- Tom Angelripper – vocals, bass
- Bernemann - guitar
- "Bobby" Schottkowski – drums
1. In War and Pieces 04:11
2. Hellfire 03:07
3. Through Toxic Veins 04:43
4. Nothing Counts More Than Blood 03:49
5. Storm Raging Up 05:08
6. Feigned Death Throes 03:59
7. Soul Contraband 03:50
8. God Bless You 05:10
9. The Art of Killing Poetry 04:38
10. Knarrenheinz 03:37
11. Styptic Parasite 05:13
In War and Pieces
In War and Pieces segna il tredicesimo lavoro firmato Sodom in una carriera iniziata ormai quasi trent’anni fa. Una storia fatta di coerenza e passione, di sudore e violenza. Sembrano così lontani gli esordi marcatamente speed/black, tuttavia i Sodom, a differenza di molti altri colleghi, hanno sempre saputo mantenere nel loro sound un pizzico di quella genuina impulsività che diede vita a veri e propri capolavori del thrash più crudo. Un’impulsività che rivive anche quando ci si trova al cospetto forse dell’album più “heavy metal oriented” della discografia del nostro trio teutonico.
A distanza di ben quattro anni dal precedente, omonimo, lavoro che già mostrava una maggior pulizia di registrazione unita ad una propensione più marcata per l’accessibilità musicale, il nuovo pargolo in casa Sodom ne è un naturale proseguimento.
Affascinati da un artwork stupendo, ci addentriamo fiduciosi nel nuovo lavoro. Il benvenuto lo abbiamo con i tempi medi, sontuosi della titletrack ed i suoi riffs leggermente meno canonici. La voce di Tom è roca come sempre ma alcune soluzioni marcano un passaggio ad uno stile maggiormente moderno, rasentando lidi Slayeriani dell’ultimo periodo. La registrazione è pulita affinché la chitarra possa mostrare un sound tagliente. Le velocizzazione che possiamo trovare nella parte finale sfociano presto nella terrificante Hellfire, pura bordata in pieno stile Sodom. Quasi completamente in up tempo e con un ritornello tanto semplice quanto old-school, questa canzone ci regala forti emozioni e ci accompagna fino alla successiva Through Toxic Veins, dall’ottima introduzione melodica che lascia presagire ad immediate sezioni più veloci. Nothing Counts More Than Blood ci mostra una band districarsi con un riffing marcatamente più orientato allo speed metal con un tocco di melodia, supportato da una batteria abbastanza dinamica che passa da veloci momenti di doppia cassa a repentini up tempo. Ad ogni modo questo episodio può rappresentare il primo vero esempio di quella maggior propensione alla melodia di cui parlavo in precedenza anche se lo stile Sodom rimane intatto, per la gioia di tutti i fans.
Ottima la varietà del riffing della violenta Storm Raging Up, tra tremolo e cavalcate in palm-muting. Anche i tempi di batteria mutano a dovere e si lasciano andare in modo particolare durante la sezione solista, dapprima molto impulsiva e successivamente votata ad un approccio leggermente più melodico. Molto particolare e orientata ad una sorta di primordiale speed/black/thrash primordiale che viaggia su tempi, la successiva Feigned Death Throes, con tanto di ritornello cantato in una sorta di growl/scream decisamente estremo. Come potrete notare, non mancano anche momenti melodici ad opera delle sei corde di Bernemann, tuttavia la furia di tale canzone non lascia molto spazio ai fronzoli. La lenta e lugubre Soul Contraband ci annichilisce con tutta la sua pesantezza strumentale ed il suo testo apocalittico, sempre legato alla psicologia dell’individuo nelle situazioni di guerra più disparate. Si cambia registro con l’introduzione melodica di God Bless You: da brividi. Dapprima gli arpeggi la fanno da padrone, successivamente la distorsione entra violentemente e si continua su binari leggermente sperimentali per quanto riguarda il riffing, a tratti leggermente più moderno o melodico, mentre i tempi rimangono medi.
Ci si avvicina alla fine del disco con i controtempo e le immediate ripartenze di The Art of Killing Poetry, song dal particolare tocco oscuro che può rimandare a lavori passati da parte del gruppo. Ad ogni modo, la particolarità melodica che questa traccia possiede in più frangenti non sfigurerebbe in un disco di un qualsiasi gruppo moderno che suona una sorta di groove imbastardito con influenze melodiche. Altro esperimento perfettamente riuscito in casa Sodom. A chi, al contrario, non ha gradito tal esperimento, consiglio la successiva Knarrenheinz, puro assalto sonoro con testi in tedesco. Un martellamento come i Sodom ci hanno ormai abituato da anni. La finale Styptic Parasite si segnala, a mio parare, come la più debole del lotto ed anche la sezione solista melodica al centro non fa sì che le sorti si risollevino. I tempi medi non mordono a dovere ed alla lunga stancano, anche se si può accettare visto che su quasi cinquanta minuti di musica abbiamo avuto ben pochi cali.
Ennesimo buon lavoro targato Sodom, per una band che non vuole veramente mollare e a noi va benissimo così. Forse più vario e meglio strutturato del suo predecessore, In War and Pieces mostra anche segni leggeri di evoluzione per la band: c’è maggiore propensione per la melodia ed alcune strutture, seppur sicuramente più mature, rimangono anche leggermente meno veloci. Ad ogni modo, il trademark del gruppo è sempre ben presente ed ogni fan del gruppo di Tom potrà trovare pane per i suoi denti.