Stefano Selvatico Bass
Francesco Parlatore Drums
Alessandro Venzi Guitars
Mario Monteverde Guitars, Vocals
Marco Spagnuolo Vocals (lead)
1. Digital Trap Box 05:08
2. All I Guess 05:16
3. In The Name Of Peace 06:59
4. Ash In My Hands 06:35
5. Asleep Or Awake 05:39
6. No Way Out 04:15
7. Labyrinth Of Fear 04:32
8. Shine Like The Sun 05:04
9. Innuendo 05:58
Penthagon
L’ennesima nuova realtà power/thrash metal del nostro Paese proviene da Brescia e porta il nome di Penthagon. Formato nel 2008, il quintetto consta di un paio di personaggi che hanno già militato in altre band; così troviamo Francesca Parlatore alla batteria (Methedras, Nadir, Cadaveric Creamatorium) e Mario Monteverde alla chitarra (Eviscerate, Profondo Rosso). I due musicisti in questione, entrambi nei Solid Noise, sono accompagnati da Alessandro Venzi alla seconda chitarra, Marco Spagnuolo alla voce e Michele Massoletti al basso.
L’omonimo album d’esordio è prodotto dalla Punishment 18 Records e include ben cinquanta minuti di musica. L’apertura è nelle mani di una decisa Digital Trap Box, veloce nei tempi di batteria ma con alcuni elementi particolari che rendono il tutto più accessibile. Il primis, la voce di Marco sfoggia una timbrica abbastanza pulita, tipica del power/thrash metal. Se vogliamo trovare un termine di paragone in Italia possiamo citare i Centurion, anche parlando dalla sezione ritmica sempre in bilico tra veloci sferzate e momenti più ragionati. Il solismo molto fluido delle chitarre sicuramente fa la sua bella figura dal punto meramente tecnico anche se il suo apporto non è decisivo per le composizioni. Le influenze del power/ thrash più moderno hanno un effetto deciso su All I Guess, traccia che viaggia principalmente su tempi medi per ricordare i Megadeth o i Nevermore. Il groove accentuato ed alcuni riffs non canonici sono gli elementi caratteristici di una traccia che non brilla di luce propria e non convince appieno.
Cavalcate in puro stile tech-thrash sono miscelate con partiture eccessivamente groove metal in In The Name Of Peace, brano che cresce nella buona fase solista della chitarra, questa volta non improntata sulla velocità ma sull’apporto atmosferico. Le linee vocali decisamente accessibili, tanto da essere accostate alle moderne correnti metal, si ritrovano anche nella successiva Ash in My Hands, la quale punta molto su un’atmosfera decadente tramite linee chitarristiche distese a cozzare con un groove accentuato ritrovabile in altre sezioni. L’inizio fatto di chiaroscuri di Asleep Or Awake presto si arricchisce di frammenti progressivi e fraseggi su tempi medi a dare risalto alla forte influenza che gli anni 90 hanno esercitato su di un gruppo che forse vuol fare il passo più lungo della gamba. Le strutture ridondanti e prolungate non aiutano e dopo poco annoiano il sottoscritto. No Way Out non cambia le coordinate ed ecco che a veloci cavalcate thrash troviamo opposte sezioni groove decisamente più accessibili e prive di mordente.
Labyrinth Of Fear non mostra novità a quanto già descritto in precedenza e scivola via nell’anonimato ed anche la successiva Shine Like the Sun sicuramente non stupisce. Tutto è già stato sentito più volte nel disco ed i riffs non riescono a farsi notare. Per di più, le sezioni melodiche richiamano con troppa insistenza le moderne correnti del metal e, a mio modestissimo parere, la combinazione non funziona. La ricetta è sempre la stessa, come le strutture. A chiudere il lavoro troviamo la versione rivisitata di Innuendo (Queen) che si fa notare positivamente per il suo stile roccioso e cupo. Insomma, i ragazzi le carte da giocare le avrebbero pure ma secondo me si ostinano a mettere tanta carne al fuoco quando, almeno per l’inizio, basterebbe la metà del quantitativo per il doppio delle idee. Questa non è una stroncatura ma un semplice rimandare alla prossima.