Ola Guitars, Vocals
Jörgen Guitars
Jensa Drums
Jonas Bass
1. Deformed 04:07
2. In Love 03:36
3. For Your God 03:46
4. Obscure Infinity 03:08
5. Hating Life 03:02
6. Into the Grave 04:08
7. Extremely Rotten Flesh 04:35
8. Haunted 03:38
9. Day of Mourning 03:35
10. Inhuman 03:52
11. Banished to Live 04:50
Into the Grave
La scena svedese di inizio anni 90 rappresenta il culmine, il climax, l’apogeo del death metal nel Vecchio Continente. Il fervore dei gruppi d’allora non conosceva paragoni. La lezione impartita dai mostri sacri statunitensi fu assimilata e rivisitata da una manciata di ragazzini affascinati da tematiche splatter, occulte e violente. La culla di questa scena proveniente da nord Europa trova la sua primissima espressione nei Nihilist, band attiva dal 1987 al 1989. Proprio tra i ragazzini che militarono nella line-up possiamo trovare futuri membri di Entombed, Unleashed e Comecon. Parallelamente nacquero i Carnage con i futuri membri dei Dismember e addirittura a metà anni 80 la prima incarnazione dei Grave prese vita. Per quanto riguarda questi ultimi, diversi nomi vennero cambiati fino ad arrivare al definitivo. Anguish, Corpse e Putrefaction furono gli ultimi tre di questa serie e nel 1988 un monicker tanto semplice come “Tomba” risuonò minaccioso nell’underground. Ben cinque demotapes, un EP e due split vennero dati alle stampe prima che la Century Media li mise sotto contratto per la produzione i quello che ancora oggi è considerato come uno dei lavori più brutali della prima ondata death metal: Into The Grave.
Registrato e mixato agli storici Sunlight Studios in meno di quindici giorni, Into The Grave ci mostra una band in piena forma, con una potenza distruttiva incredibile. L’apertura del disco ad opera di Deformed è ormai di diritto nella storia del genere. I tempi sono immediatamente tirati, le chitarre distorte in tipica tradizione svedese ed il vocione di Ola non lasciano scampo e non mostrano un minimo di concessione. Quando gli Entombed nella loro brutalità mostravano comunque una certa propensione al groove, i Grave non si lasciano influenzare nella loro marcia fatta di bieca efferatezza. Una registrazione cavernosa ed impastata dona una potenza incredibile al muro creato dalle sei corde. Jensa dietro le pelli non si lascia andare a tecnicismi vari (peraltro inutili in questo caso) per puntare tutto sulla velocità e sulla semplicità. Il riff portante di In Love ti si conficca in testa come un chiodo ed il suo odore gore infesta l’aria, per non parlare delle brevi sezioni soliste e dei down tempo dal tocco veramente mortifero e tremendamente affascinante.
Non c’è sosta in questo macello continuo ed anche For Your God trova il suo spazio mostrando i primi blast beats del disco, pagando tributo alla prima corrente grind ad opera dei Carcass e dei Repulsion. L’aria che si respira è malsana, pesante di decomposizione. In Obscure Infinity l’ottima alternanza tra tempi medi ed improvvise accelerazioni tiene l’ascoltatore senza fiato in strutture maggiormente riconoscibili e ricordabili. Hating Life segue a ruota ed arrivati a questo punto non c’è più nulla da salvare: il quartetto crea un muro sonoro immane, tale da raggiungere di nuovo i blast beats per sostenere tale violenza. I riff si susseguono a valanga per una delle canzoni migliori nella storia della band, ma non è finita qui. La title-track si piazza di diritto tra le migliori composizioni del death metal made in Sweden grazie alla sua lugubre introduzione coadiuvata da sporadiche tastiere, prima che la furia della band aumenti la velocità. Il ritornello, di una semplicità disarmante, ti si pianta in testa per ritornare in ogni occasione come odore di decomposizione sotto il naso. Il più bieco doom/death introduce una traccia alla quale basta il titolo per spiegarsi: Extremely Rotten Flesh. Apice del fetore di decomposizione, la traccia in questione non lesina su velocità ma l’atmosfera non mostra cambiamenti.
Haunted e Day of Mourning mostrano il lato più groove della band, tra diversi cambi di tempo e stop and go. L’intensità non viene meno ma in questa veste risulta essere ancora più morbosa prima che le influenze tipiche della prima ondata grind trovino il loro sfogo nel tremolo raccapricciante di Inhuman, canzone dall’atmosfera surreale e da film splatter di serie Z. Come prevedibile, Banished to Live pone fine al disco con una dose deflagrante di velocità anche se le partiture doom hanno il loro bel spazio ritagliato ad aiutare l’atmosfera di un disco a dir poco spettacolare.
In conclusione, raccomando vivamente questo album a tutti i neofiti del genere perché penso e spero che chi segue il death metal da qualche anno gli abbia almeno dato un’ascoltata. Capolavori del genere hanno scritto pagine di storia e se ora siamo qui è grazie a loro e alla loro brutalità, in un periodo magico del genere che con ogni probabilità non ritornerà più.