RockLine.it intervista Martin Julhs, eminente musicista Ambient giunto alla quarta pubblicazione personale, Les Fleurs. Martin racconta il suo progetto e altre curiosità riguardo la sua esperienza da musicista commentando anche il suo nuovo album...
I.F. - Ciao Martin! Iniziamo a parlare, secondo routine, del presente e quindi del tuo ultimo album. Come è stato concepito Les Fleurs?
Martin - A dire il vero Les Fleurs non è un concept album, come può sembrare. E’ una raccolta di motivi che hanno simile mood e delle emozioni in comune. Queste melodie sono tutte riguardanti la bellezza. E in particolare riguardo i bei momenti. Come ci appaiono, quanto una persona li vuole conservare, riguardo il sottile dolore che ci procurano dal momento che non durano per sempre. Avete mai visto un fiore sbocciare all’infinito? Per quanto bello è un fiore, è destinato sempre ad appassire. Questo perché i fiori sono una buona metafora per esprimere il significato di questi brani. E anche se si tratta di un’idea davvero ordinaria, penso che sia adatta molto bene all’album. Alcuni miei ascoltatori mi parlano delle belle sensazioni estive e del mood rilassante che l’album gli procura, molti altri mi scrivono quanto sono stati commossi e quanta sofferenza percepiscono nella musica. I fiori sono una costruzione per fornire alle persone un facile approccio alla musica, tanto profondo quanto una persona vuole immergersi, dipende dall’ascoltatore.
I.F. - Questa è la tua quarta release. Cosa la differenzia in particolare dai tuoi precedenti lavori?
Martin - Les Fleurs è più minimalista. E’ più luminoso e caldo. Lazy Sunday Funerals e Herbstlaub erano davvero molto centrati sulla malinconia, mentre Yara era focalizzato più o meno sull’ascolto di quei momenti di una performance live che molte persone non penserebbero parte della musica. Les Fleurs è invece sulla bellezza, una cosa che ognuno potrebbe percepire.
I.F. - Io ho trovato magica e davvero speciale Coeur Saignant. Tu che brano preferisci nell’album?
Martin - La canzone che preferisco dell’album è Anemone. Questo brano era stato fatto uscire precedentemente in una compilation dal titolo Rainy Days in Milan. L’ho composta per un buon amico ed è la mia preferita perché mette in luce l’essenza dell’album.
I.F. - Se dovessi definire con degli aggettivi la tua opera, quali sceglieresti?
Martin - Se fossi capace di usare delle parole per esprimere me stesso, sarei un poeta, scriverei un poema. Io sono un musicista, faccio musica, perché le parole per me non sono sufficienti per esprimermi. Questo perché probabilmente gli aggettivi sono più importanti per l’ascoltatore. Ma di certo c’è un anima malinconica nella maggior parte dei brani che creo.
I.F. - Nel tuo background musicale su chi ti sei basato per essere oggi un musicista?
Martin - Mio padre suonava molta musica folk e blues quando ero giovane. Leonard Cohen e Ian Anderson (Jethro Tull) sono stati molto importanti per me fino ad ora. Quando iniziai a suonare la chitarra, in qualche modo scoprii che avevo un più stretto legame con l’effetto sonoro e l’atmosfera che con le stesse note. Ascoltai parecchie registrazioni dei Sonic Youth o anche di Stockhausen, Ligeti, Steve Reich e John Cage. Un giorno poi comprai un album degli Autechre. Rimasi davvero impressionato dal loro sound assolutamente unico. La settimana dopo comprai Selected Ambient Works II di Aphex Twin. Ero davvero entusiasta e mi addormentai per delle ore. Quando mi svegliai ebbi la sensazione che la musica non si fosse fermata anche se il disco era andato avanti solo per settanta minuti. Quando ascoltai di nuovo l’album scoprii di aver sentito molti suoni mentre dormivo che non riuscivo più a trovare nell’album. Questo fu la mia introduzione alla musica ambient. Dopo rimasi davvero sorpreso nel sapere che Aphex Twin aveva fatto tutti i suoi pezzi durante brevi dormite nel suo studio. Sognava di fare musica e poi creava realmente ciò che aveva sognato. E poi Richard James. Tutti sanno che è un musicista unico dalle grandissime qualità.
I.F. - Avevo letto appunto che tra le tue influenze annoteresti gruppi come i Sonic Youth. Tu personalmente che generi ascolti ora?
Martin - Ascolto tutti i tipi di musica. Folk, Blues, Jazz, Classical, Soul, Funk, Electronic, Ambient, Techno, Electroclash… Per me non è una questione di genere. E’ questione di essere toccato dalla musica nel giusto momento o no.
I.F. - Ci sono molte persone che criticano l’elettronica e in particolare l’Ambient. Per te cosa significano questi tipi di musica?
Martin - Per me la musica è un modo di comunicare. Le più volte il mittente e il ricevente sono sulla stessa frequenza, le migliori volte c’è proprio una connessione. Ad alcune persone piace ascoltare la musica in modo superficiale, mentre altri vogliono realmente immergersi in essa. Ad alcuni piace muovere il proprio corpo al ritmo, mentre ad altri piace immergere le proprie menti nei mondi del suono. Sicuramente i mood continuano a cambiare col tempo, ma se è il giusto momento per la giusta canzone, allora essa ti toccherà. Una volta avevo un ottimo insegnante musicale che disse una volta riguardo i generi musicali: “Scoprirai nella tua vita che i tuoi gusti musicali non vertono su un genere particolare. La questione è quanto la musica abbia a che fare con la tua vita. Non ti potrà mai piacere davvero un brano se non ci sarà un momento, sentimento, persona o qualsiasi altra cosa della tua vita connessa a esso”. Penso che questo sia un bel modo di concepire la musica.
I.F. - In che misura i tuoi lavori contengono i colori e i suoni del tuo paese, la Germania?
Martin - La Germania non mi ispira poi così tanto. Quando ero in Francia, l’anno scorso, e particolarmente in Bretagna, percepii seriamente una stretta connessione tra il paese e molti brani orchestrali di Marsen Jules. Mi ricordo che ero seduto in treno e pensavo: “Wow, questo luogo sembra proprio la mia musica!”.
I.F. - Dortmund, tua città, è spesso descritta come importante centro musicale, com’è è stato per te crescere lì?
Martin - Mi dispiace, ma non ho ancora sentito niente a tal proposito. La politica prova a fare di Dortmund una buona città musicale da qualche anno, ma stanno ancora lavorando ai progetti per creare delle infrastrutture adeguate. Ma per gli ultimi cento anni non ho mai sentito nulla di ciò. Nessun compositore, artista, genere o niente. Ma sicuramente c’è gente davvero interessante, come il Team Forrest (Morr Music), NQ (Progressive Form), Digitalverein (Source) o i ragazzi della label Metrosoul che sono davvero molto attivi attualmente.
I.F. - Ormai sono sempre più frequenti produzioni dark ambient, molto introverse e cupe. Tu cosa pensi di questo filone? Pensi che un giorno Marsen Jules potrebbe incamminarsi su questa strada?
Martin - Il mio live set solista per il materiale di Herbstlaub contiene parecchi momenti molto oscuri e fragorosi, basato su intensi strati di frammenti orchestrali mischiati assieme. Attualmente mi sto concentrando più sui live-set con musicisti jazz e di musica classica. Ho fatto un album parecchio folk con tante chitarre campionate, come anche un album che sarà il seguito di Herbstlaub, dopodiché però credo mi immergerò in sonorità jazz e classiche con più interventi di musicisti reali nell’album.
I.F. - Hai mai pensato di collaborare per la colonna sonora di un film?
Martin - Sì, è il mio sogno da molto tempo. Alcuni persone comparano la mia musica con quella di un film, così penso che potrebbe andare davvero bene. A volte suono dal vivo le colonne sonore di film classici muti come Nosferatu o Caligari, cosa che mi diverte molto e anche ora sono in contatto con un art direct di New York che è interessato nel fare alcuni progetti di film sperimentali con me. Ma questo sarà molto focalizzato sulla musica. Io vorrei fare qualcosa dove la musica è più che un sottofondo.
I.F. - So che per le date live ti presenti sul palco con musicisti del Trio Yara. Come è nata questa collaborazione?
Martin - Sì, sono musicisti davvero brillanti. Una volta suonarono per il club per il quale lavoravo; ne feci una registrazione e da frammenti di essa ho fatto l’album Yara, che è molto basato sull’atmosfera di quel concerto. Dopo diventammo buoni amici e cominciammo a suonare live insieme. E’ un grande piacere per me poter suonare con loro. A volte quando sono sul palco posso solo stare li in piedi e ascoltare che grande musica producono e a volte suonano in modo così intenso che sono sul punto di piangere. E’ un fortissimo legame poiché sento davvero come se loro stessero suonando dal mio cuore. Ho anche suonato uno speciale concerto a Norimberga in Svezia con più materiale jazz. Erano insieme il pianista degli Yara e Roger Doering che suona il saxofono. Una radio svedese aveva fatto una registrazione e alla label (CCO) piacque così tanto che pensarono di fare una pubblicazione. Ciò mi rese davvero felice, poiché a me piaceva l’idea di suonare più spesso con i musicisti.
I.F. - Per ora quale tua esperienza sul palco è stata più significante?
Martin - Ho avuto diversi momenti ottimi e molto intensi con il mio set solista in teatri oscuri con solo alcune candele sul mio tavolo e il backlight del mio laptop. Ci sono stati alcuni momenti nei quali ero completamente concentrato nella musica e nient’altro, che è una buona sensazione se sei sul palco solo con il laptop e il controller. Anche quando ho suonato al Route Du Rock Festival in Francia è stato grandioso. Era il primo show con il Trio e avevamo il palco in mezzo a una spiaggia. Noi facemmo le prove in una piccola casetta a St.Malo e prima del concerto facemmo un’intervista con una ragazza molto famosa della tv tedesca. Quello fu sconvolgente. Anche il concerto in Svezia fu davvero speciale perché era in un vecchio complesso minerario con sette secondi di riverbero, che si può sentire anche nella registrazione.
I.F. - E per quanto riguarda date future hai già impegni?
Martin - No, non ci sono piani per il futuro. Io suono al momento ma di sicuro mi piacerebbe suonare di più e con dei musicisti. Sto molto cercando di avere l’opportunità per suonare in Gran Bretagna e Italia, perché sembra ci siano molte persone interessate nella mia musica. Così se tutto va bene si avvererà in futuro.
I.F. - Oltre a Marsen Jules poi so che hai pure il progetto Krill.minima…
Martin - Sì, è stato il mio progetto principale per molto tempo. Ho tonnellate di materiale non uscito, ma ho avuto sempre dei problemi con la pubblicazione. Alcune label avevano promesso cose e poi non hanno potuto mantenere le loro promesse per vari motivi. Il primo album di questo progetto uscirà se tutto va bene l’anno prossimo con la Native State Records in Inghilterra, anche se ho già materiale per tre, quattro album sull’hard-disk.
I.F. - Un ultima curiosità… come ti è venuto in mente il nome Marsen Jules?
Martin - Un giorno ricevetti una mail. Qualcuno di un’agenzia aveva scritto il mio nome in modo sbagliato e mi era molto piaciuto.
I.F. - Bene, con questo era davvero tutto. Rockline ti augura di avere ancora più successo, nell’attesa di rincontrarci con il tuo prossimo lavoro! Se hai qualcosa da aggiungere sei libero di farlo, ciao!
Martin - Grazie tante per l’interesse e il supporto; grazie per l’intervista e le buone domande, con i migliori auguri dalla Germania!