- Live Kristine Krull - voce
- Mathias Roderer - chitarra
- Thorsten Bauer - chitarra
- Chris Lukhaup - basso
- Moritz Neuner - batteria, percussioni
- Alexander Krull - voce, programmazione
1. Vinland Saga (03:12)
2. Farewell Proud Men (04:04)
3. Elegy (05:07)
4. Solemn Sea (03:44)
5. Leaves’ Eyes (03:59)
6. The Thorn (04:05)
7. Misseri (Turn Green Meadows into Grey) (03:51)
8. Amhrán (Song of the Winds) (02:48)
9. New Found Land (03:28)
10. Mourning Tree (04:03)
11. Twilight Sun (03:22)
12. Ankomst (03:51)
13. Elegy (video clip) (04:33)
Vinland Saga
Variegato. Ecco la prima impressione che si ha ascoltando per la prima volta il secondo parto di casa Leaves’ Eyes, band composta da “Miss Gothic Metal” Liv Kristine e dalla line up degli Atrocity, il cui leader, Alexander Krull è anche compagno della bionda cantante.
Variegato e maggiormente teso, rispetto al predecessore, verso nuove ricerche e sperimentazioni sonore, andando a toccare lidi diversi, sempre cercando di separarsi dall’ormai trito e ritrito stile gothic rock/metal, ormai ben definito da band che nel corso di dieci anni hanno fatto storia, vedi nomi come Theatre of Tragedy e Tristania, tanto per citarne alcune.Più blandi, più sinfonici, meno essenziali i loro eredi, il che di per sé non sarebbe necessariamente un male; peccato però che ormai tendano tutti a scopiazzarsi tra di loro, salvo le solite, gradite e rare eccezioni.
Purtroppo i Leaves’ Eyes non si salvano dalla smania dell’assuefazione passiva e si adeguano un po’ troppo ai Within Temptation, perlomeno in alcune tracce, come nella epica e sinfonica Farewell Proud Men o nella più diretta (in cui si sente più che mai lo zampino dei “furono” Atrocità) Elegy. Non che il buon risultato sia opinabile, la suddetta canzone è decisamente ben confezionata, anche se con la carta regalo presa in prestito da altri.
Ma questa è solo una, e sottolineo una, delle direzioni in cui si sono spinti i tedeschi, ce ne sono altre: una che va’ a ripescare (oddio, ormai si pesca dovunque così) le sonorità più goticheggianti in cui è maestra l’ex vocalist dei Theatre of Tragedy, affiancate dal growl a tratti poco convincente, e ancora più spesso fuori posto, del marito: The Thorn e Solemn Sea sono buone canzoni, in cui Liv fa’ come sempre da padrona, ben supportata dagli archi e mal coadiuvata da Alexander, che ruggisce in modo un po’ troppo entusiasta. A prescindere dalla performance dunque non eccezionale di Krull, in brani come questi è troppo forte la sensazione di “già sentito” per poterne fare delle ottime canzoni.
E’ forse la terza strada quella da approfondire più attentamente, quella più meditata e pacata delle tracce più lente, in cui si assapora un sapore celtico, folcloristico, sognante, decisamente più complesso ed interessante. Abbandonate le bombardanti schitarrate e le strabordanti concertazioni, basta qualche accordo o arpeggio di chitarra acustica, un violino e un flauto per creare pezzi delicati come Mourning Tree, Ankmost, la titletrack Leaves' Eyes, dove Liv può donare la massima espressività alla sua voce da angelo.
Nel complesso, se si vanno a ritrovare le stesse sonorità nelle canzoni più heavy, si riconosce come, in fondo, un tocco di personalità ci sia, anche se forse non ancora pienamente consapevole, o forse semplicemente non abbastanza azzeccata all’interno del contesto. Una sfida per l’orecchio o una fastidiosa magagna? Qui entra in gioco l’ascoltatore. In ogni caso, da provare.