Poesia, estetismo e nichilismo si intrecciano in Deathconsciousness, il primo album di studio degli americani Have A Nice Life, pionieri di un nuova filosofia per il futuro della Dark-Wave ottantiana. A presentare una delle realtà che ha maggiormente scosso il panorama musicale del 2008 è il polistrumentista Dan Barrett, che si sofferma sui significati profondi del primo capitolo discografico...
E.B. - Ciao Dan e benvenuto su RockLine.it! Ti ringraziamo per dedicare un po’ di tempo a rispondere alle nostre domande. Iniziamo l’intervista concentrandoci sulle origini del progetto Have A Nice Life e sulla sua evoluzione negli anni dal 2000 ad oggi…
Dan - Io e Tim ci conoscevamo da tempo per esserci esibiti in alcuni concerti con le nostre rispettive bands, nella zona di Amherst, in Massachussetts. Siamo diventati amici e quando le nostre formazioni si sciolsero, decidemmo di iniziare a comporre insieme e di eseguire una parte del materiale acustico su cui ciascuno di noi aveva lavorato. Da quel momento è stata solo una sorta di continuazione; suonammo live solo in un paio di occasioni, come un gruppo acustico e poi decidemmo di andare in una direzione più sperimentale. Da quel momento abbiamo impiegato cinque anni per concludere Deathconsciousness.
E.B. - Deathconsciousness può essere considerato come un gioiello dell’odierna Dark-Wave, ma si possono ritrovare svariate influenze da altre tradizioni degli anni Ottanta (Post-Punk, Shoegaze e Industrial). Come avete proceduto a comporre ciascun brano e da cosa avete tratto ispirazione?
Dan - Ciascuno di noi è ispirato da scuole musicali differenti, che comprendono Shoegaze e Black Metal, Jazz e la prima musica gotica. Non abbiamo preso una decisione consapevole e premeditata per apparire con questo sound: è solo ciò che emerge quando scriviamo insieme. Per quanto riguarda la composizione delle canzoni, di solito uno di noi propone una parte che ha in mente e successivamente ci costruiamo il brano attorno. Se Tim scrive un tema di chitarra, suonerò la tastiera o programmerò la batteria ma la situazione si può invertire. Non trascorriamo troppo tempo a comporre le parti: non appena troviamo qualcosa che ci piace, lo registriamo e di solito conserviamo la prima o la seconda prova. Poi ci immergiamo nella composizione della canzone successiva.
E.B. - Puoi descrivere brevemente il viaggio attraverso il concept album, soffermandoti sui suoi contenuti?
Dan - E’ un album molto personale, parecchio legato a ciò che stava accadendo alle nostre vite quando lo stavamo componendo. C’erano alcune morti che ci circondavano e questo plasmò il nostro modo di scrivere. Ci concentrammo sull’immaginario religioso, perché la religione è davvero l’unico modo con cui le persone affrontano la morte nella nostra società, specialmente nella società occidentale americana. Se si vuole pensare alla morte, al posto che si occupa in questa vita e al suo significato intrinseco, risulta spontaneo pervenire all’immaginario religioso ed iniziare a pensare in questi termini.
E.B. - Perché avete deciso di dividere le tracce in due episodi?
Dan - Più o meno è stata una necessità dovuta alla lunghezza. Avevamo scritto molte canzoni e le uniche che volevamo includere andavano oltre la durata di un album tradizionale ed erano troppo lunghe per essere incluse in un singolo CD-R (il formato su cui abbiamo registrato originariamente). E’ stata una decisione tra tagliare alcuni brani o realizzare un doppio cd e noi preferimmo andare fuori dagli schemi ordinari producendo un doppio cd come nostra prima pubblicazione. Non credevamo che molte persone l’avrebbero ascoltato, ma dato che le canzoni avevano un grosso significato per noi, non avremmo mai potuto tagliarle.
E.B. - Parlaci dello speciale booklet che è incluso nella copia di Deathconsciousness…
Dan - Il booklet è stato intitolato On An Obscure Text; è stato scritto da un professore universitario con cui siamo entrati in contatto e che successivamente ha chiesto di rimuovere il suo nome dal progetto. Si sofferma dettagliatamente su innumerevoli particolari della storia della religione che noi abbiamo cercato di spiegare attraverso i testi delle canzoni. E’ sempre materiale molto cupo e quindi abbiamo pensato che potesse essere complementare alla nostra musica; ci ha anche fornito uno spazio per inserire i testi dei brani e le informazioni sull’album.
E.B. - La scelta di La Morte Di Marat come vostro artwork è connessa all’atmosfera di perdita che si può respirare in Deathconsciousness. Qual è il significato profondo di questo quadro, secondo te?
Dan - L’originale aveva un intenso significato politico ma non è quello che vogliamo trasmettere. La versione presente sull’artwork è stata fortemente ritoccata, tagliata e resa più tenebrosa. Sia Deathconsciousness, sia l’omonimo album dei Nahvalr (che era la seconda pubblicazione della nostra etichetta), sia il disco del progetto Giles Corey (in via di pubblicazione) hanno delle copertine a specchio. Sono una sorte di trilogia, tre opere che raccontano in dettaglio un periodo particolare. Penso che lo specchiarsi implichi l’introspezione del materiale; l’immagine trasmette una sensazione estetica, che speriamo possa essere accompagnata in modo sublime dalla nostra musica.
E.B. - Visitando il vostro MySpace, ho notato anche un’immagine di Munch. Sembrate parecchio interessati al lato artistico, come testimonia anche La Morte Di Marat. Credi nell’associazione arte-musica?
Dan - Sono molto interessato all’arte visuale; gran parte del design grafico dell’etichetta Enemies List è parecchio influenzato da temi medievali e ricco di artworks. Abbiamo fatto realizzare le magliette degli Have A Nice Life usando quadri di Isacco e Abramo e la sezione delle incisioni di Albrecht Durer. Credo ancora che sia tutta una questione di sensibilità, oltre ad avere un’immagine specifica. Salvo sempre fotografie e scannerizzo quadri e libri antichi. Quando è tempo di disegnare una copertina, torno indietro e percorro tutte quelle immagini, finché ne trovo una che risuona con la musica.
E.B. - Le persone sono consce della morte nel mondo contemporaneo?
Dan - Non credo. La cultura americana, specificamente, è una cultura anti-morte. Non sono uno particolarmente fissato con la morte, ma credo che sia interessante che la morte sia così ignorata quando è uno dei due eventi che devono assolutamente avvenire per ognuno di noi. La morte è sempre stata interpretata dall’Heavy Metal e dai film horror come una forza sinistra e maligna, ma non credo che questa rappresentazione descriva accuratamente il ruolo della morte nell’universo o un modo sano di interagire con la morte. Detto questo, la morte ha giocato un ruolo estremamente traumatico per la mia vita ma non voglio intendere che io sia più illuminato di altri. Penso solo che è un argomento che necessita di essere esplorato.
E.B. - Quali pensi che siano le cause dell’isolamento e del dolore nella società odierna?
Dan - Credo che l’isolamento e il dolore sono aspetti permanenti e fondamentali della natura umana e non un prodotto della società moderna. Viviamo in un universo indifferente e costantemente in moto; questo porta necessariamente una certa ansia prima o poi, ma è tutto ciò che abbiamo. Non credo che ci si possa ritirare dal mondo e trovare la pace in solitudine. Rimanere coinvolti nel mondo e ferirsi in questo lungo cammino non è solo la migliore soluzione: è la nostra unica soluzione.
E.B. - Quali sono le tue opinioni riguardo al concetto di Dio e riguardo alle credenze religiose?
Dan - Nessun Dio, solo uomo. Detto questo, rimango sempre catturato dal pensiero religioso, dall’immaginario e dal linguaggio della religione in qualsiasi cosa scriva. Puoi interpretare questo come meglio preferisci.
E.B. - Ascoltando Deathconsciousness, ho trovato molti riferimenti al sound oscuro dei Joy Division. Qual è il tuo rapporto con questa storica band? Pensi che Ian Curtis possa essere considerato un’icona della filosofia della musica Dark?
Dan - Non conosco molto della sua filosofia di vita, ma credo che i Joy Division simboleggino al meglio una certa sonorità e l’estetismo che ha profondamente influenzato noi e un mare di altre bands.
E.B. - Il progetto Have A Nice Life è composto da soli due membri e le performance live possono risultare difficili da organizzare. Tuttavia, sarà possibile vedere un concerto eseguito dagli Have A Nice Life?
Dan - Stiamo pianificando alcuni live quest’anno. Stiamo aspettando fino a quando le date saranno annunciate ufficialmente, ma dovrebbero includere la East Coast fino al Canada con un’altra grande band. Saremo aiutati in sede live da M. Kestigian degli America Addio e William Barrett degli Afterlives, entrambi progetti della Enemies List.
E.B. - Qual è il responso della vostra città e del Connecticut alla vostra musica? Ci sono altri interessanti progetti che vorresti ricordare?
Dan - Nessuno ci conosce qui e dato che non abbiamo mai suonato live, ci sentiamo più vicini alle persone in Italia o in California che a quelle della nostra città. Ci sono davvero tante bands eccezionali in Connecticut, ma preferiremmo non nominarli. Potete però cercare gli Eiderdown, nostri amici e musicisti eccellenti. Anche i Kings, originari di New Haven, hanno molta inventiva.
E.B. - So che state lavorando al successore di Deathconsciousness. Come apparirà? Avete altri progetti oltre agli Have A Nice Life?
Dan - Siamo davvero esaltati dal nuovo materiale; credo si inserisca dove Deathconsciousness si conclude e continui in questa interessante direzione. E’ suddiviso, fino ad adesso, in due dischi, è più diretto, astratto e sperimentale. La composizione è un processo lento ma abbiamo davvero dell’ottimo materiale per ora.
Per quanto riguarda gli altri progetti, sto lavorando ad un progetto solista acustico chiamato Giles Corey. Sono davvero entusiasta di quello che ho realizzato; dovrebbe essere pubblicato entro la fine dell’anno.
E.B. - Quando gli ascoltatori italiani potranno vedere una vostra esibizione nel nostro Paese? Sarebbe grandioso…
Dan - Dite a qualcuno di chiamarci e noi verremo!
E.B. - Una curiosità conclusiva: perché avete scelto Have A Nice Life come vostro moniker?
Dan - Ad essere sincero, non ricordo. E’ una frase sarcastica, come siamo noi in fondo. Ci aiuta a ricordare agli altri di non prenderci troppo seriamente.
E.B. - Ti ringrazio per questa splendida intervista e per la tua gentilezza. Ti auguriamo un futuro ricco di successo con gli Have A Nice Life. Puoi chiudere l’intervista come preferisci, a presto da RockLine.it!
Dan - Grazie a te, ho apprezzato parecchio le tue domande. Se qualcuno volesse maggiori informazioni, visitate il nostro sito: www.enemieslist.net