- Karl Sanders - chitarra, voce
- Dallas Toler Wade - chitarra, voce
- George Kollias - battera
- Jon Vesano - basso
1. Dusk Falls Upon the Temple of the Serpent on the Mount of Sunrise (Strumentale)(00:51)
2. Cast Down the Heretic (05:45)
3. Sacrifice Unto Sebek (03:03)
4. User-Maat-Re (09:15)
5. The Burning Pits of the Duat 03:53)
6. Chapter of Obeisance Before Giving Breath to the Inert One in the Presence of the Cresent Shaped Horns (05:21)
7. Lashed To the Slave Stick (04:18)
8. Spawn of Uamenti (Strumentale)(01:14)
9. Annihilation of the Wicked (08:37)
10. Von Unaussprechlichen Kulten (09:47)
Annihilation of the Wicked
Un viaggio nei più oscuri e sinistri meandri dell’Egitto; è questo ciò che rappresenta ogni volta l’ascolto di un disco dei Nile. Già aprendo la confezione di Annihilation Of The Wicked, ultima fatica discografica di Karl Sanders, Dallas Toler Wade e soci, questa sensazione prende vita, osservando queste statue faraoniche immerse in una luce rossastra e sovrastate da cupe nubi che sembrano voler inghiottire ogni cosa.
L’introduzione strumentale Dusk Falls Upon The Temple Of The Serpent On The Mount Of Sunrise ci trasporta direttamente in queste lande desolate, con la sua melodia tipicamente egiziana, mantenendo però un’aura oscura che tiene alzata la guardia in attesa di un pericolo imminente.
E proprio come ci si potrebbe aspettare, l’assalto arriva con la successiva Cast Down The Heretic: l’incedere è velocissimo già dal principio, con la prestazione alla batteria del nuovo entrato George Kollias che non fa certo rimpiangere Laureano. Si ha quasi la sensazione di assistere proprio ad una caccia all’uomo spietata, con la voce possente di Dallas che ordina torture ai malcapitati catturati, il ruggito di Sanders a simboleggiare la voce degli dei in tutta la loro potenza e brutalità e le chitarre che sembrano i lamenti delle vittime. Questo pezzo infatti è ispirato alla figura del faraone Akhenaten, che cercò di stabilire il culto del dio Aten nel suo impero, in forma monoteistica. Cercò quindi di cancellare ogni traccia del culto degli dei precedenti, chiudendo tutti i templi e convertendo i sacerdoti al nuovo dio. Il faraone fu però presto sconfitto dai rivoluzionari e dai fedeli alle precedenti divinità; fu proclamato come disastroso governatore ed eretico, e si cercò di cancellare ogni sua traccia dai documenti storici.
Ed ecco che, proprio come un coccodrillo che avanza lentamente verso la sua preda, inizia Sacrifice Unto Sebek, con un ritmo che sembra lasciare un po’ di fiato e speranza; quando però l’animale ha catturato il suo obiettivo non lo molla più e si scatena in tutta la sua furia, esattamente come questo pezzo che esplode in tutta la sua furia dopo l’apparente calma. La canzone si ispira alla figura del dio coccodrillo Sebek, nemico-amico del dio Osiride e protettore dei morti durante la loro ascesa all’altro mondo. Notevole è l’apporto vocale di Dallas, che ha registrato la maggioranza delle parti vocali, oltre al grande aiuto dato a Sanders nella realizzazione delle musiche.
Le sale dei faraoni si spalancano al nostro arrivo, e veniamo accolti da una melodia che potrebbe benissimo accompagnare i momenti di piacere del sovrano; quando meno se lo aspetta però, una voce in tono demoniaco dentro di se gli ricorda i suoi compiti di regnante e conquistatore, gli impone di continuare le grandiose imprese dei suoi padri predecessori. L’epica User-Maat-Re è tutto questo, con il suo incedere cadenzato che sembra arrivare direttamente da un campo di battaglia desertico, disseminato di plotoni di soldati, al comando del grande dominatore, pronti a sacrificarsi per far si che il suo nome resti immortale grazie alle sue imprese. Questa epica marcia è infatti ispirata a Ramsete II, uno dei più grandi e longevi regnanti egiziani, che cercò di ispirarsi in particolare a due sovrani precedenti:Thutmose III, il faraone guerriero, principale responsabile del nuovo impero, e Amenhotep III, che governò all’apice della prosperità dell’impero.
Ed ecco che per i nemici di Osiris nulla resta se non la dannazione. Mutilati, privati dell’anima e dopo innumerevoli altri tormenti, gettati in diversi pozzi e bruciati dalle fiamme scaturite dalle bocche di dee munite di pugnali, incaricate di svolgere tutte queste brutalità. Tutto ciò per far si che gli stolti “non possano mai più quelli che vivono sulla terra”, come riferisce il libro “Am-Duat”, da cui Karl ha preso ispirazione. In The Burning Pits Of The Duat infatti, le chitarre, con l’apporto del basso dell’ormai ex-Nile Jon Vesano, rievocano fiamme infernali eterne, sempre con l’apporto di growling vocals di antiche divinità. Il trademark di questa band è sempre lo stesso, inutile pensare a una rivoluzione nel genere, abbiamo a che fare con un Death metal brutale e assassino.
Maggiore influenza vocale del songwriter della band si può trovare in Chapter Of Obeisance Before Giving Breath To The Inert One In The Presence Of The Cresent Shaped Horns; grazie al suo timbro molto basso contribuisce molto a creare un atmosfera cupa, così da recitare alla perfezione i rituali scritti nel “Libro dei Morti” che donano nuova vita ai deceduti, sullo sfondo di imponenti gong e tamburi interpretati dalla batteria di Kollias a scandire la cerimonia.
Proseguendo il viaggio in questo antico mondo, vengono evocate antiche cronache in cui inutili prigionieri ormai non possono fare nulla per liberarsi dalla morsa mortale dello Slave Stick, potranno solamente rimanere inerti a subire gli scherni dei conquistatori, che proclamano la loro supremazia in nome in nome del dio Ra, con voci cavernose provenienti dalle prigioni in cui resteranno per sempre segregati i criminali e i blasfemi. Lashed To The Slave Stick è forse l’episodio più melodico, se così si può definire, di questo quarto full-lenght, e di facile assimilazione. Lo “Slave Stick”di cui si parla era uno strumento di tortura, un asta biforcuta ad una estremità in cui era fissato un laccio di cuoio, utilizzato per immobilizzare al collo i prigionieri e nemici di Osiride.
Gli incubi non ci lasciano, e il demone/dio Sebek ci trasporta nel suo dominio, in cui ad attenderci legati a grosse catene, troviamo serpenti e rettili demoniaci giganti, schiavizzati ai servitori del dio Seker, uno dei quali viene chiamato Uamenti. La strumentale Spawn Of Uamenti è infatti composta unicamente da agghiaccianti ruggiti di rettili e dal rumore di catene che producono.
Per i deboli non c’è più scampo. Gli otto dei e la dea Quetetent al servizio di Seker, la più antica divinità venerata, svolgeranno il loro compito: L’annientamento dei deboli. Essi consumeranno i corpi dei morti grazie il fuoco liquido che scaturirà dalle loro bocche, e Quetetent vivrà del sangue degli annientati. La titletrack Annihilation Of The Wicked procede cadenzata, proprio per rendere a pieno la potenza di Seker e l’inevitabilità del destino dei morti che finiranno nel suo regno.
Con questa scena di distruzione, termina il viaggio in uno dei più antichi reami del mondo; ma ancora non possiamo tirare un sospiro di sollievo per essere scampati dalla devastazione. Von Unaussprechlichen Kulten è intenzionata a cancellare del tutto la nostra sanità mentale con oscure formule del libro dei Culti senza Nome e oscenità scaturite dal profondo della terra, di cui possiamo sentire il richiamo nella nostra testa. Nove minuti in cui possiamo immaginare tutti gli orrori possibili. Quest’ultima traccia alterna infatti parti tiratissime ad altre più lente, quasi con l’intento di indebolire ed estenuare l’ascoltatore. Lovecraft, come si sa, è sempre stato uno spunto per Sanders, da cui ha preso ispirazione anche per questa traccia conclusiva, riprendendo il nome del libro Von Unaussprechlichen Kulten e dei suoi temi, che lo scrittore inventò in uno dei suoi tanti racconti.
Se la mente e il corpo sono ancora intatti e sani dopo questa esplorazione in antichi territori inospitali, sicuramente lo saranno ancora per poco… Le brutali divinità sono eterne e non tarderanno a colpire di nuovo…