Il progetto Trio Bobo, nato come esperienza parallela di Meyer, Faso e Menconi di Elio E Le Storie Tese, ha ormai assunto piena autonomia attraverso date e concerti in tutta Italia. A presentare questa promettente realtà a RockLine.it sono proprio i tre musicisti milanesi, da anni attivi nel mondo del Rock progressivo e della Fusion...
S.P. - Ciao a tutti e tre e grazie per averci concesso quest’intervista. Cominciamo subito con una domanda di rito: come nasce il Trio Bobo?
Meyer - Nasce dalle ceneri di diverse situazioni live, giochi musicali fatti nei locali milanesi durante la nostra giovinezza, periodo in cui si è molto volenterosi e si vuole suonare tanto; a quel tempo a Milano c’erano diversi locali in cui ciò era possibile.
Faso - C’erano locali come il Grillo Parlante, il Capolinea, le Scimmie dove si poteva quasi fare un piccolo tour all’interno di Milano; si entrava a caso e si poteva trovare Christian in un’altra situazione, piuttosto che Debo Ferra.
Meyer - Ora invece queste opportunità sono andate sempre più sparendo, hanno tirato molto il collo ai gestori con i vari permessi, menate, problematiche. Un insieme di cose che ha fatto sì che quel poco che si poteva guadagnare è andato nel nulla e i gestori si sono trovati a chiedersi “Sì, mi piace anche la musica dal vivo, ma se non c’è rientro economico, tutti ci dobbiamo dar da fare e ci rimettiamo pure…”.
Faso - E sulle ceneri di queste passate esperienze nasce il Trio Bobo! Io e Alessio (Menconi) ci siamo conosciuti quando abbiamo suonato con Billy Cobham e avevamo fatto qualche jam in precedenza. Per due-tre anni ci siamo tenuti in contatto e nel frattempo avevamo (Faso e Mayer) provato con un chitarrista, Frizzera (Lorenzo N.d.R.), ma era più Rock e quindi per l’idea che avevamo noi di Trio Bobo non andava bene. Poi, finalmente, siamo riusciti a trovarci con Alessio e abbiamo cominciato subito facendo covers che abbiamo portato avanti per due anni, togliendole piano piano a favore dei pezzi nostri.
S.P. - Con il Trio Bobo proponete pezzi che avete suonato pure in altre situazioni con più musicisti, come ad esempio la Biba Band: com’è stato il dover riarrangiare i pezzi in modo che funzionassero pure con una formazione così minimale?
Faso - In verità del repertorio che facevamo con la Biba Band abbiamo attinto solo Volcano For Hire dei Weather Report, che come idea è talmente assurda da fare in trio che è stato molto divertente per i moti spunti che abbiamo avuto.
Meyer - E’ un tentativo e allo stesso tempo una sfida. Uno tenta di dare una veste diversa allo stesso brano e si ritrova tra le mani un’arma a doppio taglio: puoi farci tante cose perché sei libero di far tanto, in una band grossa ti devi organizzare, mentre col trio puoi improvvisare. D’altro canto hai pochi suoni, poco sound. A conti fatti ci sono io che do il ritmo, Faso che suona il basso e Alessio che fa le armonie. Il bello è proprio inventare cose tipo l’intro di Volcano come la facciamo noi: mentre la versione che facevamo con la Biba era molto “classica”, noi lo abbiamo completamene reinterpretato. Il bello è proprio inventare cose tue, creare qualcosa: quando andavamo nei localini ci andava sempre bene di suonare i pezzi belli di tutti, mentre ora c’è la necessità di fare qualcosa di tuo e di metterti alla prova.
Faso - In ogni caso questo problema non c’è più perché le canzoni che proponiamo ora sono tutte nostre, poiché scrivendo noi tre i pezzi nascono già funzionali alla nostra realtà. Prendi ad esempio i pezzi dei Police: sono stati composti da un bassista- cantante, un batterista e un chitarrista. Se tu la suoni aggiungendo delle tastiere senti che stonano, come pure se gli metti i fiati, ad esempio. Poi magari fanno un riarrangiamento dove ci stanno bene, ma il sound originale è quello senza cose aggiuntive. Questo è quello che succede col trio.
S.P. - Come si fa a far convivere tecnicismo fine a se stesso col tecnicismo senza pretesa, dove viene messo in primo piano il gruppo e non il singolo?
Faso - Aiuta molto avere più di 40 anni (ride N.d.R.)!
Meyer - Ti aiuta la maturità musicale: prima fai solo tecnicismo, poi ti accorgi che se diminuisci le cose tecniche respira più la musica e man mano non le fai più e più vai avanti più non le fai; ti sembra quasi di regredire. Secondo me non facciamo più cose interessanti tecnicamente, ma la musica ne gioisce; è un sacrificio che viene naturale dopo tanto tempo che suoni e suoni assieme ad altre persone: se suoni tanto ti accorgi di soffocare la musica. Verso i 35 cominci a pensarci seriamente, quando sei a 40 è finita.
Faso - Alla fine c’è posto per tutto: c’è posto per 2 note, come 200. Una volta mia nonna mi disse che la musica non è altro che l’alternanza tra note e pause! Quando ero giovane mi spaventavo solo all’idea di non dover suonare per 4 battute. In trio si scopre che per creare situazioni diverse devi giocare tutte le carte che hai: suonare pianissimo o suonare fortissimo; suonare tanto, o poco; noi (Faso e Alessio) dosare bene gli effetti per qualche suono, per qualche colore che vogliamo dare, distorsioni o chorus e Christian trova delle sonorità sulla batteria interessanti.
S.P. - Come detto all’inizio, vi siete conosciuti all’interno dei cosiddetti club, poi con i vostri progetti vi siete spostati su palchi più grossi e ora, col Trio Bobo, siete tornati ai club. Quale delle due realtà preferite?
Faso - Beh, dipende. In realtà meglio un pubblico buono e attento che ti ascolta. Poi se hai davanti 10.000 persone: figatona; se ne hai davanti 10, va bene lo stesso. Per dire che a me il posto non cambia. A me suonare nei club piace molto, è una dimensione molto bella. Poco tempo fa abbiamo suonato all’Auditorium di Roma ed è stata veramente una bella serata, una serata più informale del solito.
Menconi - Hai un contatto più diretto col pubblico. Suonare in un club con un bel pubblico è la situazione migliore.
S.P. - Essendo tutti e tre molto impegnati come trovate il tempo di trovarvi per fare le prove e scrivere i nuovi pezzi?
Meyer - Semplicemente non troviamo il tempo di provare e facciamo una fatica pazzesca nel trovarci. Le poche volte che ci vediamo cerchiamo di sfruttare al massimo il tempo che abbiamo, non c’è un punto d’incontro. È un trio che sta andando verso la separazione, come in un matrimonio stanco in cui non si vuole andare più a letto assieme ma nel quale ci si vuole bene perché resiste e si sta insieme per i “figli”, i pezzi, che questa unione ha generato. Trovare il tempo per fare i pezzi nuovi e provarli è una fatica enorme: tutte le volte mail, impegni, uno che dice “io riesco ad esserci per le 3” l’altro fa “devo andare via alle 4”, e cose così. Poi l’italiano il più delle volte dà precedenza alla qualità della vita: in un altro Paese saremmo degli stakanovisti del lavoro, invece di sfruttare un pomeriggio libero andando a divertire, sto a casa e studio i pezzi. Noi italiani sappiamo come usare il tempo libero e in questa concezione ritrovo molto il progetto. È difficile che rinunciamo ad un giorno di relax dalla vita di tutti i giorni: a suonare in giro ti stanchi, immagina se per un giorno che sei a casa ti devi alzare e andare alle prove. Se non avessimo niente da fare adesso avremmo già 10 tracce, invece siamo a quota 3. Facciamo molto sound check, ma per la stesura dei nuovi brani andiamo, quando riusciamo, in studio. I pezzi sono costruiti più o meno tutti sulla stessa idea, ci sono delle parti obbligate, che rimangono sempre le stesse, e delle parti libere che cambiamo e che sono quelle dove improvvisiamo in genere, ma sempre avendo a mente lo schema. Ogni pezzo ha il suo scheletro all’interno su cui si muovono dove, ad esempio, si possono avere 2 temi diversi divisi da una parte che serve a dare un po’ di colore, poi cambia il tempo in un’altra situazione e si modifica sempre dove diverse frasi che ognuno di noi fa si incastrano. Ogni pezzo è composto da più idee che sono venute e me, piuttosto che a Faso o ad Alessio, noi proviamo a metterle una di seguito all’altra e vediamo cosa ne esce fuori riascoltando il tutto. Può essere che in certi punti vada bene e in altri no, cambiamo i pezzi con altri e così via.
S.P. - Finiamo con un’altra domanda di rito: progetti futuri del Trio Bobo?
Mayer - C’è la speranza di fare un secondo cd che suoni bene come il primo cosìcché alla gente piaccia com’è piaciuto il primo.
S.P. - Grazie mille per l’intervisto con l’augurio sperando di rivedervi presto in un nuovo tour lungo tutta Italia!
Meyer - Grazie a voi e a presto!