- Wulf - vocals, guitar, synths and samples, drum programming
- Naur - bass
- Sophis - guitar
1. Antagonist
2. Inject Me Now
3. Nonexistent
4. Awaiting Deception
5. The Angst Zeit
6. The Mannequin March
7. A Hollow Impression
8. Towards Tedious Nightmare
9. We Are the Last
10. The Sky Is Always Open
Antagonist
Antagonist è il titolo del debutto degli sloveni Neurotech, giovane gruppo che nonostante la provenienza balcanica si è orientato verso un industrial metal di stampo scandinavo, e quindi fondamentalmente molto melodico, contaminato dalle deviazioni più orecchiabili del goth metal nordico, e contorniato da canonici inserti tastieristici (le consuete combinazioni di strings, choirs e giri melodici patinati) accanto a linee vocali molto sporche per fare più rabbioso.
Le coordinate di riferimento dell'ensemble (o meglio, dell'uomo-gruppo Wulf che si è occupato di tutto, anche della produzione) sono indubbiamente quelle di gruppi come Deathstars, Kovenant e Samael, seguiti in maniera fedele senza apportare modifiche alla loro formula già collaudata basata sul connubio di meccanicità industriale e necessità di un forte impatto melodico, sia dal punto di vista elettronico che nel riffing.
Nonostante non brilli certo per originalità della proposta, onestamente non si tratta del solito scadente lavoro-fotocopia senza niente da dire, perché l'album trova un punto di forza nell'impatto fortemente trascinante, mentre gli arrangiamenti sono sufficientemente curati e particolareggiati nei dettagli.
Svettano fra i brani in particolar modo, a detta di chi scrive, Inject Me Now (con i riff più granitici, meccanici e caustici, accompagnati da un'effettisticaa straniante) e The Mannequin March, dalle chitarre squadrate e brucianti su sfondo di sintetizzatori cyber-epici, in delicato equilibrio fra la pacchianeria e l'imponenza sonora; mentre risultano più banali e triti gli episodi più "gotici" come Awaiting Deception o We Are the Last, che in particolare suona abbastanza ruffiana nel suo alternare strings pseudo-sinfoniche a muri sonori distorti sui quali far girare melodie ripetute di tastiera.
La sezione ritmica è abbastanza ripetitiva, ma questo ormai è un clichè del genere, mentre è una pecca più rilevante la monotonia delle linee vocali di Wulf, sempre fisse su di un growl/scream poco potente ed espressivo.
Va da sè che rimane globalmente un disco d'esordio consigliato più ai fan del genere, che troveranno molti spunti melodici godibili e diverse canzoni accattivanti; chiunque altro, soprattutto se non gradisce l'approccio (nord-)europeo all'industrial metal, troverà pochi motivi d'interesse in questo lavoro, che alla fine percorre un sentiero già battuto da molte formazioni norvegesi e svedesi (ma lo fa con una buona dose di convinzione nelle composizioni).
Potreste voler cambiare di 10/20 punti in più o in meno il voto finale a seconda di se amiate o no il genere.