- Chris King
- Raymond Brown
- Jeremy Galindo
- Andrew Miller
1. Rituals
2. Woven Tears
Moving on the Edges of Things
La questione sorta in relazione al cosiddetto post rock negli ultimi anni è se si tratta di un "genere" ormai stereotipato, manierista e abusato, oppure di una forma musicale che ha raggiunto la propria condizione ideale e prosegue naturalmente in questa direzione.
Per non dilungarci troppo sull'argomento, una possibile risposta potrebbe essere il considerare vera la prima ipotesi nel caso dei gruppi di "emuli" che si pongono sulla scia di formazioni seminali e ne ripropongono le medesime caratteristiche, probabilmente senza neanche aggiungervi troppo spirito di reinterpretazione; la seconda nel caso di questi "maestri" che non fanno altro che mantenere e consolidare in maniera formalmente impeccabile la propria musica, giunta ormai allo stato dell'arte.
Forse lo sanno anche i This Will Destroy You, che consci delle limitazioni a cui possono andare incontro permanendo negli ambiti di una formula che molti, troppi gruppi propongono con lo stesso schema e le stesse soluzioni sonore, decidono di allentare i legami con le loro fonti d'ispirazione principali per cercare qualcosa di differente.
L'EP Moving on the Edges of Things, antipasto del loro imminente secondo full-lenght, sembra affermare con forza questo intento.
L'uscita si rivela infatti slegata dal tradizionale post rock per crescendo emotivi strumentali che li caratterizzava, per orientarsi invece verso un noise/ambient dove a far da padroni sono i feedback dei droni distorti e le atmosfere oniriche che aleggiano nelle due traccie.
L'iniziale Rituals consiste difatti in 9 minuti di leggeri muri sonori distorti e stratificazioni oniriche, seguendo tonalità basse che però non cercano di risultare opprimenti quanto di enfatizzare il lato cupo e poi malinconico del brano. Verso la fine si aggiungono timide percussioni mentre nel frattempo le chitarre sono sfociate in un contorno etereo riverberato, da shoegazers, lasciando poi spazio ad una coda tastieristica che accentua la carica emozionala presente fra le note.
L'altro brano, Woven Tears, è più influenzata da certe soluzioni della new wave, con percussioni minimali e ripetute accompagnate da effetti quasi industriali mentre sullo sfondo si stagliano i consueti muri di chitarra noisy, il tutto condotto da un'attitudine di fondo molto ambientale per via delle dilatazioni atmosferiche e dei riempimenti sonori. Il risultato suona però meno efficace e capace di singulti emotivi.
In attesa dell'album nuovo, possiamo quindi scoprire questo nuovo volto della formazione statunitense.