Jukka Pelkonen – vocals
Markus Vanhala – guitars
Aapo Koivist – keyboards
Toni Maki – bass
Jarmo Pikka – drums
1. Everfields (9:17)
2. Ego (4:07)
3. New World Shadows (6:00)
4. Soul Journeys (4:54)
5. Nova Flame (4:10)
6. An Infinite Mind (5:43)
7. Watcher Of The Skies (4:17)
8. The Distance (3:59)
9. Deep Cold (9:29)
New World Shadows
E’ evidente ormai che il metal nordico, al di là delle sottili differenze interne fra soluzioni più ravvicinabili al death ed altre meglio assimilabili al doom, abbia avuto nel decennio scorso una fioritura talmente rigogliosa e colorata da oscurare praticamente tutto ciò che ne è seguito e ne seguirà, perché è chiaro che, anche senza dedicarsi ad affannosi lavori di certosina ricerca, ben difficilmente potrà uscire sul mercato discografico qualcosa che, in grande o minima parte, non sia stato già scritto e sentito anni prima. Semplicemente, chi se ne importa: sarebbe totalmente inutile e persino controproducente rinnegare quelle propensioni naturali che negli anni hanno pressoché caratterizzato le produzioni musicale scandinave, in quanto è la stessa posizione geografica, le stesse condizioni climatiche, la stessa concezione dell’esistenza stessa a rendere svedesi e finlandesi in particolar modo adatti a tradurre in musica e parole quelle sensazioni, quelle visioni, quei profumi del circolo polare artico. Detto ciò, è evidente come un banale scimmiottamento di certe precise sonorità non riservi assolutamente nulla di interessante e contribuisca in negativo a diffondere l’opinione comune (e ormai dilagante, purtroppo) che il melodic death metal al pari del doom metal siano ormai esauriti, che si trascinino stancamente in un perpetuo auto riciclarsi, completamente svuotati di qualsivoglia spunto di personalità.
New World Shadows, quinto studio album degli Omnium Gatherum, è l’esempio perfetto di come ancora oggi sia possibile reinterpretare il metal nordico con grande varietà, con ammirevole coerenza e soprattutto con un’identità spiccata e fortemente riconoscibile. Al di là delle palesi e molteplici ispirazioni, che spaziano dalla potenza firmata In Flames della gloriosa stagione pre-Reroute To Remain alla sensibilità cupa e progressive degli Amorphis di Elegy per finire con la glacialità distante e avvolgente degli Insomnium di Across The Dark, la formazione finlandese dimostra di avere molte idee e molto chiare, riuscendo nell’intento di introdurre all’interno della sua proposta più tradizionalmente doom/death numerosi elementi di power metal ed industrial metal, generando così un sound estremamente variegato ed accattivante che vince quella generale sensazione di torpore che solitamente esala dalla lunga progressione di queste sonorità grazie a spunti di totale esaltazione, capaci di rendere immediatamente riconoscibile non soltanto la matrice creativa della band ma anche ogni singola traccia di questo fulminante disco. I crescendo epici di Ego, perfettamente accoppiati alla grezza brutalità del drumming in levare, esaltano le prime impressioni di cui sopra, frutti di un songwriting decisamente maturo ed astuto, perfettamente in grado di manipolare le dinamiche interne alle partiture così da eludere puntualmente le attese, alimentando la curiosità di chi ascolta e impendendone la sormontante noia. Non mancano ovviamente episodi più canonici, ma anch’essi vengono arricchiti di pochi ma significativi tratti personali: Soul Journeys presenta una sezione centrale dal pathos semplicemente ammaliante, capace di tratteggiare in pochi rintocchi di tastiera quei paesaggi e quelle emozioni che caratterizzano l’intero album sin dal titolo, mentre Nova Flame, in perfetta corrispondenza col proprio incipit, si rivela groovy e coinvolgente sin da principio, lasciandosi cavalcare con trasporto e calore per tutta la sua (contenuta) durata ancor più di The Distance, traccia decisamente brillante e moderna che ha il solo demerito di non concretizzare la furia trascinante della sezione ritmica in un chorus realmente esplosivo e vibrante. L’unico momento di effettivo smarrimento è dovuto all’ingombrante presenza della coppia costituita da An Infinite Mind e dalla strumentale Watcher Of The Skies, con la prima che sprofonda nella più tetra impalpabilità e la successiva che, ad eccezione della lunga introduzione acustica, non riesce mai a colpire nel segno, colpa di una totale prevedibilità che la rende come noi mai impenetrabile e fredda, nel senso più negativo nel termine.
Tuttavia, anche questo lungo e improvviso calo di tensione non smarrisce il valore intrinseco di un lavoro compatto ed estremamente gradevole che restituisce agli Omnium Gatherum una collocazione decisamente più prestigiosa e gratificante all’interno di una scena metal, quella nordica, che reclamava a gran voce nuova linfa vitale: quest’ultima ha quindi le forme suadenti di un melodic death metal moderno ed espressivo (si prenda a esempio la titletrack, con quelle clean vocals così tradizionali eppur così poco impiegate…), dalle sfumature atmosferiche esaltate a dismisura dalla cristallina produzione di Dan Swanö e i suoi Unisound studios, arricchito di passaggi feroci ma mai brutali in cui il growl piuttosto canonico eppure caldo di Jukka Pekkonen pare trovarsi a meraviglia, e capace di slanciarsi in costruzioni articolate a sufficienza per richiamare alla memoria certi ardimenti opethiani. Sia chiaro, New World Shadows non aggiunge nulla di sostanziale ad un genere ormai completamente sviscerato e attraente soltanto per gli amanti più fedeli come per coloro che avessero l’ardire di avvicinarvisi per la prima volta, eppure riesce ad inserirsi al suo interno con quella giusta dose di orgogliosa personalità della quale, dopo ben 4 studio album, iniziavamo seriamente a dubitare; quella necessaria impronta personale che fa la differenza, oggi, fra chi si limita a omaggiare, ricalcare, copiare e chi, invece, cerca di rivisitare, rielaborare, reinterpretare a modo proprio. Come gli Omnium Gatherum.