- J.D. Kelly - voce
- Tommy Lafferty - chitarra
- Thadeus Castanis - basso
- Paul Morris - tastiera
- Michael Sciotto - batteria
1. Hold On
2. Same Song
3. Tears Cried in the Rain
4. Over Your Head
5. Take My Heart
6. Love Struck
7. Spark and Flame
8. Go All the Way
9. Where Are You Now
Thirty Days, Dirty Night
Risploveriamo anche quest'ennesimo nome da culto più assoluto fra il popolo di rockers del vecchio continente, anche perchè il moniker dei From the Fire risuona ancora in maniera altisonante per chi, sottoscritto compreso, ha da sempre considerato questo Thirty Days, Dirty Night un piccolo gioiello di maturità artistica asservita ad una qualità compositiva e ad una certa duttilita stilistica che, quasi da sempre, hanno caratterizzata una scena musicale come quella americana legata a doppia mandata nella rievocazione di un certo sound corposo e vitale pregno pur sempre di rimandi ottantiani e che, incurante delle mode e degli stili musicali che si sono avvicendati con scarsi risultati, ha saputo mantenere una certa veridicità di fondo. E proprio dai magici anni ottanta proveniva il fulcro centrale dei From the Fire, che, formatisi per volere del talentuoso, ma allora praticamente sconosciuto, vocalist J.D. Kelly e dal più navigato guitar player Tommy Lafferty, già in forza ai cult heroes Voodoo X del coloured biondo crinito Jean Beauvoir, per il loro disco di debutto si circondarono di un manipolo di ottimi musicisti da studio provenienti dall'hinterland newyorkese che solo più tardi conobbero più fama come il futuro tastierista della band del mitico J.L. Turner, Paul Morris.
Sormontato da una copertina alquanto insiginifcante, ma dotato di una produzione altamente speculare e di un suono che definire vintage sembra quasi riduttivo, Thirty Days, Dirty Night, che vedeva coinvolto lo stesso Beauvoir nelle vesti di co-produttore esecutivo, si contorna di composizioni sopraffine e di esecuzioni cristalline, suoni morbidi quasi al limite dell'airplay più radiofonico, che cercano di prendere con ogni modo le dovute distanze dal suono viscerale e corrosivo dellepoca, inizio anni novanta, preferendo invece adagiarsi su sognanti partiture melodiche che trovano nell'ugola d'oro del grande J.D. Kelly, l'esponente più significativo di un'intero songwriting asservito anima e corpo al rock melodico di band come Foreigner, Balance e Loverboy. Non a caso, durante l'alternarsi delle nove song ivi contenute, gli intrecci melodici che si vengonoi a creare sono tutt'altro che tesi, anche se gli up tempo non mancano di certo, vedi la grintosa e sanguigna Same Song, Pomp Rock a la Giuffria/House of Lords, o Spark and Flame, brillante AOR song baciata da un dinamismo e da una vitalità che ne fanno uno dei migliori episodi di tutto il disco, grazie anche alla presenza della suadente Theresa Straley degli Harlow, la band degli ex Black'n Blue, che si prodiga in un avvincente duetto con il mai domo vocalist della band in questione. Di tut'altro spessore antagonistico ed artistico, sono quegli episodi giocati volutamente su atmosfere più soffuse come la dolce e tenue Hold On, costriuta su delicati arabeschi di chitarra e morbidi tappeti tastieristici sui quali si inerpica un delizioso refrain e un chorus così soave e gradevole da far accaponare la pelle, o le cangianti atmosfere sulle quali si edifica l'altrettanto melodicissima e catchy Take my Heart, toccante ed emozionante quanto basta, che avvicina sensibilmente i nostri all'operato di band come Reo Speedwagon e Journey soprattutto. Che dire, un disco fondamentale, monumentale nel suo prodigarsi al servizio della melodia più pura ed incontrastata, a meno di un'improbabile ristampa in cd, mettete pure mani al vostro portafoglio ed armatevi di buona pazienza, questo disco stà aspettando solo voi.