Burro Bass
Dadde Drums
Pier Guitars, Additional Vocals
Frigo Guitars, Vocals
1. Prelude To The Bomb 01:48
2. Tsar Bomb 04:35
3. Pray 05:13
4. Terrorizer 03:16
5. Beer 03:04
6. Chemical Death 04:04
7. War 03:09
8. Religious Explosion 04:05
9. Lager 04:57
Inverno
Grazie ad una buona pubblicità in occasione della firma con la Punishment 18 Record, gli Inverno si sono fatti presto conoscere nell’underground italiano. Il loro omonimo album arriva giusto un anno dopo Thrashgressive, debutto ufficiale ma autoprodotto. Il traguardo è ottimo, se pensiamo che la formazione del gruppo veneto risale solamente al 2008.Questi quattro ragazzi, assieme agli Ancient Dome, agli Ultra Violence, agli H.o.S. ed a tanti altri, rappresentano la nuova corrente thrash metal ch e sta prendendo possesso del’Italia come una tempesta.
Parlando in specifico dell’album, l’apertura è nelle mani di una lenta Prelude to the Bomb, la quale introduce la successiva Tsar Bomb. Influenze thrashcore vengono presto allo scoperto grazie ad un riffing selvaggio e ad uptempo molto semplici e diretti. La voce di Riccardo si avvicina molto alle tonalità adolescenziali tipiche di gruppi come Insecticide o Vio-lence. C’è da specificare che il gruppo non si vota completamente ad un altrimenti monotono assalto frontale, ma arricchisce il sound di diverse sezioni in tempi medi dal groove marcato. Ottime le atmosfere lugubri create dalla chitarra solista in occasione dell’introduzione di Pray, traccia che mostra vari cambi di tempo ed una somiglianza incredibile allo stile degli indimenticabili Darkness tedeschi. Tra le tracce maggiormente dirette del disco troviamo Terrorizer, bordata di uptempo e doppia cassa che comunque non disdegna alcuni secondi leggermente accessibili in occasione del solismo chitarristico.
Il suono magico della linguetta di una lattina di birra ci introduce a Beer, classica traccia thrash con influenze hardcore con sempre un occhio di riguardo ai Tankard. Ascoltando Chemical Death possiamo notare, ancora una volta, una varietà maggiore nelle strutture. Si passa facilmente attraverso tempi medi oscuri e feroci ripartenze. Le fasi più irruenti di solismo chitarristico risentono molto della scuola teutonica. Proseguendo, colpisce molto in ritornello di War (“War for territory, war for our glory”), traccia dal notevole stampo groove che potrebbe rimandare agli Overkill di inizio anni 90. Veramente ottimi gli stop and go di una sulfurea Religoius Explosion, maggiormente focalizzata sull’atmosfera che sulla velocità. L’inquietanteLager posizionata alla fine del disco si distingue per la sua carica distruttiva ma anche per la fase solista melodica e dall’ottimo impatto emotivo.
Tirando le somme dell’ascolto, posso dire di essere stato piacevolmente sorpreso da questi ragazzi. La produzione ruvida ed essenziale del disco dona comunque un tocco vintage al tutto e si fa apprezzare. Un margine di maturazione è inevitabilmente realizzabile , tuttavia gli Inverno picchiano duro e lo fanno con intelligenza; questa è la cosa più importante.