Assodato il fatto che per suono ne intendiamo le oscillazioni dovute all'aria che si comprime ed espande, vi siete mai chiesti se solo questo potesse propagarsi nello spazio, che musica ne uscirebbe? Tra tossici buchi neri e frenetiche piogge di stelle, quale possa essere il sottofondo musicale che le accompagni? Tra scorribande di meteoriti e galassie illuminate da spirali di luce, quale vibrazione riesca ad arrivare al vostro timpano? Gli M83 evidentemente si e ne hanno costruito da sempre la sinfonia ideale. Già da tempo orientati verso sonorità musicali ben lontane dagli esordi più terrestri e shoegaze, i francesi, o per meglio dire Anthony Gonzales, mente ed artefice del progetto, si riscopre e si riinventa amplificando una portata sonora che raggiunge in questo nuovo lavoro picchi trascendenti lo spazio. Saturdays=Youth è solo un ricordo, le atmosfere circolari ed annacquate vengono così dismesse in favore di un roboante sferraglio elettronico che esalta viaggi interplanetari, vette stellari e si dissemina in questo doppio disco in scontri e balli fra nebulose perdute.
A volte si rischia di essere noiosi e flebili, di cercare apici che risultano invece essere vaporosi e poco concreti. Eppure, questo doppio disco dimostra che appena pensi che tali obiettivi siano fugaci e inconsistenti, che sono come l'acqua nebulizzata le cui gocce si mischiano nell'aria, succede che all'immanenza dell'evaporabile senso di fare musica vengano aggiunti sostanza, materia e stratificazione. Ne nasce Hurry Up, We're Dreaming, sesto album del francese, che tenta di abbattere questo muro di preclusioni e sfondare contro un'esosfera che gli appartiene. Intro è sulla rampa di lancio, Zola Jesus qua è copilota, ma ci abbandonerà presto. L'adrenalina sale copiosa - è normale, il viaggio sarà piuttosto lungo - ma la navicella è pronta, noi siamo pronti e il countdown è quasi scoccato. L'intero viaggio spaziale è disseminato da roboanti tappe che si perdono tra l'oscurità di una dismessa atmosfera terrestre (Midnight City) e sostrati epici di sferragli (Claudia Lewis). Se il silenzio dovrebbe essere la risposta più logica a queste incursioni galattiche, le sinfonie si fanno al contrario di volta in volta più vive e pulsanti travolgendo il nostro timpano in anfetaminici beat futuristici. "You came out of nowhere / Stealing my heart and brain / Flaming my every cell / You make me feel myself" e a quel senso di solitudine che ci incatenava in una terra apatica si frappone in risposta una ritrovata sicurezza di sé: è Reunion. Cavalcate sintetiche si alternano a giochi fluorescenti di stelle, mentre aspettiamo il nostro Treno per Plutone e divaghiamo fra storie psichedeliche di rane allucinogene (Raconte-Moi Une Histoire). Sono colori intermittenti, è pazzia, è sperimentazione è liberarsi dalle catene e spiccare il volo, è il nostro mondo.
Agglomerati interstellari di polvere, catene di stelle, pioggie meteoritiche, costellazioni: non esisterebbe neanche il tempo per viaggiare nell'universo percorribile né tanto meno assimilare le immagini oniriche che ci propone, che il nostro viaggio come buona parte delle cose deve avere tristemente un punto di ritorno (When Will You Come Home) e ne consegue inevitabilmente l'arrendersi all'immensità visionaria celeste imboccando la via di casa (Soon, My Friend). My Tears Are Becoming A Sea imposta in questo senso un grido lacerante che rischia di echeggiare e scomparire nell'intramontabile luminosità delle supernova. Sia il viaggio di andata che quello di ritorno, caratterizzati dai due dischi, possono essere visti in modo speculare, così come buona parte delle tappe che abbiamo percorso; entrambi partono per un certo verso in sordina tra aria rarefatta e backing vocale sussurrati ed esplodono di grado in propulsioni gravitazionali già al secondo pezzo (New Map, qua). Ma se il viaggio d'andata è un simulacro di scoperte, quello di ritorno è un bagaglio di esperienze. La traversate di ritorno è sempre arricchita da qualcosa di nuovo, emozioni, avventure, incontri, Gonzales li trasfigura qua in caleidoscopiche sperimentazione tra downbeat di Ok Pal, ascese selvifiche di Splendor, le muraglie sintetiche di Year One, One UFO, tappeti psichedelici di Echoes of Mine o i tribalismi di Klause I Love You.
Insomma in questo viaggio c'è di tutto e si sviluppa in tutto, tempo e spazio. Il simpatico Gonzales dimostra ancora una volta la sua bravura nel guidare navicelle spaziali ed accompagnarci nei meandri più giocosi e cupi del cosmo, districandosi egregiamente tra tempeste meteoritiche e momenti d'austera ammirazione di crociera. Cosa ci rimane alla fine? Visioni, emozioni, vertigini e se queste non bastassero ad impreziosire le vostre notti, beh, potete anche svegliarvi e credere che sia stato solo un sogno. Anche se ve lo devo dire, Gonzales scherzava. E' tutto reale!