"Lord" Byron Roberts - voce
Chris Maudling - chitarra
Jonny Maudling - tastiera
Mark Greenwell - basso
Dan Mullins - batteria
1. The Sixth Adulation Of His Chthonic Majesty (04:20)
2. Invocations Beyond The Outer-World Night (05:26)
3. Six Score And Ten Oblations To A Malefic Avatar (06:08)
4. The Obsidian Crown Unbound (05:58)
5. The Fallen Kingdoms Of The Abyssal Plain (04:38)
6. Shackled To The Trilithon Of Kutulu (04:02)
7. The Hammer Of The Emperor (06:58)
8. Unfettering The Hoary Sentinels Of Karnak (04:22)
9. To Storm The Cyclopean Gates Of Byzantium (04:57)
10. Arcana Antediluvia (05:07)
11. Beneath The Crimson Vaults Of Cydonia (05:15)
12. Return To Hatheg-Kla (03:28)
The Chthonic Chronicles
Per molti pacchiani e ridicoli, per altri sublimi e geniali. Di certo i britannici Bal Sagoth non lasciano indifferenti con il loro particolarissimo Black Metal epico e sinfonico, basato su storie di imperi lovecraftiani esistiti primi dell’uomo, che a volte si mischiano con la storia antica reale, il tutto opera della mente del singer e leader Byron Roberts che in questa release numero sette prosegue nel suo stile, alternando black-growling vocal e parti narrate e recitate.
La musica, se vogliamo, si è fatta ancora più epica ed aggressiva, con un maggior lavoro di strutturazione di chitarre ad opera di Chris Maudling, come si vede nella track Invocation Beyond The Outer-World Night, a volte avvicinandosi agli Emperor di Anthems to the Welkin at Dusk. Non mancano, ovviamente, le parti più atmosferiche ed evocative, ad opera delle tastiere di Jonny Maudling, fratello del chitarrista, come nell’incipit di Six Score And Ten Oblations To a Malefic Avatar (la tradizionale lunghezza dei titoli è battutta solo dalla prolissità dei brani, mai veramente noiosi a dir la verità) o nelle parti più sinfoniche e stile colonna sonora, come The Fallen Kingdoms Of The Abyssal Pain. Va sottolineato, però, che in questo lavoro, le parti tastieristiche risultano più digeribili poiché supportate da un riffing di chitarre più articolato e tecnico, in parte dovuto ad una produzione più possente e piena di dinamiche, fattore che è riscontrabile in tutto il lavoro. Il songwriting, forse tra i migliori mai prodotti dalla formazione albionica, palese certe influenze techno-Black (o Thrash infiltrato nel Black moderno) , esaltate dalla prova terremotante del drummer Dan Mullins, supportato da un diligente ed essenziale lavoro del bassista Greenwell; Unfettering The Hoary Sentinels Of Karnak è un alto manifesto di quest’ottima release che riesce a convincere anche i detrattori della five-piece britannico (a volte più disturbati per la magniloquenza delle liriche e dei loro show che per la musica) oppure a stregare che, come il sottoscritto, apprezzava solo tiepidamente i Bal Sagoth.
Un gran bel lavoro, forse tra i migliori della loro già nutrita discografia. Citando i paragoni di un collega di testata concorrente, che aveva definito i Rammstein i Manowar dell’industrial-dance-rock, i Bal Sagoth appaiono come la versione Black del quartetto con le mutande di peluche…ma sembrano maledettamente più seri e coinvolgenti: insomma, questi fanno sul serio, specialmente nella creazione di musica epica! Complimenti e se ne consiglia, quantomeno, l’ascolto.