Moonspell
26/03/2007 - Rainbow - Milano
Serata imperdibile per i gothic metallers del nord Italia: è il momento dell’esibizione di una delle band più eclettiche e prolifiche del metal estremo. I Moonspell di Fernando Ribeiro tornano in Italia dopo la performance all’Evolution Festival, questa volta nell’atmosfera più consona al genere suonato dai portoghesi creata dall’oscurità e dalle luci ad hoc del piccolo Rainbow.



Li precedono e accompagnano i nostri connazionali Dark Side, autori di un death metal potente ed efficace, e di una buona prova complessiva della band, che non è certo composta da novellini, e intrattiene con violenza sonora il pubblico che, pur non mostrandosi entusiasta, si lascia presto convincere dal gruppo, e partecipa allo show con qualche entusiasmo.
Ma l’oscurità deve ancora scendere sul Rainbow, e lo fa nei panni di cinque portoghesi che dal 1994 dominano la scena gothic metal mondiale assieme a pochi altri. I Moonspell stasera sono carichi, e concentrano il vigore sulla figura di Fernando, vero istrione, vero maestro di cerimonia, che sa scherzare con una battuta e trenta secondi dopo gelare le vene con il suo growl potente ed evocativo, ed ancora dopo riempire la testa con la sua suadente voce baritonale.
Fin dai primi pezzi sembra di entrare in un’altra dimensione, a contatto con forze sconosciute che rapiscono l’anima, e la trascinano tra le ritmiche forsennate e tribali di Mike Gaspar, che convince appieno su pezzi come From Lowering Skiese Vampiria dove è chiamato a dare corpo all’anima istintuale e selvaggia dei lusitani, le chitarre di Ricardo Amorim e Pedro Paixao (quest’ultimo, come suo solito, si destreggia con enfasi e trasporto anche con le tastiere) e il basso di Aires Pereira, assolutamente in primo piano in Alma Mater.

Ma ancora su tutti si staglia la performance di Ribeiro, che sembra un demone uscito dall’inferno, gli occhi luccicanti e il capo leggermente chinato, mentre racconta di come “la luce non debba mai illuminare i piedi di lei” nella lenta e immaginifica Capricorn At Hew Feet, mentre un’altra luce, quella del Rainbow, lo illumina controluce e proietta sul suo viso, per un gioco di perversa ironia, l’ombra di una croce sotto gli occhi.
La serata e lunga e il pubblico si lascia trascinare sempre più a fondo, con pezzi che fortunatamente non privilegiano troppo l’ultimo Memorial, ma si intrecciano a formare un mosaico perfetto di tutto quello che i Moonspell hanno fatto di buono e di diverso da dieci anni e più a questa parte, includendo brani che vanno dal blackeggiante e sanguinario Wolfheart (Vampiria, Alma Mater, Wolfshade) ai più foschi ed eleganti The Antidote (From Lowering Skies, Everything Invaded) e Darkness And Hope (Nocturna), senza dimenticare “l’antichissimo” EP Under The Moonspell (Opus Diabolicum).
La folla accorsa è non imponente ma devota, e supporta i portoghesi ininterrottamente, gridando Alma Mater a squarciagola, comprese le parte cantate nella loro lingua natia, e inneggiando con forza prima del bis finale, per chiudere il cerchio perfetto su una serata che mostra una band in ottima forma, capace senza sforzo di interpretare ottimamente un album che, come Memorial, pur non sprizzando scintille su uno stereo, si rivela addirittura infuocato on stage.

Report - Riccardo "Gravenimage" Carcano Casali
Foto - Andrea "AFTepes" Sacchi

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