Voto: 
7.0 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Nuclear Blast/Audioglobe
Anno: 
2005
Line-Up: 

- Shagrath - voce
- Silenoz - chitarra
- Galder - chitarra
- Vortex - basso e voce
- Mustis - tastiere
- Hellhammer - batteria


Tracklist: 

1. Alt Lys Er Svunnet Hen (06:07)
2. Broderskapets Ring (05:10)
3. Når Sjelen Hentes Til Helvete (04:33)
4. Sorgens Kammer - Del II (06:21)
5. Da Den Kristine Satte Livet Til (03:08)
6. Stormblåst (06:16)
7. Antikrist (03:43)
8. Dødsferd (05:30)
9. Vinder Fra En Ensom Grav (04:28)
10. Guds Fortapelse - Apenbaring Av Dommedag (04:24)
11. Avmaktslave (03:55)

Dimmu Borgir

Stormblåst

Chissà cosa spinge un gruppo di successo a registrare una seconda volta, magari a distanza di dieci anni, un proprio album. La domanda diventa ancora più naturale se il disco in questione rappresenta uno dei capisaldi di un determinato genere, il Black Metal in questo caso. I Dimmu Borgir lo hanno fatto: sono entrati in studio con una formazione assai diversa da quella del 1996, anno di uscita del disco originale, ed hanno registrato nuovamente Stormblåst, loro secondo, magnifico, album. L’artwork si presenta totalmente differente rispetto alla vecchia versione. Fatto abbastanza ovvio, dal momento che ripresentando la medesima copertina molti si sarebbero giustamente sentiti oltraggiati. Purtroppo però la nuova copertina, pur essendo davvero curata ed oggettivamente mirabile, non raggiunge i livelli dell’originale sotto il punto di vista dell’oscurità. L’artwork del disco del 1996 è infatti, grazie anche al vecchio logo della band, molto più tenebroso ed enigmatico. Detto questo occorre analizzare il contenuto musicale per poter giudicare il nuovo Stormblåst.

Proprio come nel 1996 ad aprire il disco ci pensa Alt Lys Er Svunnet Hen, brano originariamente strabiliante. Quello che accade ad inizio canzone è però veramente scandaloso: invece che ritrovare il fenomenale solo di piano, forse uno dei passaggi più occulti ed agghiaccianti della storia dei Dimmu Borgir, il complesso propone una sottospecie di introduzione a dir poco penosa. Non basta: poco prima del cambio di ritmo, al posto di quel riff da brividi, tanto esaltante quanto malvagio, il gruppo norvegese opta per un suono diverso, più pomposo e sicuramente meno caratteristico, a dimostrazione che i tempi sono ormai cambiati e sfortunatamente non si può tornare indietro. Broderskapets Ring è la seconda traccia di Stormblåst ed anche la nuova versione di questa song presenta una brevissima introduzione. Ancora una volta le sonorità risultano molto più sontuose e solenni rispetto al tagliente sound originale. Un fattore positivo è senza dubbio il miglioramento vocale di Shagrath, indiscusso leader della band, che mette in mostra nel nuovo lavoro tutti i progressi fatti durante gli anni. Il suo screaming è ora curato nei minimi dettagli e sono ben lontani i tempi degli esordi, quando le sue urla erano incredibilmente strazianti. Pure il modo di cantare del vocalist altera però tantissimo l’atmosfera del disco rispetto al lavoro del 1996 e ciò può piacere a certi ascoltatori ma può deluderne altrettanti, soprattutto gli amanti più nostalgici ed intransigenti del Black Metal. La terza song del disco, ovvero Når Sjelen Hentes Til Helvete, rappresenta una vera eccezione dal momento che, specialmente nella prima sezione del brano, risulta più piacevole, elaborata e nettamente più matura rispetto al vecchio arrangiamento. Inoltre, fortunatamente, lo stacco centrale di pianoforte non subisce, almeno in questo caso, sostanziali mutazioni. Come nel resto dell’album è comunque soprattutto la batteria a colpire per la sua incisività e ciò appare ovvio se a suonare dietro le pelli c’è un certo Hellhammer. Il musicista norvegese fa valere tutta la sua tecnica e la sua abilità durante tutto l’arco di Stormblåst, Sorgens Kammer – Del II inclusa. Molti ricorderanno un titolo diverso nella tracklist del disco registrato nel 1995 e soprattutto non avranno presente la batteria, totalmente assente nella vecchia Sorgens Kammer. In quest’ultima mancano anche le parti cantate, che sono invece un elemento portante della nuova edizione. In pratica si tratta di una song inedita, di una seconda parte, anche se è praticamente impossibile trovare un collegamento sensato con Sorgens Kammer. Il perché di questo nuovo pezzo sul disco? Ecco il curioso aneddoto: il tastierista dei Dimmu Borgir, che all’epoca del primo Stormblåst era Stian Aarstad, decise di copiare la melodia di un videogioco per scrivere una composizione strumentale, chiamata poi appunto Sorgens Kammer. Stian non disse assolutamente nulla alla band per molti anni, dopodiché decise di confessare il plagio compiuto. I Dimmu Borgir, di conseguenza, hanno preferito non inserirla nell’edizione 2005 ed al suo posto si trova quindi Sorgens Kammer – Del II, brano che si sposa perfettamente con le nuove sonorità proposte dal complesso norvegese.

Dopo un pezzo con molte sperimentazioni elettroniche, come l’alterazione della voce di Shagrath in alcune circostanze, arriva una rivisitazione senza troppe peculiarità: Da Den Kristne Satte Livet Til. L’interpretazione del brano contenuta nel nuovo disco è di gran lunga più violenta, travolgente ed in qualche modo anche più valida rispetto alla vecchia Da Den Kristne Satte Livet Til. Tale potenza deriva specialmente dalla batteria, con la quale Hellhammer lavora egregiamente, proprio come nel resto dell’opera. Di Stormblåst viene accentuata, nella nuova versione, sia la temporalesca intro che tutto il resto del brano. L’effetto ottienuto consiste nel dissolvimento dell’atmosfera gelida ed impassibile, caratteristica della Stormblåst del 1996, in favore dell’ormai classica fastosità tanto cara a Shagrath e Silenoz. L’enfatizzazione dei suoni delle tastiere rappresenta l’ennesima diversificazione tra le due composizioni. Stormblåst è probabilmente l’esempio più lampante della differenza tra i due dischi: il primo riesce ad evocare perfettamente la desolazione ed il gelo tipici del Black Metal, il secondo dimostra una maggiore abilità tecnica da parte dei vari componenti del gruppo e pertanto risulta più completo, anche se forse troppo artificiale. Nonostante tutto, Stormblåst rimane comunque uno dei capitoli migliori dell’intero platter. L’esordio della settima track, cioè Dødsferd, è del tutto inedito ed è composto da alcuni cori maestosi e solenni che però poco si addicono al pezzo originale e soprattutto al clima che si respira ascoltandolo. Neanche a dirlo è la batteria la vera protagonista di Dødsferd, benché la rabbiosa voce di Shagrath sia sempre costante e le tastiere fondamentali per la composizione. Inoltre, a causa di vari inserimenti qua e là, la recente rivisitazione dura ben due minuti in più rispetto alla song originale.

Esattamente al contrario di Dødsferd, la nuova Antikrist ha una durata nettamente inferiore alla versione più datata. Il brano, di circa tre minuti e mezzo, mette in risalto come al solito la batteria, benché in questo caso notevole importanza abbiano specialmente le chitarre di Sven Atle Kopperud e Thomas Rune Andersen, rispettivamente Silenoz e Galder. Pure per Antikrist vale quanto già detto: escludendo le varie modifiche musicali è principalmente l’atmosfera a cambiare ed è normale se si considerano i dieci anni di distanza da un lavoro all’altro. Arriva poi l’ora di una canzone dove la differenza di durata è minima: circa venti secondi. Si tratta di Vinder Fra En Ensom Grav. Questa volta le discrepanze sono quasi insignificanti, tralasciando chiaramente le innovazione a questo punto evidenti. L’unico veramente degno di nota è il singer Shagrath che, finalmente, durante i passaggi cadenzati del brano, torna ad utilizzare quello screaming straziante e disperato che distingueva i primi Dimmu Borgir. L’ultima traccia presente pure nello Stormblåst registrato nel ’95 e distribuito un anno dopo si intitola Guds Fortapelse - Apenbaring Av Dommedag. Un fatto che fa sicuramente sorridere è la decisione del gruppo di mantenere la stessa introduzione, oscena come poche altre, del vecchio brano. L’unico elemento migliorabile viene lasciato così come era e sono invece, purtroppo, le delicate note di piano ad essere ritoccate e sostituite da alcuni riff di chitarra ed artificiosi suoni di tastiera, talmente ripetitivi da diventare ormai quasi insopportabili. Stormblåst è arricchito, oltre che dalla parte seconda di Sorgens Kammer, da una bonus track: Avmaktslave. E’ arduo capire se la composizione è in realtà l’ennesima rivisitazione di un qualche brano risalente ad una sessione di registrazione datata oppure se è un pezzo fresco, scritto da poco per l’occasione dal gruppo, in quanto somiglia tantissimo ai precedenti capitoli di quest’opera, che a loro volta distano anni luce da quelli originali. Ebbene, si tratta, tanto per cambiare, di una vecchia song riadattata in chiave moderna. La track è inedita, tuttavia, prendendo esempio dal disco appena ascoltato, non sarebbe troppo azzardato scommettere che la prima versione del brano, quella mai rilasciata, sia nettamente migliore di quella proposta.

Analizzato il contenuto musicale, rimane solo da decidere se Stormblåst sia stato rovinato o se invece sia stato perfezionato da questa rivisitazione, effettuata a dieci anni di distanza dall’album vero e proprio. Non sarebbe giusto fermarsi ad un giudizio simile, tanta è la diversità tra i due dischi che un attendibile confronto finale sarebbe pressoché impossibile. Ai giovani metal kids potrebbe piacere molto l’opera del 2005, d’altronde la tecnica è invidiabile ed il contenuto sempre eccezionale, anche dopo tutti questi anni. D’altro canto però, i nostalgici del classico Black Metal nordico non rimarranno certamente soddisfatti del nuovo Stormblåst, a causa principalmente del cambiamento d’atmosfera nelle sonorità dell’album di cui si è già ampiamente parlato. Occorre scegliere quindi: disco grezzo, evocativo e profondo oppure tecnico e curato nei minimi particolari? All’acquirente la scelta. Rimane tuttavia in sospeso un assillante dubbio: perché?

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