A distanza di tre anni dalla loro prima data italiana di sempre, tornano a Milano i leggendari Rush, formazione che, nel giro di quasi quarant’anni, ha saputo unire i diversi volti della musica Rock come mai nessun’altro, trasformando ogni singola nota in autentica magia. Quella del 23 ottobre si preannunciava quindi come una serata assolutamente memorabile, e così infatti è stato.
L’unica tappa italiana dello Snakes & Arrows World Tour 2007 porta la firma della Barley Arts, stessa agenzia che tre anni fa organizzò lo storico concerto del MazdaPalace. Rispetto ad allora alcune cose sono cambiate: i Rush hanno dato luce ad un nuovo ed entusiasmante album, oltre che a due preziosi DVD; il luogo dell’evento si è spostato da Milano alla vicina Assago, dove si trova il rinomato DatchForum, palazzetto dalla capienza maggiore rispetto a quello che un tempo veniva chiamato MazdaPalace (oggi PalaSharp); il prezzo dei biglietti si è drasticamente alzato, motivo per cui molti fan della band hanno deciso di non prendere parte alla serata. Dai quasi quaranta euro del 2004 si è passati agli oltre cinquanta di quest’anno (sessantacinque per la cosiddetta tribuna Gold), senza contare i salatissimi diritti di prevendita. La ragione è soltanto intuibile e difficilmente potrebbe dipendere dalle attrezzature utilizzate durante lo show. Chi conosce i Rush sa però che un loro concerto dal vivo non ha prezzo, restando un ricordo scolpito per sempre nel cuore. Non a caso gli appassionati accorsi al DatchForum sono più numerosi del previsto (pur restando lontani dall’agognato sold out). Già nei dintorni del palazzetto ci si accorge purtroppo di quanti bagarini siano presenti e di come operino indisturbati, in modo fastidioso e addirittura invadente, persino davanti alle forze dell’ordine.
Nonostante un discreto ritardo nell’apertura dei cancelli, il concerto inizia regolarmente alle nove in punto. Lo spegnimento delle luci dà il via allo spettacolo, introdotto, come vuole la tradizione, da un divertente filmato realizzato appositamente per lo Snakes & Arrows World Tour 2007. Ad aprire la performance vera e propria ci pensa invece la classica Limelight, seguita dall’altrettanto valida Digital Man, contraddistinta da un pregevole nonché esaltante assolo di chitarra. Fin dai primissimi minuti del concerto, i tre musicisti di Toronto sembrano confermare quanto in giro si dice riguardo la loro abilità in sede live. Presi singolarmente, Geddy, Alex e Neil sono “semplicemente” tre grandissimi musicisti, straordinari sia dal punto di vista tecnico che compositivo. Quando però uniscono le proprie forze per dar vita ad un live show, i tre canadesi mostrano tutto il loro affiatamento, un’intesa senza eguali che perdura da oltre trent’anni. E se talvolta un DVD può rendere l’idea, vedere di persona i tre sullo stesso palco suscita emozioni indescrivibili. Anche quelle poche volte in cui il brano proposto non è dei migliori (il caso di Entre Nous), non è possibile restare indifferenti a tanta classe. Ecco perché, nonostante un prezzo sicuramente esagerato ed una setlist discutibile, il concerto del DatchForum era un evento da non perdere.
Prima di dare spazio ai nuovi pezzi, i Rush deliziano il proprio pubblico con due autentiche gemme: Mission e Freewill. Se la prima, nata in un periodo sfacciatamente catchy, mette in mostra il lato più synth oriented delle sonorità targate Rush, il classico del 1980 ha il merito di incorporare elementi Hard Rock a solide basi Progressive, dando vita ad un mix tanto valido quanto entusiasmante. Ai due classici di matrice ottantiana seguono, come detto, i primi estratti dell’acclamato Snakes & Arrows: The Main Monkey Business e The Larger Bowl. Saranno davvero numerosissimi i brani dell’ultimo album eseguiti questa sera (ben nove), forse a testimoniare la considerazione totalmente positiva del gruppo in merito al proprio operato. Molti avrebbero preferito dare maggiore spazio alle canzoni storiche, tuttavia i nuovi pezzi hanno tutt’altro che sfigurato, risultando persino migliori rispetto alle versioni in studio. Da menzionare in particolar modo proprio The Larger Bowl, durante la quale una serie di immagini rispecchiano sui megaschermi il significato delle liriche, Far Cry, resa unica da una serie di effetti speciali mozzafiato, e Workin’ Them Angels, con il suo stupendo assolo di bouzouki. D’altra parte, va comunque detto che l’unico calo della serata si è registrato durante Spindrift, brano che forse avrebbe potuto essere sostituito da qualche capitolo più riuscito all’interno di Snakes & Arrows (Good News First o Faithless, ad esempio). Tornando a parlare degli effetti speciali, essi tornano più volte ad impreziosire uno show di per sé già strabiliante. A partire dal palco - addobbato con polli allo spiedo, bamboline e soliti oggetti portafortuna - ogni elemento pare studiato nei minimi dettagli. I giochi di luce rivestono un importanza sempre fondamentale, passando dalle atmosfere oscure ed inquietanti di Witch Hunt (vecchia perla ripescata dal leggendario Moving Pictures) ai colori vivaci ed esuberanti di Dreamline, ultimo pezzo eseguito prima della meritata pausa. Sempre per quanto concerne la frazione iniziale dello show, da menzionare inevitabilmente sono Circumstances e Between The Wheels, accomunate non tanto dal sound, quanto invece dalla capacità di travolgere come un fiume in piena lo spettatore.
In seguito al blocco di estratti dall’ultimo full lenght, prende vita quella che forse è la parte migliore del concerto. D’altronde, un terzetto formato da Subdivisions, Natural Science e Witch Hunt potrebbe stendere praticamente chiunque. I suoni, davvero buoni per tutto il corso dello show, si migliorano ulteriormente dopo la pausa, merito soprattutto della chitarra più in evidenza. Ad ogni modo l’impatto sonoro varia da zona a zona del palazzetto: se sotto il palco l’emotività la fa da padrona, è invece dalla tribuna che il suono raggiunge livelli quasi perfetti. Se ne ha la conferma durante la parentesi strumentale del concerto, quando, cioè, i tre canadesi infilano in rapida successione Malignant Narcissism, il solo di Neal e la toccante Hope. Quest’ultima e Malignant Narcissism sembrano fungere da semplici intro-outro alla vera delizia della serata: gli oltre otto minuti di sola batteria offerti da Mr. Peart. Dopo una prima frazione piuttosto canonica a livello di sound (ma non per questo meno strepitosa), il solo si fa particolarmente interessante quando la batteria sembra condurci in territori dapprima vicini alla musica industriale, poi alla quella etnica. Impossibile resistere alla classe di uno dei migliori batteristi sul pianeta, inutile andare alla ricerca delle singole sbavature (che comunque sono state, diciamolo, davvero poche). Preferita alla meno entusiasmante Summertime Blues (suonata invece nella prima parte di tour), Distant Early Warning porta del sano coinvolgimento all’interno del DatchForum. Il pubblico esplode poi in un boato incredibile non appena i nostri intonano le note di The Spirit Of Radio, uno fra i brani in assoluto più elettrizzanti della serata. Suscita il medesimo effetto Tom Sawyer (introdotta da un divertentissimo filmato d’animazione ambientato a South Park), con la quale termina il regolare show. Non c’è comunque da preoccuparsi: Geddy, Alex e Neil tornano ben presto sul palco per offrire ai presenti un breve, ma intenso bis. One Little Victory non soddisfa appieno e stupisce che i Rush abbiano deciso di includerla nella setlist. Ci pensa però la magica A Passage To Bangkok a risollevare lo show, seguita a ruota da una travolgente YYZ. Nonostante venga eseguita con un ritmo più lento rispetto alla versione in studio, è apprezzabile che la band canadese abbia deciso di suonare A Passage To Bangkok per intero, contrariamente a quanto accadde nel 2004, quando venne invece proposta all’interno di un medley.
L’atmosfera, il palco, le scenografie, le luci, la musica: accorrere ad un concerto dei Rush significa assistere a qualcosa di assolutamente eccezionale. Eccezionale come questi tre musicisti, che, incuranti della propria età, continuano a sfornare grande musica e a offrire prestazioni sbalorditive. Non esistono parole per descrivere le emozioni provate durante le quasi tre ore di concerto. Chi c’era lo sa, e potrà portarsi dentro per sempre un ricordo magico, a cui ripensare con gioia ed un pizzico di nostalgia. Rush: semplicemente unici.
Setlist Rush:
Video Intro, Limelight, Digital Man, Entre Nous, Mission, Freewill, The Main Monkey Business, The Larger Bowl, Secret Touch, Circumstances, Between The Wheels, Dreamline, (Intermission), Video Intro, Far Cry, Workin’ Them Angels, Armor And Sword, Spindrift, The Way The Wind Blows, Subdivisions, Natural Science, Witch Hunt, Malignant Narcissism, Drum Solo, Hope, Distant Early Warning, The Spirit Of Radio, Tom Sawyer, One Little Victory, A Passage To Bangkok, YYZ
Report e foto - Jacopo “Beelzebub” Prada