumentale drums-guitar-bass è qua molto alla Theatre of Tragedy; si congiunge poi a parti vaporose elettroniche che si adattano perfettamente alle voci maschile e femminile sfumate. L’aspetto ritmico è poi particolarmente curato, in modo da evidenziare i contenuti lirici. Roots of Eden ricorda invece di primo impatto i 69 Eyes di Paris Kills, ma subito il sound si colora di aspetti sinfonici assolutamente azzeccati che impreziosiscono tutto Re-Death. Il vocal qui invece si mantiene costantemente sui toni di Jyrki.
A conclusione del concept si ha il capolinea logico dell’album, Re-Birth. Come anticipato, la forte presenza della morte, dopo aver cancellato vergogna ed errori, alla fine ricede il passo alla vita, resa stilisticamente verso fine track dal pianto di un bambino appena venuto al mondo. Quest’ultimo brano è molto interessante anche perché la componente elettronica in sfondo rimanda tantissimo ai Massive Attack; in primo piano si sviluppa invece una situazione drammatica realizzata attraverso piano, tastiere e linee vocali.
Gli Indigo Child con questo primo full-length realizzano un’ottima partenza che difatti viene coronata subito dall’immediata ristampa digipak. Questa band slovena è alquanto interessante e dimostra una grande sensibilità nel conciliare il gusto gothic per le situazioni sonore raffinate e malinconiche con il grande dinamismo del mondo elettronico.