Gothic Fest
19/01/2006 - Magazzini Generali - Milano

Il Gothic Fest organizzato dalla Gothic Slam Records ai Magazzini Generali di Milano ha visto la partecipazione di diverse realtà italiane della scena Gothic nazionale, capitanati dai Macbeth. Il pubblico non è stato numeroso ma non sono mancate comunque buone esibizioni da parte della band partecipanti all'evento.


E’ una serata buia e tempestosa. La notte ideale per un picnic al cimitero o una manifestazione gothic di livello nazionale. Il destino volle che io e il mio fedele compagno di avventura fossimo prescelti (io dal direttore, lui da me) per fare da inviati all’Italian Gothic Fest, manifestazione che vedeva riuniti per la prima volta i nomi più influenti della scena gothic made in Italy.
Partiti con due ore di anticipo poiché ci erano ben note le reciproche capacità di orientamento, giungiamo ai Magazzini Generali appena in tempo per l’inizio dello show. Notiamo immediatamente, piuttosto sorpresi, la scarsa affluenza di gente accorsa alla manifestazione.
Pur essendo solo all’inizio della serata, ed essendo presumibile che la maggior parte delle persone sarebbe arrivata più tardi per assistere allo show delle band più importanti, era comunque chiaro fin da subito che sarebbe giunto un numero di appassionati decisamente inferiore alle aspettative.
Non mi dilungo sulle possibili cause, anche perché è più facile valutare il fenomeno in negativo; insomma, è più facile dire cosa non è stato a lasciare il locale semideserto e i gruppi costretti ad esibirsi davanti ad, al massimo, una cinquantina di persone, piuttosto che trovarne le case vere e proprie. Và inoltre sottolineato che i personaggi presenti, seppur affascinantemente allegorici (qualcuno dice di aver visto il clone del fratello maggiore di Burzum) non erano nemmeno tutti goth metallers.
Certo non è stata la mancanza di pubblicità, giacché il supporto pubblicitario è stato massiccio.
Certo non sono stati né l’organizzazione, in sé senza intoppi dovuti alle aziende responsabili, né i gruppi, che erano certamente, basti solo pensare ai Macbeth, di levatura decisamente alta.
In definitiva è il pubblico gothic che, per qualche oscuro motivo, ha pensato bene di fare altro quella sera. Una specie di apatia collettiva, chissà…

Ma veniamo alla performance dei protagonisti. Aprono le danze i My Craving, che non avevo mai avuto l’occasione di sentire. L’impressione è decisamente positiva. Sebbene infatti il singer Traci avvisi il pubblico che la sua voce è ancora piuttosto acciaccata a causa di un passato incidente, i My Craving possono contare su bravi musicisti, che intessono, sopra la sua profonda voce baritonale, un gothic rock che risente molto di influenze finlandesi (ultimo periodo Sentenced), ma sa imporsi per l’equilibrio delle composizioni, soprattutto grazie alle fluenti giri di tastiera di Sybil, che danno un tocco inconfondibile al loro stile. Anche se un po’ acciaccato, Traci non se la cava poi male: anche se l’audio, o l’incidente, o entrambi, lo rendono poco udibile, caccia pure qualche urlo alla Joey De Maio a dare più incisività ai brani. Più che convincenti nel saper alternare atmosfere oscure e romantiche a parti più incisive.

Sfortunatamente una serie di contrattempi ci fa perdere l’esibizione dei Domina Noctis, sostituti degli assenti Operanoire, con grande sconforto del sottoscritto che aveva avuto modo di apprezzare il loro album. Sarà per la prossima.
Ci rifacciamo però subito con una band davvero stupefacente: gli Shadowreign di Lord Vampyr, che salgono subito sul palco a causa della mancata presenza degli Svenia, assenti a causa di problemi “di ugola” del cantante, a dimostrazione che le corde vocali sono maledette in questa serata.
Avevo già avuto modo di ascoltare De Vampirica Philosophia, il primo lavoro solista del fondatore dei Theatres Des Vampires, e sapevo, o almeno credevo di sapere più o meno cosa aspettarmi: una prosecuzione del sound ormai tipico dei suddetti Theatres Des Vampires, quel Black Metal con venature gotiche e tastierone transilvane. Niente di tutto questo.
Munito di un ensemble veramente straordinario a livello tecnico, il romano signore dei vampiri ora propone un Death Metal all’americana, assai tecnico, con grosse influenze Thrash. Poco rimane del sound precedente. Pur non essendo un estimatore del genere, non ho potuto non notare l’estrema bravura dei suoi musicisti, veramente abili, dotati di rapidità stupefacente, precisi come tiratori scelti. Nonostante la scarsa partecipazione del pubblico, anche perché, lo ricordiamo, non c’era quasi nessuno, gli Shadowreign, guidati dal loro leader (più in forma che mai) hanno regalato un’oretta davvero piacevole e sorprendente, anche se poco gothic, avendo pescato davvero poco dal primo album.
Ecco giungere infine il momento che si attendeva di più, quello in cui sarebbero saliti sul palco i Macbeth, impostisi ormai, con i loro tre dischi, come una delle gothic band più autorevoli sulla scena italiana. Siamo fuori a fumarci una sigaretta sfidando intrepidi il fuoristante freddo polare, quando il mio orecchio bionico super allenato capta le familiari distorsioni elettroniche di Nuda Veritas, l’intro dell’ultimo uscito Malae Artes. Ancora stupito per il fatto che vi sia così pochi milanesi e attigui venuti ad assistere al concerto (dopo tutto i Macbeth sono proprio di quelle parti), mi appropinquo al palco in posizione strategica per massacrare di foto l’avvenente Morena, della quale, lo vogliamo dire, sono follemente innamorato.
Quando le luci del palco si accendono, comincio a notare un particolare che mi infastidisce non poco: la mancanza di tastiera. Certo, dopo l’abbandono dell’ultimo addetto i Macbeth sono sprovvisti di tastierista, cosa a cui non si può ovviare con facilità, senza contare che in certe canzoni lo sfondo di raffinata elettronica non può mancare. Rimane però che in sede live tutto deve necessariamente suonare “diverso”, e le basi di tastiera trasmettono una sgradevole sensazione di “già sentito”.
A parte questo, lo show procede bene. L’attitudine live dei musicisti è scarsa: non mirano a catturare il pubblico, mirano a fare bene, sono composti, impegnati, attenti, un po’ deludenti se confrontati con gli axe-men  degli Shadowreign, ma solo perché lo stile è assolutamente diverso. Molto più semplice e lineare. Forse  Ci pensano comunque Morena e Andreas a coinvolgere i (pochi) presenti; in particolare il singer è indemoniato, sempre in movimento, e la sua performance vocale, dopo una canzone o due, si fa’ sorprendente, anche meglio di come si può ascoltare nelle registrazioni, e non è poco. Meno agitata la mora cantante, che probabilmente deve ancora amalgamarsi con i suoi compagni e appare meno ispirata nei vocalizi. Ma, che nei milanesi, contrariamente alla maggior parte dei gruppi che li ha ispirati, ci sia un certo squilibrio tra voce maschile e femminile, a favore della prima, è noto a chi li ascolta.
Nella scaletta dei brani hanno prevalso chiaramente quelli tratti da Malae Artes, pur spaziando anche dai precedenti lavori.


Che dire infine? Buona senz’altro l’organizzazione, sfortunate le band assenti, complessivamente buona la performance di quelle presenti, impressionantemente poca la gente, adeguate le strutture, le strumentazioni e l’acustica. Si può chiedere di più? Forse sì, ma a questo punto non alle band, né alle aziende, ma a quei tali che invece di passare una serata diversa da solito hanno preferito starsene a casa propria. E poi ci si lamenta del prezzo dei cd…

Riccardo "Gravenimage" Carcano Casali

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