Dopo qualche minuto, necessario per il cambio palco, i 36 Crazyfists fanno il loro ingresso sullo stage del Live Club e, improvvisamente, spuntano persone da ogni parte. Comunque all’interno del locale non c’era più di un’ottantina di persone, col risultato che l’atmosfera, seppur calda, veniva scemata se si dava un’occhiata alle retrovie. Il via alle danze viene dato con l’intonazione del primo brano presente sull’ultimo disco Rest Inside The Flames; stiamo parlando di I’ll Go Until My Heart Stops. Il risultato è positivo perché il pubblico si lascia subito andare, cantando a squarciagola ogni singolo verso della canzone. Bisogna ricordare che questo sarà il massimo supporto che il pubblico darà durante tutto il proseguimento del concerto, perché di poghi o almeno di qualche piccola spinta, non se ne è vista nemmeno l’ombra. Peccato perché il suono era piuttosto buono e i 36 Crazyfists sembravano proprio in vena e, in effetti, così è stato. Il cantante Brock, dall’alto dei suo metro e novanta con tanto di basettoni, si è sbizzarrito alla grande, dimostrando ancora una volta che il vero leader del gruppo è lui. Questa è stata una sensazione che ha inciso per tutto il tempo: sembrava che gli altri tre musicisti fossero lì proprio per sostenere il singer; più che un gruppo, hanno dato la sensazione di essere formati da un solista più tre turnisti. Man mano che passava il tempo, l’atmosfera diventava sempre più calda e si passava dai pezzi classici che gli hanno resi famosi in campo europeo e americano, a quelli più odierni quale per esempio Felt Through a Phone Line, che ha fatto letteralmente impazzire il pubblico. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, è solito rimanere delusi dalle performance live di gruppi che, sul disco, sembrano spaccare il mondo. Per fortuna questo non è il caso dei 36 Crazyfists che, oltre a dimostrarsi molto validi sul piano dell’intrattenimento, si sono fatti valere anche sotto il profilo della riproduzione dal vivo.
Peccato solo per il mixaggio generale ma, soprattutto, per l’acustica non proprio perfetta che il locale presenta o, per lo meno, presentava quella sera. Il risultato è stato un mix di suoni troppo ovattati e dispersi nell’eco delle mura trezzane, cosa non proprio positiva per un gruppo che è caratterizzato dalla freddezza dei propri strumenti distorti e dalle tonalità taglienti e incisive come quelle del singer Brock. Nonostante tutto, però, i vari strumenti erano piuttosto ben distinguibili, grazie anche alla pre-equalizzazione che ogni strumento presentava. E’ grazie a questo susseguirsi di sensazioni e botte adrenaliniche che il tempo è passato senza nemmeno accorgersene, soprattutto nei momenti in cui sono state intonate grandi canzoni come Slit Wrist Theory che hanno fatto la storia dei 36 Crazyfists.
Il concerto è quindi stato un bel momento di svago e, soprattutto, di sfogo (per lo più vocale, come detto in precedenza) che non ha tolto ma nemmeno aggiunto niente di più su ciò che già si pensava e diceva riguardo alla band. E’ stata quindi una conferma positiva che, senza ombra di dubbio, permette al gruppo di aggiungere un pizzico di onore in più al proprio nome.
Matteo "trendkill" Mainardi