Voto: 
8.7 / 10
Autore: 
Alessandro Mattedi
Etichetta: 
Century Media
Anno: 
1995
Line-Up: 

- Anneke van Giersbergen - voce
- René Rutten - chitarra, flauto
- Jelmer Wiersma - chitarra
- Frank Boeijen - tastiera
- Hugo Prinsen Geerligs - basso
- Hans Rutten - batteria, tamburello
 

Tracklist: 

1. Strange Machines (06:04)
2. Eléanor (06:41)
3. In Motion #1 (06:56)
4. Leaves (06:01)
5. Fear the Sea (05:49)
6. Mandylion (05:01)
7. Sand and Mercury (09:57)
8. In Motion #2 (06:07)

Gathering, The

Mandylion

Nel campo della musica Dark e Metal ci sono varie correnti che si sono differenziate su determinati aspetti riconducibili all’enorme filone definito “Gothic”. Alcuni gruppi trasmettono sensazioni di base spettrali, altri si concentrano su di una tenebrosità più macabra, altri si fanno carico di un decadentismo psicologico e di un mal d’essere interiori, altri richiamano a sé un certo spirito folkloristico più cupo. Altri ancora invece si fondano su di un romanticismo malinconico particolarmente vissuto. E di nuovo altri ripescano elementi classicheggianti, per l’uno o l’altro innesto nella loro musica. Gli esempi sono diversi, ed ovviamente ci sono anche i compromessi, le innumerevoli varianti o le commistioni.

Nel campo metal quindi la musica definita gotica (e anche il Doom, spesso accostato al Gothic ma con radici diverse) è stata spesso accusata di essere un genere “non-vero-metal” essendo decisamente più lenta e atmosferica degli standard imposti da Iron Maiden e Judas Priest. Appare subito ovvio che è un discorso inutile e insensato, soprattutto perché così facendo si rischia di sminuire gruppi storici che si sono ritagliati la propria nicchia nel settore e l’hanno riempita con un approccio artistico invidiabilissimo. Fra questi gruppi vanno citati sicuramente gli olandesi The Gathering, fra i primi seminali gruppi gothic metal e che iniziano a conquistarsi la consacrazione ufficiale e i consensi della critica nel 1995 con il loro terzo album, guidati dalla carica emotiva dei chitarristi René Rutten e Jelmer Wiersma, il solido impianto ritmico di Hugo Prinsen Geerligs e Hans Rutten e gli sterminati scenari dipinti dalle tastiere di Frank Boeijen.

Con la pietra miliare Mandylion i The Gathering iniziano la lunga e proficua collaborazione con la cantante Anneke Von Giesbergen, testa di diamante del full-lenght con la sua potente ma vellutata voce carica di enorme emozione e personalità. Lo stile della band inoltre, allontanandosi molto dal gothic tetro e opprimente degli esordi, si evolve in un un Gothic/Doom metal ricercato particolarmente intenso ed evocativo, a tratti sinfonico per via dei tappeti di tastiere atmosferiche, ma con un certo sapore esotico mutuato dall'ethno/dark dei Dead Can Dance (omaggiati anche nella copertina dal gusto "tribale") a testimonianza del campionario di fonti d'ispirazione vasto e multisfaccettato del gruppo (a cui si potrebbe aggiungere un approccio più psichedelico nel songwriting, a differenza di diversi epigoni che si sono adagiati invece su cliché melodici sbrodolati e ripetitivi).
Il disco, costruito con raffinata eleganza ed una personalità cristallina, risulta molto emozionante per via degli intensi assoli e ricercato nella costruzione melodica, il che non impedisce una certa propensione verso la struttura poliedrica - non troppo comunque. Al contempo si assumono dei ripetuti motivi lenti e cadenzati che esaltano i tratti Doom nella musica. Il concept lirico è la crema di questa torta sopraffina con un romanticismo carico di passione e di ardore ma anche di molta malinconia e di decadentismo sofferto.

L’iniziale Strange Machines è un biglietto da visita eccellente per la nuova formazione, mentre i riff meccanici sono un tutt’uno con le atmosfere di tastiera e lasciano entrare appieno nel vivo della canzone. Un oscuro tappeto iniziale di tastiera introduce invece Eléanor, modulata lentamente mentre Anneke sostiene il tutto con la sua angelica voce in preparazione del chorus più veloce e ancora più intenso. La prima parte di In Motion si costruisce su giochi di melodie esotiche e la forte voce di Anneke che fanno da padroni, fino all’assolo lungo, sentimentale e malinconico. Il dolce arpeggio di Leaves riporta subito alla mente le importanti influenze Goth e Darkwave ottantiane, ma subito tornano riff distorti, ripetuti e macabri, che fungono da base per i giochi vocali dell’ugola di Anneke. L’assolo si fa più rilassato ed onirico e culla l’ascolto fino al ritorno dei refrain. Fear the sea trasmette subito sensazioni impetuose e sensazioni appassionate, come una scarica leggera al tatto ma capace di colpire a fondo e duramente. I lunghi intermezzi riempiono l’atmosfera di una consistenza palpabile a mano nuda. La titletrack Mandylion è una parentesi strumentale che lascia senza respiro: l’infuocato flauto, le percussioni tribali, il forte sfondo di synth-strings e il breve intervento di Anneke che intona il suo canto angelico... un amalgama denso ed etereo che fa percorrere in un lampo immensi scenari e distese lontanissime, figlio delle esperienze più mesmerizzanti di certa dark-wave ottantiana e del dark-ambient anni '90. La lunga suite di Sand and Mercury (quasi dieci minuti, la più lunga dell’album) sembra un’altra strumentale, ma a metà brano passata Anneke scende in campo di nuovo per cantare effettivamente. È il picco del Gothic Metal dell’album, con immensi intrecci di tastiera e di chitarra distorta che ricreano le atmosfere più evocative e anche più oscure dell’album arrivando a costruire una cupa ed inquietante perla sinfonica. L’angusto monologo finale ci fa trattenere il respiro prima che inizi la seconda parte di In Motion, che conclude il disco con le sue tenui orchestrazioni di viola e contrabbasso che accompagnano il passionale canto di Anneke e le corrosive distorsioni in un contrasto dolce-amaro dal sapore decadente ma elegante.

Con questa opera i The Gathering si posizionano nell’olimpo delle band dark pesanti e pongono un punto di riferimento imprescindibile per moltissime band gothic successive: i gruppi venuti negli anni seguenti, sia con voce femminile (come i primi Theatre Of Tragedy, i The Provenance o i Lacuna Coil) sia senza (come i Madrigal), si sono dovuti confrontare con l’imponente statura del complesso olandese e trarne importanti influenze; spesso però riuscendone fortemente sconfitti, perché il "metal gotico" negli anni successivi sarebbe diventato un trend spesso scarsamente creativo ed eccessivamente propenso a riproporre stereotipi molto più blandi e banali, privi di reale spessore emotivo, tutto fumo e niente arrosto, seguendo coordinate stilistiche per nulla originali e pur tuttavia molto "cool" e radio-friendly.

Un’opera mastodontica Mandylion, di enorme pathos e ricchezza musicale, merito del genio che questo sestetto dei Paesi Bassi ha saputo dimostrare e che, pur non iniziando ufficialmente la corrente, è stato un punto di riferimento di notevole influenza per molti gruppi da cui hanno fortemente attinto - e che a volte hanno anche saccheggiato a piene mani.

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