- Roddy Bottum - tastiera
- Billy Gould - basso
- Mike "Puffy" Bordin - batteria
- "Big" Jim Martin - chitarra
- Chuck Mosley - voce
1. Faster Disco
2. Anne's Song
3. Introduce Yourself
4. Chinese Arithmetic
5. Death March
6. We Care a Lot
7. Rn'R
8. The Crab Song
9. Blood
10. Spirit
Introduce Yourself
Con il secondo album Introduce Yourself (registrato nel 1986 e uscito per la Slash nel 1987), i Faith No More compiono il passo decisivo: il disco segna il più importante punto di svolta nella carriera della band, che grazie ad una maturazione della sezione ritmica e ad un'attitudine generale più spontanea, spavalda e non intimorita dalle contaminazioni musicali riesce a crearsi un sound personale, unico, non classificabile.
Il basso di Gould aumenta le influenze funk e, assieme a Bordin, si slega dalle costringenti radici new-wave (in particolare il drumming di Bordin, sebbene ancora parzialmente legato ai cliché post-punk, si dimostra anche capace di tocchi sublimi con le percussioni), mentre la chitarra di Martin sale al ruolo di protagonista, e la voce di Mosley abbandona i toni più melodrammatici aprendosi a soluzioni eclettiche; le tastiere di Bottum si fanno inoltre meno ingombranti, e più che esaltare i crescendo chitarristici cercano di muoversi sul lato dell'arrangiamento in maniere maggiormente raffinate.
Si vola così dai deliri tastieristici con voce riverberata e stratificata di Faster Disco, interrotta da stop-and-go funk-rock, al mix di synth-pop con tastiere sinfoniche, voce in bilico tra cantato e rap e basso funk sfoderato da Anne's Song, prima che avvenga una vera esplosione con il minuto e mezzo della scatenata title-track, pezzo tirato ed energico dalla ritmica epilettica a causa dei bruschi stop-and-go, che, complice la produzione abrasiva di drumming e chitarre, porta ad un nuovo livello di violenza sonora il funk-punk tipico dei Red Hot Chili Peppers.
Fino a questo punto del disco la band ha anche dimostrato un'attitudine volta al non prendersi troppo sul serio, ma con la successiva Chinese Arithmetic torna alle atmosfere gotiche del primo disco, ora ritoccate ed evolute tramite una più decisa carica espressiva ed enfatica del tappeto tastieristico, che accompagna il crescendo di rabbia e violenza ben diretto dalla voce di Mosley, ora impegnato in sgraziati declami punk, ora in hook melodici, ora in veloci rap.
In Death March, una sorta di incrocio tra hardcore-punk e new-wave avanguardista, vengono esaltate le tastiere penetranti e paranoiche, mentre Mosley (tra strofe melodiche e chorus urlato in maniera selvaggia) esalta le parti di chitarra e si sposa perfettamente alle lontane percussioni tribali che Bordin inserisce nel pattern ritmico.
La band sceglie anche di inserire a metà disco un rifacimento dell'inno del precedente album, We Care a Lot (scelta più che comprensibile, essendo quel pezzo il più originale e irriverente presente nel debut, quindi anche il più vicino allo spirito di Introduce Yourself), decisamente migliorata grazie all'aumentata energia e alla migliorata produzione.
L'urlata Rn'R sembra tentare di abbattere le barriere musicali dell'hard-rock tipico dell'epoca, ma suonano più interessanti le successive Crab Song (che inizia come un soffuso country-pop prima di esplodere una sfuriata heavy-metal sostenuta dalle cannonate della sezione ritmica e trascinata dai rap di Mosley) e Blood (che riprende il pathos drammatico dark-wave, caricandolo però di chitarre heavy-metal), prima dell'ultima Spirit, sostanzialmente un hardcore-punk rallentato come fosse una power-ballad, e scosso da un tappeto ritmico da terremoto.
Con questo lavoro i Faith No More si sganciano da qualsiasi etichetta musicale, ed entrano in quell'olimpo riservato alle non molte rock band vantanti un proprio stile assolutamente personale e riconoscibile: leaders, non followers.
Partiti dalla new-wave, i Faith No More hanno in questo disco assimilato funk, rap, hardcore, metal e sprazzi d'avanguardia, creando di fatto qualcosa di nuovo e seminale. Con Introduce Yourself, "crossover rock" non è più solo sinonimo della somma tra funk e rock, ma assume un nuovo significato, aprendo un panorama musicale ad ampio respiro stilistico.
I punti deboli dell'album possono essere individuati nell'ancora in crescita drummer Bordin, destinato a prove più convincenti negli album successivi, e probabilmente anche nella voce di Mosley, adatto ad infondere ruvida attitudine punk ai pezzi ma non tanto eclettico quanto il suo successore al microfono Mike Patton (questo sebbene i fan dell'era Patton esagerino incredibimente nel minimizzare l'importanza di questo secondo album ed il fondamentale apporto di Mosley alla riuscita dello stesso).