-Andrea Appino
-Ufo
-Karim Qqru
-Giorgio Canali
-Alessandro Fiori
-Ministri
-Dente
-Enrico Gabrielli
-Il Pan Del Diavolo
01. Nel Paese che sembra una scarpa
02. L'amorale
03. Nati per subire
04. Atto secondo
05. I qualunquisti
06. La democrazia semplicemente non funziona
07. Il mattino ha l'oro in bocca
08. Franco
09. Milanesi al mare
10. Ragazzo eroe
11. Cattivo pagatore
Nati Per Subire
Quando si ha a che fare con gruppi dalla lunga gavetta e dal suono ormai consolidato, si cade spesso nell' errore di limitare il soggetto con i soliti aggettivi musicali. Prendiamo ad esempio gli Zen Circus, da sempre confinati su termini come quello del folk-punk che mal descrivono la loro carriera. Partiti in sordina con un progetto all' insegna del DIY più totale ( con il nome di Zen), seppero immergere questo spirito su fiumi di arrangiamenti garage-blues nei primi due lavori, Visited by the Ghost of Blind Willie Lemon Juice Namington IV, appena ristampato in occasione dei dieci anni di attività, e Doctor Seduction, per poi dedicarsi ad un folk-rock tout court in Villa Inferno, in cui ebbero l' occasione di confrontarsi con uno dei diretti maestri dei Violent Femmes, non prima di un buon album di assestamento come Vita e Opinioni di Nello Scarpellini, Gentiluomo, peraltro primo album a presentare il cantato in italiano. Adesso, che il successo su scala nazionale è stato ottenuto grazie al concept Andate Tutti Affanculo, il trio pisano ci prende gusto confermando una tracklist tutta in italiano che sappia affrontare tutti i casi nostrani succedutisi in questi ultimi anni: si va dall' emigrato in difficoltà fino all' apparato democratico, cantati come loro solito con fare scazzato e disincantato.
Peccato solamente che questa sia la sola prerogativa mantenuta per il nuovo act Nati Per Subire, il primo disco ad essere totalmente gestito da una delle etichette italiane più importanti attualmente, ovvero La Tempesta. Una delle caratteristiche più lodevoli della suddetta label è quella di saper aggiungere ( o richiedere) dai lavori prodotti una patina di buon ( power) pop sicuramente necessario per raggiungere i ( seppur onestissimi) propositi rincorsi da qualche anno a questa parte: purtroppo anche gli Zen Circus acquisiscono tali dolci melodie, e la presente caratteristica a conti fatti è forse la causa principale dell' assoluta impalpabilità di certe tracce, davvero numerose tra le undici in scaletta ( comprensiva di una ghost track). Il flop assoluto è da identificarsi in La Democrazia Semplicemente Non Funziona, un brano devastato da ghirigori inutili - quale ad esempio la partecipazione di un Giorgio Canali fuori luogo - al cui insuccesso probabilmente si deve pure l' assenteismo più totale di una ritmica che sappia essere originale. Altro tema penalizzante sono le liriche di Appino, che per la prima volta riescono nella non facile impresa di sfaldarsi sotto i colpi di riferimenti derivativi in grande quantità ( I Qualunquisti), atti molto probabilmente anch' essi a coprire una carenza espositiva fuori dal comune - "Nata consapevole di essere una donna / perché un minuto dopo le han già messo su la gonna" nella title-track cita maccheronicamente gli Uochi Toki - ed inespressiva più che mai, sebbene i temi trattati siano tuttora sulla cresta dell' onda. Tra temi già sentiti e strasentiti, come ad esempio Nel Paese che sembra una scarpa, in cui però si riesce a riprendere credibilmente un mood da Sergio Leone, la sensazione che imperversa maggiormente è quella di assistere ad una casuale heavy rotation di canzonette pop-rock basati ora su versi baldanzosamente cantautoriali ma eccessivamente pretenziosi e prolissi, ora sul più facile esempio di indie-rock caratterizzato sempre dai soliti schematici lineamenti ( Milanesi al Mare). A risollevare le sorti del disco concorrono solamente due brani, l' uno frutto di certe linee acide presenti in passato ( L' Amorale) e l' altro ottimamente malleato dal fenomeno Alessandro Fiori ( la finardiana Franco), mentre in chiusura troviamo la tradizionale Ragazzo Eroe e la tediosa Cattivo Pagatore, che fa da eco a Canzone di Natale, ballata finale del precedente album.
A fine disco non può che essere tanta l' insoddisfazione per ciò che erano le premesse, a dir poco rassicuranti se consideriamo l' attenzione che molti addetti ai lavori avevano riservato per questa uscita e per la buona reputazione che l' etichetta stessa ha in sè, tramutatesi ben presto nei limiti più marchiani ed evidenti di Nati Per Subire. A partire dal mix confusionario quanto piacevole per chi ama le canzonette fine a sè stesse di grossolane influenze pop-rock, per concludere con un impianto espressivo molle e rassegnato, il nuovo album degli Zen Circus, fiore all' occhiello della musica folk italiana, si rivela un autentico passo falso, nonché disco dalle potenzialità commerciali indiscutibili. E il che stona se rapportato con la qualità ed il talento che il gruppo fino ad ora ci aveva riservato. Senza ombra di dubbio li preferivamo quando, pur di inseguire il mito di Robert Johnson, si arrangiavano, suonando a volte persino un solo strumento pur di non scendere a patti con i cliché della musica moderna.