Milano conferma ancora una volta la sua supremazia e il suo ruolo di capitale italiana del metal con due concerti di alto livello nel giro di due giorni: lunedì i Moonspell hanno calcato il palco del Rainbow, mentre martedì è stata la volta della coppia Kreator-Celtic Frost, alle prese con un tour europeo ormai giunto al giro di boa, accompagnati dagli svedesi Watain e dagli olandesi Legion Of The Damned.
A causa di ritardo con i mezzi a nostra disposizione (cosa che per altro sta diventando alquanto fastidiosa), purtroppo non c'è stata la possibilità di sentire on stage il black metal dei Watain e nemmemo il death-trash dei Legion Of The Damned. Ora, voi vi chiederete: ma a che razza di ora sei arrivato per perderti perfino due gruppi? Beh, erano solamente le otto di sera, orario in cui normalmente non vengono neanche aperti i cancelli. Permettetemi, quindi, di fare un primo commento (il successivo sarà alla fine del report): è mai possibile che per assistere per intero ad un concerto in quel di Milano si debba partire in pieno pomeriggio se non si abita in città? L'ordinanza comunale che obbliga a far terminare gli eventi musicali non oltre le undici e mezza farà si tornare tutti quanti a casa prima, ma, diavolo, avanti di questo passo i gruppi suoneranno alle cinque di pomeriggio! Immaginate, quindi, che il nostro lavoro di reportage spesso risulta incompleto. Ma non solo: i fan spesso devo assistere a show dimezzati dalle band, anche per colpa del management che impone anche in questi casi tutta la scaletta di gruppi. Non è una questione da poco e sarebbe bello che tutti comprendessero le esigenze dei tanti metallari che lavorano e/o vengono da appena fuori Milano.
Comunque (e per fortuna) arriviamo giusto in tempo per gustarci lo show dei redivivi Celtic Frost. La band svizzera è in assoluto una delle più grandi ispiratrici di buona parte del metal estremo dal 1990 ad oggi: negli album che hanno fatto la storia si possono ritrovare i primi vagiti del doom alla My Dying Bride, del black metal più oscuro e sinfonico (senza scordare le tematiche che invece, come per i Bathory, sono state riprese copiosamente da tutta la nascente scena black), ma anche del death metal in molte delle forme che vanno dagli Obituary, che coverizzarono Cyrcle Of The Tyrants ai tempi di Cause Of Death, fino ai Nile di I.T.D.S., che in più punti hanno ripreso i corni e le orchestrazioni di To Mega Therion. Forti, quindi, di questa importanza storica, Tom G. Warrior e compagni si presentano sul palco del Rolling Stone intenzionati a dare spettacolo. Con l'uscita dell'ultimo non eccezionale Monotheist, la formazione è ritornata quasi al suo aspetto originale, con Martin Eric Ain al basso e due turnisti alla batteria e alla chitarra. Ain, tra l'altro, vistosamente ingrassato e con una barba folta a nascondere i duri lineamenti del viso. Il concerto dei quattro di Zurigo si può così riassumere: oscuro, teatrale, malvagio, pesante. Tom G. Warrior dimostra fin da subito che gli anni sono passati anche per lui: poca voce, pezzi in maggior parte parlati e un sempre minor numero dei classici "uh!", segno inconfondibile del suo cantato. Le canzoni inoltre vengono tutte più o meno visibilmente rallentate e, senza le parti sinfoniche che avevano caratterizzato i vecchi album, l'impressione generale è quella di assistere ad un concerto doom. A prova di questo il fatto che in circa un ora di show, la tracklist ha contato solo sette canzoni, di cui tre prese da Monotheist, compresa la lunghissima e un pò noisa Synagoga Satanae. Oltre, quindi, a quelle estrapolate dall'ultimo lavoro (per altro abbastanza brutte e decisamente poco coinvolgenti), due sono state pescate da Morbid Tales, ovvero Into The Crypts Of Rays, una delle migliori della serata, e Procreation Of The Wicked, rallentata all'inverosimile e usata come opener, mentre le altre due dal famoso To Mega Therion, ovvero l'immancabile Cyrcle Of The Tyrants, che è sembrata un pò priva di mordente, e The Usurper. Al di la della grande partecipazione di pubblico e soprattutto della band, cosa estremamente positiva, lo show del "gelo celtico" è stato ricco di chiaro-scuri: è stata fin troppo vistosa la difficoltà di Tom G. Warrior nell'avere a che fare con i vecchi album, a causa di una voce incapace di graffiare come una volta; inoltre la scelta di rallentare le canzoni e di inserirne tre dell'ultimo disco, togliendo completamente spazio a per esempio Into The Pandemonium, è sicuramente opinabile. Una piccola delusione in fondo e uno spettacolo troppo lento e pesante. Bisogna riconoscere però i meriti di una band che si è rimessa in gioco da poco e che paga la mancanza dalla ribalta da più di dieci anni.
Ben altra aria si respira nei minuti che seguono la conclusione dell'esibizione dei Celtic Frost: quando i Kreator arrivano, difficilmente lasciano superstiti sul campo, colpendo con la loro immensa attitudine, con un precisione in fase live cresciuta sempre di più con gli anni e con il carisma stratosferico di Mille Petrozza. E la tensione, l'energia si percepiscono già nel momento del check sound, con l'effige di Enemy Of God a troneggiare da dietro la batteria. Circa una decina di minuti di attesa e le luci si abbassano: è il momento del "creatore" e dopo una breve introduzione la battaglia può avere inizio. Violent Revolution apre le danze e come al solito dal vivo spinge venti volte di più che nel disco. La band è abbastanza in forma: purtroppo i suoni non sono così puliti e perfetti come l'ultima volta nel 2005 e Mille sembra essere giù di voce. Ma questo poco importa: lo spettacolo appaga lo stesso i fan affamati di thrash teutonico d'annata, suonato a testa bassa e generando ad ogni canzone un mosh pit convulso e aggressivo. Il trittico iniziale è un trita-ossa: a seguire la titletrack del penultimo disco, ecco Pleasure To Kill, un must e sempre distruttiva, ed Enemy Of God, che ancora una volta dimostra quanto l'omonimo album sia un lavoro da dieci e lode. Anche per i Kreator il tempo a disposizione è di circa un'ora, ma grazie alla maggiore potenza e alla velocità del combo di Essen si è su un altro pianeta rispetto ai colleghi svizzeri. Sempre da Enemy Of God vengono proposte altre due song che ormai costituiscono un punto fermo nella scaletta: Suicide Terrorist e Voices Of The Dead (introdotta tra l'altro da uno sporchissimo e distorto riff di basso). La band sembra dare più spazio ai lavori più moderni, o che per lo meno suonano tali. E quindi vediamo avvicendarsi una dietro l'altra Extreme Aggression e Betrayer, a dir la verità un pochino imprecise, ma pur sempre con l'effetto di un pugno nello stomaco. Pescando anche da Coma Of Souls viene proposta People Of The Lie, col suo bel riff molto americano, e, come sempre in fase live, da Outcast (uno dei dischi più discussi nella carriera della band) tocca a Phobia alzare ulteriormente la temperatura del pubblico e del locale. C'è ancora spazio per un altro pezzo da Violent Revoltion, ovvero Reconquering The Throne, prima della finta conclusione. Dopo il classico rientro per il bis si è veramente agli sgoccioli: Impossible Brutality prepara tutti al gran finale e dopo una lunga introduzione di Mille, occupato a far gridare al pubblico "hate!", il medley Flag Of Hate-Tormentor (entrambe da Endless Pain, primo disco del gruppo) chiude perfettamente una scaletta suonata tutta d'un fiato. Che spettacolo! Peccato solo che siano mancate ancora una volta Riot Of Violence e magari qualche altro pezzo da Pleasure To Kill. Ed inoltre lo spettacolo in generale è stato meno stellare di quello di due anni fa. Ma la devastante carica di aggressività che di nuovo i Kreator hanno messo in mostra spazza via qualsiasi brutto pensiero e ci fa dimenticare le imperfezioni riscontrate. Petrozza & c. ancora una volta hanno messo a ferro e fuoco il suolo italico.
Bene, dopo la descrizione dettagliata del gran bel concerto di questo martedì sera milanese, è giunto il momento, come vi avevo anticipato, di una critica a mò di conclusione del report: oltre alle già evidenti difficoltà che si creano nel far incominciare gli spettacoli ad orari da dopo-scuola elementare, questa volta si è aggiunta una "simpatica" novità nella gestione di queste serate. Vogliosi di un pò d'aria fresca e di fumare una sigaretta, ci siamo appropinquati verso l'uscita durante il check-sound dei Kreator per scoprire con nostra somma incredulità che era vietato uscire dal locale. Eravamo insomma intrappolati dentro, costretti a ritirarci nella pur comoda sala fumatori al primo piano del Rolling Stone. Questi mezzucci pensati solamente per obbligare gli avventori ad acquistare le bevande all'interno del locale, con prezzi che sfiorano il ladrocinio autorizzato (5 euro per un bicchiere di acqua sporca chiamata birra e 2 euro (!) per un bicchiere di acqua naturale), sono un qualcosa di assolutamente disgustoso e vomitevole. Già non bastano i prezzi dei biglietti che aumentano costantemente ormai ogni sei mesi, ci si mettono pure i locali che cercano di speculare sui bisogni dei fan che assistono ai concerti. Prezzi e qualità di questo infimo livello sono dimostrazione di un sistema degli show in italia sempre più lontano dalle esigenze e meno rispettoso di chi paga (ovvero noi spettatori). Mi scuso se avete trovato questa critica noiosa oppure troppo pretenziosa, ma era doveroso dopo comportamenti assolutamente scorretti dalle varie gestioni. Insomma: band e serata promosse alla grande, locale bocciato senza se nè ma. Speriamo in futuro di poter usare le stesse belle parole per entrambi.
Report - Stefano "Pestilence" Magrassi
Foto - Andrea "AFTepes" Sacchi