- David Disanto - voce, chitarra
- Erik Nelson - chitarra
- Blake Anderson - batteria
- Frank Chin - basso
1. Cosmic Cortex
2. Echoless Chamber
3. Dying World
4. Tetrastructural Minds
5. Venus Project
6. Dark Creations, Dead Creators
7. Fast Paced Society
8. Outer Isolation
Outer Isolation
Salutato dalla critica specializzata quasi come un miracolo all'interno di uno stantio e sempre più standardizzato panorama thrash metal revival, l'esordio dei Vektor, pubblicato nel 2009 e intitolato Black Future, ha avuto a detta di molti l'effetto di una ventata fresca e liberatoria, finendo per essere etichettato come una delle migliori uscite in ambito technical thrash metal di sempre. Invero, l'operazione compiuta dai quattro giovanissimi dell'Arizona - sui quali sono riposte le migliori speranze di molti metalhead - non si discosta da quella compiuta da un numero spropositato di band di metal più o meno estremo dei nostri giorni: fare quasi esclusivamente affidamento su una tecnica strumentale sopraffina e spropositata, arricchendo le proprie composizioni di sensazionalismi da quattro soldi ed epurandole da ogni tipo di contenuto - se "innovativo" è già eccessivo - quantomeno sincero e genuino. I Vektor, spesso accostati ai Voivod o definiti loro eredi, molto più probabilmente per un'affinità a livello di tematiche ricorrenti che di sound, in realtà non prendono da quest'ultimi la capacità eversiva e l'istrionismo che li avevano resi l'act probabilmente più a sè stante dell'intera storia del thrash, ma si limitano ad attingere a piene mani da album storici del genere quali By Inheritance, Think This, Deception Ignored - nei quali il dinamismo e la violenza del thrash metal venivano uniti ad una ingente dose di tecnica -, ma lasciando trasparire un'evidente autoindulgenza a livello compositivo, oltre che un ovvio anacronismo.
In questo Outer Isolation - uscita che molti non esiteranno a definire addirittura "svolta progressive" - i Vektor tolgono di mezzo parte della prolissità che li caratterizzava - da rintracciarsi soprattutto nel guitarworking - ma la reinseriscono sottoforma di espedienti che, se da un lato rendono il sound più colorito, dall'altro lo riempiono di banali clichè, combinandosi una proposta oltremodo pomposa che va ad accentuare, anzichè ridurre, i difetti dell'album precedente. Difatti, se le scorribande solistiche dei due chitarristi si riducono leggermente, in quanto alternate a intermezzi acustici o a sezioni mid-tempo, sono però costruite spesso su strutture rubate al repertorio classico, e che peccano di scarsa incisività.
I dieci lunghi minuti dell'opener Cosmic Cortex contengono già tutti i punti deboli dell'album: il brano, che si apre con una lunga e superflua intro ambient-acustica prepara il terreno per un'efferata lotta al chitarrismo più spericolato, interrotta solo nelle sezioni meno dinamiche, al contrario caratterizzate da un riffing dilatato che richiama vagamente i recenti lavori di Ulcerate e Deathspell Omega e in cui la sezione ritmica si esprime con i risultati migliori, strizzando l'occhio al jazz. Anche la prova vocale di David DiSanto è sottotono, essendo perlopiù statica nelle sue urla stridule e fastidiosamente acute.
Lo stesso discorso vale per i due brani successivi: Echoless Chamber e Dying World mostrano un riffing dal piglio sinfonico - seppur graffiante - su ritmiche ora più ora meno forsennate, mentre Tetrastructural Minds si scosta dalla linea guida dell'album citando timidamente il death metal melodico svedese, risaltandone però solamente i lati negativi e finendo per essere forse il brano più catchy del lotto. Venus Project è arricchita di un maggior numero di manierismi pseudo-prog e ostenta una raffinatezza veramente poco sincera, e nonostante lo stesso valga per Dark Creations, Dead Creators, che condensa tutta la proposta dei Vektor nei suoi tre minuti di durata, è probabilmente questo il pezzo meglio riuscito, insieme al successivo Fast Paced Society, nel quale le citazioni al thrash anni '80 vengono cucite su una struttura più genuinamente progressive metal, condita da singolari stridori chitarristici e voci distorte. A chiusura dell'album Outer Isolation fa quasi il verso all'opener, ricalcandone la struttura ma con risultati addirittura peggiori.
In definitiva quindi, se l'hype che si è creato intorno a questa giovane band era infondato già dall'esordio, con la seconda uscita appare addirittura irragionevole, se si considera che anziché un'auspicabile maturazione è giunta una conferma dei limiti che caratterizzano non solo i Vektor, ma l'intero movimento del thrash metal al giorno d'oggi.
Il carpentiere non costruisce una casa per piantare chiodi, ma pianta i chiodi per costruire una casa; ecco, i Vektor fanno esattamente la prima cosa.