Voto: 
7.4 / 10
Autore: 
Luca Pasi
Etichetta: 
Vice
Anno: 
2011
Line-Up: 

- Sune Rose Wagner - chitarra, strumenti, voce
- Sharin Foo - basso, voce

Tracklist: 

1. Recharge & Revolt
2. War in Heaven
3. Forget That You're Young
4. Apparitions
5. Summer Moon
6. Let Me on Out
7. Ignite
8. Evil Seeds
9. My Time's Up

Raveonettes, The

Raven in the Grave

Non sono molti i gruppi che possono vantare un repertorio prolifico come i The Raveonettes, questo a livello quantitativo, figuriamoci poi quello qualitativo. Con questo Raven in the Grave i danesi raggiungono la loro settima uscita in dieci anni e nonostante ciò non sembrano aver perso alcuna traccia di smalto, differenziandosi da tutti quei gruppi pseudo revival che dopo due o tre album hanno perso mordente e il più delle volte sono finiti nel dimenticatoio.

Ma qual è il segreto per durare nel tempo? Si dice che a furia di riproporre la stessa formula per decenni si rischia di perdere appeal, di sicuro non è la strada che hanno intrapreso Sune Rose Wagner e Sharin Foo che in questi dieci anni hanno saputo costruire e distruggere un suono che si è trasformato ed evoluto nel tempo, partendo dal noise-pop degli esordi e di Lust Lust Lust, passando per il garage-rock romantico di Pretty in Black fino all'elettronica dell'ultimo In And out of Control, uscito nel 2009. Ed è proprio sulla base di quest'ultimo album che i danesi sono tornati a demolire un suono che faceva delle hit orecchiabili e tipicamente estive il suo punto di forza. Certo addentrarsi in territori non propri è rischioso, ma se lo fai con l'arguzia dei danesi che hanno saputo mantenere la propria essenziale e visibile matrice, difficilmente potrai sbagliare.
 
Ora, immaginatevi In And Out of Control, toglieteci il sole, l'estate e le vacanze, aggiungeteci distorsioni, synth, feedback e compressori, trasportate tutto in iperuranio senza tempo ed eccovi servito Raven in the Grave. Se il primo era luce, il secondo è ombra, se il primo era solare e proclamava l'essenza del divertimento, il secondo è tetro, oscuro e funereo; due album che vanno a comporre le facce opposte di una stessa medaglia, quella dei Raveonettes. Come proveniente da una vecchia pellicola in disfacimento da oblio, il 'corvo nella tomba' propone liriche più introspettive legate sia alle imposizioni dell'esistenza umana e alla guerre interiori che imperversano l'uomo, sia a temi più leggeri riguardanti le relazioni amorose.
Questo alone mistico che aleggia lungo l'intera opera è creato magistralmente sia dall'utilizzo di pedali wah wah che intervengono appositamente a dilatare lo spettro sonoro e creare atmosfere sognanti, come nell'iniziale Recharge & Revolt, sia dall'utilizzo di un'elettronica midtempo e quasi robotica che trasporta l'ascoltatore in un mondo futuristico (Apparitions).
Queste schegge di canzoni partecipano alla sostanza dell'album che si snocciola in meno di 40 minuti. Vi sono anche guizzi più pacati in cui divampa la fiamma di sentimenti che vanno verso una rassegnazione senza uscita (Let Me On Out) in cui gli echi riverberati fanno da padrone, per ripiombare pochi secondi dopo nella diperazione e nel pessimismo di Ignite (What if I could run now / What if I could die / What if I could make my heart explode and never cry). Un piano tetro apre le porte ad una cemiteriale Evil Seeds, in cui le tinte cupe aleggiano qui al cospetto di ritmi ossessivi e chitarre lisergiche che lentamente accelerano e si rincorrono per poi affievolirsi nell'oscurità dell'oltretomba lasciando spazio ad una più riflessiva My Times Up.
 
I nostri si riconfermano così in un pop-gaze disteso e privo di sbavature, che attesta qui come non mai l'incredibile talento compositivo del duo danese e che riesce a mantenere alta l'essenza di una band ormai compiuta, in un lavoro che non suona mai scontato o, peggio, di già sentito.
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