White Skull
(Tony Fontò)
di: 
Andrea Evolti
04/01/2007



 

La crisi del settimo album non sembra essere questo un problema per i vicentini White Skull, una delle band italiane più prolifiche e con maggior fama nell'underground nazionale, giunti con The Ring Of The Ancients ad ottenere sempre maggiori consensi anche all'estero. E' il chitarrista e principale songwriter della band, Tony Fontò, a parlarci e a fare da guida in questo viaggio a ritroso nelle tradizioni dei Celti…

A.E. - Allora Tony, settimo album per i White Skull. e terzo concept, questa volta con protagonisti i Celti. Sembra che vi stiate specializzando in album dove i testi parlano molto di storia e culture del passato?

Tony - Più che una specializzazione è sempre stato un fortissimo interesse verso la storia che animava, in primis, Federica (De Boni, cantante dei White Skull fino a Pubblic Glory, Secret Agony N.d.R.), che ha realizzato i primi due concept, Tales From The North, incentrato sui Vichinghi e Pubblic Glory, Secret Agony, che trattava della Roma imperiale. Questo suo interesse per la storia e l'enorme mole culturale che lei stessa si era creata, leggendo molti testi e saggi prima della stesura di ogni lyric, ha poi influenzato anche me, che mi sono ritrovato a riprendere in mano i libri dopo un'esistenza scolastica passata a detestarli! Ahaha! Quindi quest'idea costante di trattare e scoprire la storia passata del genere umano ha sempre segnato molte lyric anche di album che non erano concept e quando è stato il momento di comporre i testi per il nuovo lavoro, beh a me è venuta l'idea che si potesse creare un concept che ruotasse attorno alla storia ed alle tradizioni dei popoli celtici.

A.E. - Fammi capire bene; quindi The Ring Of The Ancients non nasce prima dall'idea di creare un concept con un argomento preciso, ma dopo la stesura di buona parte dei brani, giusto?

Tony - Esattamente, come del resto è stato per ogni album dei White Skull. Ho proposto ai ragazzi del gruppo le mie principali idee e riff, abbiamo provato, sviluppato le strutture dei brani, gli arrangiamenti e le linee vocali, di cui si è occupato Gus. Mancavano ancora i testi e, riascoltando i brani che ormai erano completi al 70-80%, ci siamo accorti che avevano un'omogeneità ed una coesione tale che un concept avrebbe reso al meglio l'essenza stessa delle track. Pertanto, mi venne l'idea di parlare delle civiltà celtiche, visto che ultimamente mi ero documentato abbastanza su questo popolo così importante per la storia del mondo occidentale e così evoluto e complesso per essere una popolazione organizzata in un sistema di vita fondamentalmente tribale. Però i testi non li ho realizzati io! E' stato il nostro bassista, il nuovo arrivato Steve Balocco, a proporsi come 'paroliere', essendo anche lui molto appassionato di storia dei Celti. Pertanto ecco che ha preso forma The Ring Of The Ancients e devo dire che è un lavoro che ci soddisfa veramente appieno, sia dal punto di vista strumentale, compositivo, lirico e dei suoni.

A.E. - I suoni, proprio di questo volevo parlare. Sono potenti, calibrati e taglienti al punto giusto: li avete sviluppati mentre registravate oppure era già fissato una sorta di 'campione' dei suoni che questo disco avrebbe dovuto avere?

Tony - Da questo punto di vista niente jam o improvvisazioni; essendo anch'io dietro la consolle quando registriamo, i suoni sono già ben chiari nelle nostre menti. Sappiamo cosa vogliamo e come deve suonare ogni nota del nostro disco, proprio perché, dopo lunghe prove, sedute compositive e di arrangiamento, si sviluppa nella mia testa (ma anche in quella degli altri ragazzi) il brano come dovrà uscire dalle casse dello stereo. Ovviamente, con questo non dico che componiamo in base ad un suono che vogliamo avere: il suono, la produzione, sono al servizio del materiale creato, perché ne devono tirare fuori l'essenza intrinseca e valorizzarla al massimo. Non c'interessa essere la band con la produzione più pulita, più crunchy, più potente, più bassa o altro: il suono deve essere perfetto per ciò che stiamo suonando.

A.E. - Un'altra cosa che mi è piaciuta parecchio di quest'album è stata Gus. Benché abbia un tipo di voce abbastanza melodica e pulita, è riuscito comunque ad offrire una prestazione vigorosa, carica di ruvida aggressività tipicamente 'teutone' o anche indirizzata ad un certo power/classic/speed americano, in solchi quali l'opener Ninth Night o Head Hunters, riuscendo poi a passare con una certa scioltezza a territori più melodici ed articolati come From The Myst.

Tony - Questo è un grande complimento, per noi e per Gus. Ha fatto un grande lavoro su questo album, riuscendo ad esprimere benissimo e senza perdere la sua personalità, l'idea del concept che avevamo elaborato. Le sue doti sono notevoli, frutto anche del suo passato in band sudamericane di stampo più melodico. Questa fusione tra il suo background ed il nostro a portato alla creazione di un bilanciamento perfetto tra ruvidità e melodia, com'era anche la stessa civiltà dei Celti: un popolo guerriero ma che aveva anche un'arte manifatturiera e dei gioielli molto raffinata, una visione della religione e della vita altamente spirituale ed in armonia con la natura. Inoltre avevano un elevato senso della 'democrazia' e dei diritti dell'individuo, visto che le donne erano tenute in grande considerazione, praticamente alla pari degli uomini: combattevano in battaglia e spesso erano anche a capo di alcuni eserciti.

A.E. - Entrando anche nell'ambito strumentale e delle parti musicali, si può dire che ci sia un bilanciamento anche in queste, poiché a brani aggressivi, tirati e veloci, con refrain anthemici, ci sono anche delle parti di melodie quasi folk e stacchi tecnici che, se no propriamente prog, sono sicuramente da addebitare ad ascolti ed influenze eterogenee.

Tony - Ti dirò, in ambito metal e non, qui ognuno ha sue personali influenze ed anch'io ascolto delle cose che sembrano, a volte, non c'entrare nulla con ciò che suono. Questo, però, è il bagaglio di ogni musicista che si rispetti; ascolto cose differenti all'interno del metal e fuori da esso, ma quando compongo, lo faccio in questo modo, senza forzature o altro. Penso che bisogna essere onesti musicalmente parlando, quando si fa questo lavoro: la ricerca dell'originalità a tutti i costi non porta mai a nulla di buono. Non suoniamo cose, tecnicamente parlando, originali, ma si tratta di musica spontanea e fresca. I gruppi originali e veramente rivoluzionari nascono una volta ogni cinque o dieci anni se va bene, ed anche loro non sanno di essere originali all'inizio.

A.E. - Immagino che per adesso tu non abbia i riscontri delle vendite giusto?

Tony - No, non ancora, ma so che sta andando abbastanza bene, specialmente in Germania.

A.E. - Ecco, volevo chiedere proprio a te, che sei sulla scena da molto tempo, come mai c'è sempre questo destino di 'nemo profeta in patria'?

Tony - Beh questo è vero, ma fino ad un certo punto. Pensa ai Lacuna Coil, Rhapsody Of Fire, Labyrinth, Extrema e Node. E' vero prima hanno raccolto consensi all'estero, i consensi grossi, ma si erano fatti uno zoccolo duro di fan qui in Italia. Il problema fondamentale del nostro paese sta nella cultura musicale dell'ascoltatore medio: in primis snobba i prodotti nazionali perché pensa che non abbiano il livello qualitativo di quelli esteri, cosa che, sovente, si rivela essere sbagliata se non addirittura inversa, con band straniere dilettantistiche che vengono incensate da fan e anche da qualche critico. Si aggiunge a questo i prezzi dei cd, o meglio, i sistemi di vendite. All'estero i prezzi non sono molto diversi, anzi sono all'incirca come i nostri, ma vuoi gli stipendi italiani più bassi rispetto alla media europea, vuoi la scarsa diffusione della pratica, da parte di alcune nostre case discografiche, di vendere direttamente, mediante stand ai festival o nei grossi concerti, i loro prodotti (e potendo così abbassare di molto i costi), qui in Italia i ragazzi si ritrovano a pagare moltissimo per un cd e preferiscono, pertanto, andare sul 'sicuro' e prendere dischi di band che sanno già come suonano o cosa suoneranno e non rischiano su chi fa qualcosa di diverso o che, appunto viene dall'Italia.

A.E. - Tony, è molto interessante questo discorso e sicuramente andrà sviluppato in futuro, ma il nostro tempo sta per scadere. Ti chiedo di concedermene ancora per due domande. Una è la classica, progetti per il tour...

Tony - Guarda per ora non c'è ancora nulla di definitivo, stiamo mettendo a posto gli ultimi dettagli e fino ad allora preferisco non dire nulla. Di certo, facendo fronte alle varie difficoltà ed impegni di secondo lavoro di ognuno di noi, suoneremo molto in Italia e dovremmo riuscire ad andare abbastanza anche all'estero, sempre in Europa comunque.

A.E. - Il Giappone, paradiso del metal è quindi ancora lontano per voi?

Tony - Guarda, ultimamente, per quanto riguarda le vendite, non mi sembra che sia più tanto un paradiso del metal. Evidentemente i momenti di crisi li hanno anche i metallari nipponici.

A.E. - Un altro mito che cade...peccato! Ultima domanda: dicevi che nascono poche band originali...attualmente ne vedi qualcuna, magari italiana?

Tony - Guarda, come ti dicevo ce ne sono pochissime, ma se permetti una di queste è nostra. Sono i Rhapsody Of Fire! Hanno inventato un modo di suonare e di concepire il metal e che piacciano o no, hanno uno spessore artistico elevatissimo ed assieme a gruppi come Lacuna Coil stanno facendo da apripista nel mondo e negli USA alla scena metal italiana che se lo merita. Io direi a certa gente che li sfotte, che dovrebbe pensare all'aiuto che essi stanno dando a noi altre band italiane all'estero. Ma qui torniamo al discorso di prima: le metal band italiane non sono mal viste all'estero a causa loro, anzi sono quotate moltissimo, con seguiti da culto a volte (specie in USA e Svezia); spesso è l'audience italiana snob che crea problemi alle nostre stesse formazioni. Insomma, bisogna supportare e scoprire il metal italiano....e fatelo anche se non comprerete mai i cd dei White Skull!

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