- Robert Wyatt - Voce, Batteria
- Hugh Hopper - Basso, Chitarra acustica, Sassofono alto
- Mike Ratledge - Organo, Pianoforte, Flauto
Guests:
- Brian Hopper - Arrangiamenti, Sassofono tenore e soprano
1. Rivmic Melodies:
- I. Pataphysical Introduction, Pt. 1
- II. A Concise British Alphabet, Pt. 1
- III. Hibou, Anemone and Bear
- IV. A Concise British Alphabet, Pt. 2
- V. Hulloder
- VI. Dada Was Here
- VII. Thank You Pierrot Lunaire
- VIII. Have You Ever Bean Green?
- IX. Pataphysical Introduction, Pt. 2
- X. Out of Tunes
2. As Long As He Lies Perfectly
3. Dedicated to You but You Weren't Listening
4. Esther's Nose Job:
- I. Fire Engine Passing with Bells Clanging
- II. Pig
- III, Orange Skin Food
- IV. A Door Opens and Closes
- V. 10:30 Returns to Bedroom
Volume Two
Gli inglesi Soft Machine non fanno in tempo a pubblicare l'esordio The Soft Machine che il complesso si è già sciolto e tutti i suoi membri si sono allontanati. Dopo aver registrato il disco nell'aprile 1968, infatti, il trio parte per un logorante tour e, al ritorno a Londra, a maggio, è costretto ad annullare tutti i suoi numerosi ingaggi per ripartire in America alla volta di un secondo tour con Jimi Hendrix, esperienza notevole per i Soft Machine anche perché vedranno tra le proprie fila, seppur per pochissimo tempo, il futuro Police Andy Summers, che però verrà cacciato da Kevin Ayers per via del suo background jazz che, secondo lui, snaturava lo stile della band.
Concluso il secondo tour nell'ottobre dello stesso anno, la fatica prende il sopravvento sui musicisti, che decidono così di concludere la loro avventura: Ayers vende il basso a Mitch Mitchell della Jimi Hendrix Experience per poi fuggire a Ibiza, Mike Ratledge torna a Londra per approfondire e raffinare i suoi studi e le sue idee in fase compositiva, mentre Robert Wyatt decide di rimanere in California, precisamente a Los Angeles, ospitato da Hendrix e da Eric Burdon.
Sembra davvero la conclusione del gruppo, ma la casa discografica si oppone alla decisione dei tre: The Soft Machine viene pubblicato a novembre dalla label ancora ignara del loro scioglimento e, seppur la cosa non avvenga in Inghilterra per problemi legali, in America riscuote un discreto successo, raggiungendo perfino la posizione #38 nella chart di Billboard (e le poche copie da lì importate vanno a ruba anche nel Regno Unito). A questo clamore si aggiunge la personale protesta della casa discografica, che, dopo aver scoperto della fine dei Soft Machine, li costringe a tornare insieme sostenendo che il debutto fosse un disco eccezionale. Così Wyatt viene convinto e richiama Ratledge da Londra, mentre Ayers non viene rintracciato in Spagna e non collaborerà più con il gruppo (nonostante lo attenda da solista una delle carriere più rilevanti nell'intera scena di Canterbury). Al suo posto entra Hugh Hopper, grande amico dei due membri rimasti e già loro collaboratore per The Soft Machine.
Così il gruppo nel 1969 ritorna sulle scene, vivendo un anno importantissimo per la sua avventura, denso di esperienze significative: oltre alla partecipazione dei membri dei Soft Machine alla registrazione di The Madcap Laughs, debutto del membro dei Pink Floyd Syd Barrett, a maggio, e all'Actuel Music Festival ad ottobre, dove si esibiscono con importantissimi acts dell'epoca (quali Caravan, Frank Zappa, Captain Beefheart oltre ai già citati Pink Floyd), è da ricordare soprattutto la pubblicazione sotto la Probe del loro secondo full-length (intitolato appunto Volume Two), a settembre, registrato nel febbraio-marzo dello stesso anno.
La maturazione del gruppo è netta, ma soprattutto la mancanza di Ayers modifica l'atmosfera di tutto il disco: la band decide di sperimentare nuove vie, tra cui la distorsione del basso di Hopper, adottato in principio per rendere il suo suono ugualmente corposo anche durante le improvvisazioni all'unisono, e si allontana dal mood dadaista del primo disco (che permane comunque per tutta l'opera), in favore di una seriosità più vicina al jazz-rock nascente in quegli anni (soprattutto per merito delle composizioni di Ratledge, il più avanguardista dei tre). È innegabile anche l'influenza che i Mothers of Invention, con Absolutely Free, hanno su Volume Two, sia sui membri (come Wyatt, che nelle sue composizioni sfoggia un senso dello humor vicino a quello di Frank Zappa) sia sui produttori (che affascinati da tale disco, costringono il gruppo a suddividere le composizioni - due suite separate da due brani - in molte parti più brevi ognuna con il proprio titolo, senza comunque separarle musicalmente).
Nella prima facciata, dominata da Rivmic Melodies, è Robert Wyatt a rappresentare il compositore principale, che firma tutti i brani, spesso accompagnato da Hopper: la suite si apre con la Pataphysical Introduction, un'introduzione di Robert Wyatt sostenuta da arrangiamenti curati dal fratello di Hugh Hopper, Brian, per poi proseguire con il breve segmento di A Concise British Alphabet, che consiste appunto nella recitazione dell'alfabeto da parte di Wyatt. La suite entra però nel vivo con Hibou, Anemone and Bear, che ne rappresenta il suo apice per qualità e per scelte osate (e non è un caso che sia l'unico movimento scritto a quattro mani da Wyatt e da Ratledge): l'introduzione acida prelude a un brano jazz-rock raffinato che anticipa il sentiero che verrà percorso dalla band nei dischi immediatamente successivi. Ratledge ora - come in The Soft Machine - si comporta come il Jimi Hendrix del gruppo, sostenuto dall'ottima base ritmica di Wyatt e Hugh Hopper e accompagnato anche dai fiati suonati da Brian, ora distende tappeti eterei su cui far adagiare la voce vellutata di Wyatt e le linee di basso che ne seguono i fraseggi, per poi lasciare spazio ai fiati e infine a un onirico assolo di piatti. Una volta chiuso simmetricamente il pezzo con la seconda parte di A Concise British Alphabet (dove Wyatt recita l'alfabeto questa volta al contrario), è la volta della più canonica Hulloder, più legata alla tradizione psichedelica, e di Dada Was Here, che presenta un testo in spagnolo e che ritorna su binari jazz-rock più pronunciati. Dopo la psichedelia più pop di Thank You Pierrot Lunaire e l'improvvisazione collettiva posta a conclusione di Have You Ever Bean Green? (in cui Wyatt ringrazia la Jimi Hendrix Experience per il loro supporto), viene ripreso il tema iniziale di Pataphysical Introduction, a cui si aggiungono i fiati, per poi concludere la suite con la caotica Out of Tunes, in cui sax, basso, batteria, scat-singing e organo sottolineano di nuovo l'aspetto più progressive del sound dei Soft Machine chiudendo ottimamente la facciata.
La side B è invece inaugurata dall'acido progressive rock di As Long As He Lies Perfectly, un'aperta dedica a Kevin Ayers (considerato praticamente morto dalla band non avendone più notizie, ma celebrato in modo commovente), e dalla poetica ballata Dedicated to You but You Weren't Listening (in cui Hugh Hopper si cimenta con la chitarra acustica). Ma ciò che segue rende definitivamente la seconda facciata di Volume Two quella più particolare ed elaborata: è infatti con la suite Esther's Nose Job (il cui titolo è tratto da un capitolo del romanzo V di Thomas Pynchon, ovvero In which Esther gets a nose job), curata totalmente da Ratledge, che il tastierista ostenta tutta la sua passione per la musica più sperimentale. Partendo dal primo movimento Fire Engine Passing with Bells Clanging, in cui un organo stridulo e la batteria accompagnano un lunghissimo assolo di basso, la suite prosegue con il jazz-rock di Pig e quello di Orange Skin Food (dove l'organo di Mike Ratledge si cimenta nelle prime emulazioni dei suoni elettronici di Terry Riley), per poi concedere spazio alla lunga sezione solistica di A Door Opens and Closes e infine spegnersi con progressive rock di 10:30 Returns to Bedroom, brano ambizioso quanto Hibou, Anemone and Bear e caratterizzato da assoli e improvvisazioni da parte di tutti gli strumentisti. Tutti questi frammenti insieme compongono il più chiaro manifesto di ciò cui l'arte dei Soft Machine poteva arrivare. Con Esther's Nose Job il complesso si slega definitivamente dal trend del rock psichedelico, pronto per entrare negli anni '70 con un'attitudine più jazz e all'avanguardia, che li renderà una delle band di riferimento nel panorama fusion degli anni '70.
Lo humor e lo spirito dadaista delle composizioni più psichedeliche e la seriosità di quelle più jazz/progressive rendono Volume Two uno dei dischi più a sé stanti nel panorama rock di fine anni '60. Con questa seconda fatica, i Soft Machine dimostrano di avere ancora molto da dire e di non avere intenzione di rimanere confinati nell'ambito rock, che va loro sempre più stretto, e si pongono fra gli interpreti più sperimentali del panorama fusion. Ciononostante, il trio non ha un successo proporzionato alla qualità della loro proposta, e pure dopo la pubblicazione di un secondo full-length il loro nome, acclamato dalla critica e dagli ascoltatori più eclettici, rimane ancora sconosciuto ai più.