- Mårten Hagström - chitarra e basso
- Fredrik Thordendal - chitarra e basso
- Jens Kidman - chitarra, basso e voce
- Tomas Haake - voce parlata
(Meshuggah - programmazione della batteria)
1. Autonomy Lost
2. Imprint of the Un-Saved
3. Disenchantment
4. The Paradoxical Spiral
5. Re-Inanimate
6. Entrapment
7. Mind's Mirrors
8. In Death - Is Life
9. In Death - Is Death
10. Shed
11. Personae Non Gratae
12. Dehumanization
13. Sum
Catch Thirtythree
Per chi non avesse mai sentito parlare di questi quattro tizi, già il loro nome potrebbe aiutare a capire la loro proposta, la loro attitudine musicale.
Pazzo, ecco il significato di Meshuggah in lingua ebraica; e sono arrivati alla loro quinta uscita su disco con l’attuale Catch Thirtythree.
E state sicuri che durante l’ascolto di questo lavoro non avrete la sensazione di assistere ad un percorso serio e logico.
Esaminando infatti il titolo, esagerazione del modo di dire americano Catch 22, inventato dallo scrittore Joseph Heller, si ha una conferma di tutto ciò: “Dilemma assurdo in cui ogni scelta porta all’impossibilità di risolvere il problema”, questa la definizione di Comma 22. Un concetto ribadito anche in copertina dai tre serpenti concatenati che si divorano l’uno con l’altro.
Prepariamoci quindi a un’esplorazione in una mente umana malata, che durerà per circa 47 lunghi minuti ininterrotti; Catch 33 infatti è composto da una singola canzone divisa in tredici sezioni.
Autonomy Lost ci introduce con i suoi riff regolari e la batteria (questa volta totalmente programmata) come sempre ad un ritmo particolare ed elaborato.
La sanità mentale sembra ancora intatta, questa regolarità sembra quasi una rappresentazione della monotonia di tutti i giorni.
La ribellione interna però inizia a farsi sentire quando la voce di Jens Kidman fa la sua apparizione, ma è ancora sotto controllo.
Si prosegue nello stesso identico modo anche durante Imprint Of The Unsaved e Disenchantment, arrivando poi a The Paradoxical Spiral, in cui il riff di chitarra psicotico e schizofrenico che ci ha scortato sin dall’inizio prende il sopravvento e apre la strada ancora una volta agli intricati ritmi della batteria e alle urla del nostro cervello, che cerca di rivoltare il senso della nostra vita quotidiana.
Con Re-Inanimate si ha un rallentamento, quasi come una perdita di forze, per poi riesplodere nelle farneticazioni di Entrapment, con chitarre lamentose che esasperano ancora di più i nostri ragionamenti.
Ed ecco che Mind’s Mirror ci da qualche attimo di pace, con un cuore ruggente in sottofondo ad accompagnare una vocina nel nostro subconscio che ci fa riflettere su tutte le nostre azioni passate, presenti e future, proseguendo poi con una melodia di chitarra che sembra arrivare dai rintocchi di un orologio gigante poco sincronizzato, per poi trasformarsi ancora in lamenti, questa volta però di dolore e disperazione.
Con In Death - Is Life ritroviamo la forza e la frenesia che ci aveva aperto la strada, con riff più rabbiosi e la voce ringhiante di Jens ancora più infuriata; procedendo con In Death - Is Death, nulla cambia, la follia ci accompagnerà ancora per diverso tempo. Sembra quasi che il nostro cervello voglia scoppiare, colpendo ritmicamente la scatola cranica ogni volta che si espande per il troppo sforzo psicologico a cui è sottoposto.
Circa a metà una melodia quasi divertente sembra aver completamente devastato la nostra ragione ed averci trasformato in esseri senza intelligenza, ma quando meno ce lo aspettiamo, la pazzia, sempre in agguato, riemerge urlando, per poi placarsi in un’armonia che ancora una volta sembra volerci prosciugare le forze e la volontà, ma in modo indolore, lasciandoci rilassare totalmente. Siamo alla resa dei conti: con Shed si scatena un urlo disumano volto all’annientamento finale, contornato da melodie e riff frenetici di chitarra e batteria. Una voce sussurrata e cavernosa ci minaccia, vuole controllarci del tutto.
Personae Non Gratae vuole procedere in questa opera di conquista mentale, con grida che ci portano al limite della sopportazione, seguita da Dehumanization, che aumenta ancora le ritmiche di batteria, quasi come se ci avessero aumentato la dose di una qualche droga nelle vene, e si ha la sensazione che la testa giri vorticosamente insieme a queste melodie agitate.
Con Sum la sopportazione arriva ai suoi limiti quando urla e musiche sempre più insane ci accompagnano con costanza verso la fine, che, inesorabile, arriva accompagnata da un motivo quasi funereo, la quale ci ribadisce l’inevitabilità della fine dei nostri giorni.
Veramente un gran lavoro, un cammino perfetto nel manicomio nascosto nella testa di ognuno di noi.
Da ascoltare ovviamente tutto d’un fiato.