Voto: 
7.5 / 10
Autore: 
Gabriele Bartolini
Etichetta: 
Universal
Anno: 
2011
Line-Up: 

-Alberto Ferrari
-Luca Ferrari
-Roberta Sammarelli
-Mirko Zanga
-Stefano Rossi
-Ettore Begnis
-Marco Lorenzi
-Flavio Bombardieri
-Stefano Galli

Tracklist: 

CD 1:

01. Scegli me ( Un mondo che tu non vuoi)
02. Loniterp
03. Per sbaglio
04. Mi coltivo
05. Razzi arpia Inferno e fiamme
06. Adoratorio
07. Miglioramento
08. Il nulla di O.
09. Lui gareggia
10. Le scarpe volanti
11. Castelli in aria
12. Sorriso in spiaggia Parte 1
13. Sorriso in spiaggia Parte 2

CD 2:


01. Attonito
02. E’ solo lunedì
03. Tu e me
04. Badea blues
05. Nuova luce
06. Grattacielo
07. A cappello
08. Rossella Roll Over
09. Canzone ostinata
10. 12,5 mg
11. Sul ciglio
12. Letto di mosche
13. La volta
14. Lei disse (un mondo del tutto differente)

Verdena

Wow

Se c'è un gruppo che nella sua carriera ha provato a deviare il suono dei primi dischi in qualcosa di sempre più particolare e sperimentale, questi sono sicuramente i Verdena. Ma, allo stesso tempo, fondamentali per evitare dispersioni stilistiche che porterebbero altrimenti l' etichetta di eterni sconosciuti sono stati alcuni fondamentali fattori. La rabbia e tutti quei rimandi ad una negatività puramente grunge, prima di tutti, ed anche un talento compositivo spaventoso del frontman Alberto a cui lui stesso non ha mai voluto dare un freno. Cattivi, feroci ed infelici in occasione del loro album d' esordio omonimo, dove un hard-rock possente e rabbioso in pieno stile L7, ma soprattutto Melvins, si fonde con una tale acidità da far pensare a nomi come Nirvana e Motorpsycho ( con il solito Giorgio Canali in fase di produzione, una garanzia). Altrettanto pericolosi e diretti nelle successive due uscite, Solo un Grande Sasso e Il Suicidio del Samurai, ma non per questo scevri dall' acquisire un suono più coeso e carico di una nuova psichedelia folk dove si attinge dai R.E.M. quanto dai Pink Floyd, che saprà donare un vero volto al trio ( nel quale faranno da comparse nel corso di pochi anni due altri membri) bergamasco ed far acquisire una fama che da lì in poi andrà di pari passo con lavori ( qualcuno già citato) di spessore. Dopo il meritato successo riscosso in seguito alla pubblicazione de Il Suicidio del Samurai, con Luna in testa e tutto ciò che ne consegue, il successivo Requiem rivelò una vena artistica mai così a briglia sciolta, riversando sul suddetto disco in gran parte autoprodotto il naturale next step del loro suono, ovvero scheggie sonore collocabili tra il classic rock di Led Zeppelin e la liquidità hard di Queens of the Stone Age liberate in modo affatto ragionato ( limite abbastanza pesante del disco) ma anzi con un urgenza che ancora oggi appare ardua da comprendere.

Dopo un periodo durato circa quattro anni, uno in più dei canonici tre con cui i Verdena erano soliti ripresentarsi al pubblico, è uscito il 18 Gennaio Wow, quinto disco della band ( escludendo i due demotape) che ha tutte le credenziali per essere anche il più pretenzioso e avanguardista. Prodotto presso lo studio Henhouse e suddiviso in due CD per un totale di ventisette canzoni ( ed una durata complessiva di ottantatre minuti), Wow dei precedenti lavori conserva solamente la velocità di esecuzioni ( in alcuni casi) ed un citazionismo che sembra essere diventato uno dei loro connotati più marcati, oltre naturalmente al nonsense.

La caratteristica più evidente del disco è che esso non si vuole far identificare con un preciso genere, mostrandosi sempre più proprio dei Verdena con lo scorrere dei brani. In una recente intervista il trio ha dichiarato che questo nuovo disco voleva essere una risposta dal messaggio positivo rispetto al pessimismo cosmico e denso di Requiem, ma il risultato finale evidenzia ben altri risultati: Wow, semmai, è ancora più schizzato ed inquietante, un' opera pop dai connotati strettamente rock che rinfresca un suono mai così particolare e suggestivo, dai tratti pacati tipici del pop più frenetico e psichedelico ma anche rabbiosi e tremendamente incendiari dall' interno. Stiamo parlando di qualcosa estremamente sensibile, balearico ed ipnotico negli anthem semi-acustici che catturano esperti ed ignari ma anche di melodie quadrate, lineari ed emotive appartenenti solamente ad una forma di post-punk a spasso con un rock, ancora una volta acido ed in pieno stile grunge, di pura matrice sperimentale. Wow è debole ed indifesa inadeguatezza unita ad una potenza emotiva in fatto di abilità negli strumenti, mai variegati come adesso ( si passa dalla fisarmonica allo djambè), che si sposa con testi senza senso pullulanti di riverberi da anthem apocalittico, tanto da far pensare ad una divina commedia della malinconia. Il disco stralunato che ti aspettavi da un bel pò di tempo dai Verdena, che le credenziali per produrre un disco del genere ce le hanno sempre avute. Dagli sketch impulsivi ai brani dalla struttura più consueta, domina su tutto e tutti naturalezza espressiva che non accenna mai a perdere di significato con lo scorrere dei brani e che contraddistinguerà inevitabilmente anche le esecuzioni dei Verdena.

A scandire i ritmi dei due CD prima ancora che l' ensamble di chitarre regna sopra tutti un pianoforte che ricollega il trio al miglior Lucio Battisti, coincidente con l' atmospheric opera Anima Latina, da molti considerato uno dei pochi capolavori di prog mediterraneo prodotti in Italia dopo Aria di Alan Sorrenti. Il resto sposta le sorti del disco su esecuzioni tirate e nervose, comparabili al noise-rock del disco omonimo dei Liars ( non quelli dell' amato/odiato Sisterworld), tra cui si insinuano brani coriacei ed elettrizzanti, in pieno stile MGMT ( con cui hanno condiviso il palco in tour), ma anche riscontrabili con l' alternative-folk dei Grizzly Bear di Veckatimest o le geometrie ben delineate di nomi come Interpol. Ed ecco spuntare dal ricco lotto di brani per prima Razzi Arpia Inferno e Fiamme, una costruzione totalmente acustica virata da un mood psych avvolgente e tiepido, e Scegli Me ( Un Mondo Che Tu Non Vuoi), con quel pianoforte oscurato dall' irregolarità di tastiere e batteria. Non solo: nel primo CD a rincarare la dose giungono in soccorso la carica del migliore post-punk di Loniterp ( anagramma di Interpol, appunto) e le percussioni al vetriolo di Mi Coltivo, prima di affrontare la vena tipicamente italiana che ha influenzato Alberto e che viene testimoniata dalla carica di Miglioramento e dalle due oasi di stampo classico di Sorriso in Spiaggia pt. I e Sorriso in Spiaggia pt. II. Da non prendere sottogamba nemmeno i vari intermezzi e le parti strumentali, dalla pazzia trash de Il Nulla di O., la vena bluesy di Lui Gareggia o la malinconia sinth-pop dai tratti alieni di Le Scarpe Volanti.

Il secondo CD si apre con l' adrenalinica Attonito, ma è con E’ solo lunedì che il gruppo sembra ingranare ancora una volta la marcia giusta, riuscendo a fluttuare su un Morricone in versione angelica e una riproposizione di una dadaumpa hard. Tu e Me e Canzone Ostinata spezzano il ritmo ancora una volta con delle semplici ed essenziali chitarre, mentre su Grattacielo bisogna riprendere il paragone prima fatto con Battisti, qui velocizzato con fare di chi vuole richiamare certe sonorità da spiaggia. Improvvise e solo in apparenza semplici gli act al rallenti di Badea Blues e A Capello, ma si può facilmente avvertire che anche in questi episodi spogli e scarni i ritmi sono sempre ossessivi e testardi, tanto da catturare l' ascoltatore ed indurlo a pestare il piede seguendo il ritmo. Nuova Luce è da catalogare tra gli episodi più puliti e pop, mentre l' attacco di Rossella Roll Over, che vuole essere un tributo a Ob-La-Di, Ob-La-Da, assomiglia molto di più ai sinth danzerecci del gruppo di VanWyngarden, per poi sbizzarrirsi ancora una volta con mellotron e percussioni. La chiusura è riservata a Letto di Mosche e Lei Disse ( Un Mondo Del Tutto Differente), che spargono melanconia a iosa con voci spezzate e testi intrisi di rassegnazione.

L' impressione è che stavolta i Verdena l' abbiano fatta grossa, davvero grossa. Forse mai come adesso in Italia nessuno si era esposto così tanto modernizzando, ma al contempo snaturando, la propria indole di anti-rockstar per andare ad incidere un disco del calibro di Wow, che potremo definire come un pastiche di pop-rock da Deerhoof datisi alle melodie nostrane. Un' avventura tra pianoforte, cori e voci bianche che per fortuna non ha niente di catartico, ma che anzi si completa in maniera assurda con mille complicati strumenti, capaci di dare le più disparate e sofisticate sfumature ad un suono che nasce quasi sempre scarno per poi completarsi nel corso del brano. Niente da aggiungere, il trio bergamasco stavolta ha centrato in pieno il bersaglio, riuscendo a far elevare la propria immagine sopra a qualunque inutile discorso sull' esistenza di scene indie o non indie italiane. I Verdena invece sono una certezza, e se volete continuare ad ascoltare dischi sperimentali ma al passo con i tempi come Wow, dovrete chiede solo a loro in futuro.

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