Voto: 
10.0 / 10
Autore: 
Jacopo Prada
Genere: 
Etichetta: 
Metal Blade/Audioglobe
Anno: 
1998
Line-Up: 

- Johan Hegg - voce
- Ted Lundstrom - basso
- Olavi Mikkonen - chitarra
- Anders Hansson - chitarra
- Martin Lopez - batteria

Tracklist: 

1. Ride For Vengeance (04:28)
2. The Dragons' Flight Across The Waves (04:34)
3. Without Fear (04:50)
4. Victorious March (07:57)
5. Friends Of The Suncross (04:43)
6. Abandoned (06:01)
7. Amon Amarth (08:06)
8. Once Sent From The Golden Hall (04:12)

Amon Amarth

Once Sent from the Golden Hall

Le radici profonde non gelano, parola di John Ronald Reuel Tolkien. Aveva proprio ragione l’autore del Signore Degli Anelli, nato nel 1892 in Sudafrica, ad affermare che le tradizioni fortemente radicate nella cultura non possono certo scomparire con il passare del tempo. Infatti, in Scandinavia la cultura pagana non è mai morta ed, anzi, è più rigogliosa che mai. Non sono bastati decenni di stragi dimenticate, di conversioni obbligate, di distruzione di immensi patrimoni per estinguere il Paganesimo dal Nord Europa. Gli Amon Amarth lo dimostrano dal 1992, anno in cui si formano a Tumba, piccolo sobborgo a sud di Stoccolma. Un anno più tardi la band svedese incide un demo, Thor Arise, non rilasciato perché ritenuto insoddisfacente. Nel 1994 esce invece The Arrival Of The Fimbul Winter, che diventa quindi la prima testimonianza musicale degli Amon Amarth. Dopo aver sottoscritto un contratto con la Singapore's Pulverised Records, il gruppo registra l’interessantissimo mini cd Sorrow Throughout The Nine Worlds. Il successo ottenuto dal mini permette al complesso svedese di firmare un accordo con l’importante label Metal Blade. Nel marzo del 1997 gli Amon Amarth entrano nuovamente in studio di registrazione e ne escono con Once Sent From The Golden Hall, uno dei migliori album Viking di sempre.

Il disco si apre con una canzone dalla potenza indescrivibile: Ride For Vengeance. Fin dalle primissime note del brano si può ammirare tutta la rabbia, l’energia, l’odio ed il furore musicale proposto dagli Amon Amarth. Martin Lopez è assolutamente perfetto dal punto di vista tecnico e, suonando a questi ritmi, la cosa non è poi così scontata. Anders Hansson e Olavi Mikkonen si intrecciano in modo spettacolare con i loro riff dall’intensità inaudita. Ted Lundstrom, con il suo basso, riesce nel difficilissimo compito di ritagliarsi un ruolo tra musicisti davvero fenomenali. La vera gemma del gruppo è però rappresentata dal singer Johan Hegg che, grazie alla sua irresistibile voce, unisce un growling incredibilmente profondo ad uno screaming veramente lacerante. Assai particolare il passaggio centrale del brano, dove Johan scandisce in modo chiaro alcune inquietanti parole in svedese. Questi sono gli Amon Amarth, questi sono i guerrieri di Odino, venuti per vendicare tutti i torti subiti dalla popolazione vichinga nel corso della storia. Dopo circa quattro minuti e mezzo il brano termina, per lasciare spazio alla seconda traccia di Once Sent From The Golden Hall, cioè The Dragons' Flight Across The Waves. Il pezzo inizia in modo meno distruttivo e rabbioso rispetto a Ride For Vengeance. Il suono continuo della batteria, accompagnato da un riffing di chitarra alquanto massiccio, si alza poco a poco di volume, fino ad esplodere nelle orecchie dell’ascoltatore. Dopo qualche verso cantato divinamente da Johan incomincia la song vera e propria, scandita da un ritmo meno tirato, ma più incalzante e bellico della track precedente. E’ soprattutto lo stratosferico lavoro di Lopez dietro le pelli che permette al pezzo di evocare realmente i drakkar vichinghi che solcano le temibili acque dei gelidi mari nordici. La prima sezione, quella maggiormente tecnica, di The Dragons' Flight Across The Waves rappresenta l’alba ed un coraggioso marinaio che si accinge a salpare insieme ai suoi fidati compagni. Solo le parche sanno quale sarà il loro destino. La fase centrale, quella invece più epica, simboleggia l’avanzata della flotta vichinga attraverso le minacciose onde in direzione di terre lontane. Dopo il grandioso assolo si presenta quindi la parte finale della track, la quale, contraddistinta da alcune urla quasi pulite del singer svedese, vuole significare l’arrivo sulla costa nemica e l’inizio della battaglia.

Il terzo brano dell’album si intitola Without Fear, dura quasi cinque minuti e potrebbe perfettamente essere il seguito più opportuno di The Dragons’ Flight Across The Waves. Il guerriero è ora sul campo di battaglia e sta morendo, seguendo così la tragica via stabilita per lui dal fato. L’introduzione ritmica, contrassegnata da un Lopez veramente scatenato, ricorda abbastanza quella di Ride For Vengeance. Basta però aspettare qualche attimo per rendersi conto che le due canzoni sono indiscutibilmente differenti. Le chitarre creano, in questo caso, un’atmosfera quasi malinconica, che trova giusta corrispondenza nelle tragiche liriche del brano. Musicalmente si alternano frazioni molto aggressive e veloci ad altre decisamente più cadenzate. I passaggi rapidi potrebbero essere interpretati come la furia della battaglia che divampa ed il caos che ne consegue, mentre quelli lenti potrebbero evidenziare invece il personaggio che muore in pace con se stesso, consapevole di poter far presto compagnia agli eroi nel Valhalla. L’assolo fiero ed immortale è davvero vistoso e splendido. Per l’intera durata di Without Fear le chitarre lavorano comunque sempre in perfetta sintonia, inventando suoni a volte quasi ossessivi ma mai noiosi. La conclusione della song è molto caotica e ricca di suoni distorti che aprono inconsapevolmente le porte a Victorious March, traccia numero quattro di Once Sent From The Golden Hall. Il brano sfiora gli otto minuti ed è qualificato da un incedere di stampo epico. Lopez e la sua batteria dirigono la canzone in modo ritmato ed incalzante, Johan è micidiale come ormai d’abitudine, i due talentuosi axemen inventano dei riff in grado di spaccare la pietra ed il basso di Ted completa il tutto egregiamente. La traccia riesce ad esaltare ed appassionare anche l’ascoltatore più composto, anche grazie al testo. I dieci piedi che marciano incontrastati, citati nei primi versi delle liriche, si riferiscono ai cinque combattenti raffigurati nella meravigliosa copertina, disegnata da Peter Kinmark. Niente e nessuno riesce ad arrestare quest’avanzata militare senza freni. Degno di nota è nuovamente l’assolo, curato e tutt’altro che monotono. Victorious March diventerà immediatamente un classico degli Amon Amarth e verrà suonato dal vivo praticamente sempre come vero e proprio inno finale.

Una violenta marcia precede solitamente un attacco altrettanto brutale. Non fa eccezione Friends Of The Suncross, brano tra i più distruttivi di tutto il panorama Metal. La canzone, nella quale gli Amon Amarth abbandonano l’ordinato ritmo bellico, tipico delle schiere militari che si avviano in direzione dello scontro, per abbracciare musicalità decisamente più devastanti, è abbastanza breve se confrontata a Victorious March. Ad aprire la track un riff assolutamente indovinato seguito, come al solito, dall’abituale batteria indemoniata. Dopo qualche verso è possibile ascoltare con meraviglia un breve assolo, insistente ma tutt’altro che soporifero. Ogni strofa è incastonata in maniera insuperabile e Johan le interpreta tutte magnificamente. L’incessante andatura di Friends Of The Suncross subisce, nella fase centrale, una leggera diminuzione di velocità. Dopo un secondo assolo si ricrea infine un caos sonoro analogo alla sezione finale di Without Fear. Le liriche sono un vero e proprio elogio all’amicizia. Un guerriero vichingo canta, a bordo del suo inaffondabile drakkar, l’ incontrastata sicurezza, dovuta alla presenza dei commilitoni, che lo attorna e non teme affatto l’imminente conflitto armato. Completamente opposto è il tipo di testo del brano successivo, Abandoned. In questa circostanza è un malcapitato cristiano il personaggio principale del pezzo, che, in prima persona, descrive la furia sterminatrice dei cinque combattenti giunti direttamente da Asgard per punire chi segue i falsi insegnamenti del Cristianesimo. La visione della propria famiglia trucidata provoca in lui sgomento ed orrore. Il suo Dio è ora impotente al cospetto del flagello nordico dei figli di Odino. Dal punto di vista musicale Abandoned risulta addirittura più spietata della track antecedente. Il sound è sì massiccio, ma anche pungente, visto il lacerante screaming a cui si abbandona Johan. L’esemplare singer degli Amon Amarth appare qui malvagio come in nessun’altra occasione, nonostante non sia mai troppo difficoltoso comprendere le parole che egli pronuncia. Abandoned manifesta però un certo calo innovativo, dal momento che, dopo almeno altre quattro canzoni, potrebbe trasudare una leggera monotonia ascoltando Once Sent From The Golden Hall.

La band svedese non intende di certo deludere ed a spiazzare tutti ci pensa Amon Amarth, penultima song del disco. Apre la traccia un riffing lento ed insistente seguito dalla batteria di Lopez che elabora, in modo molto tecnico, un ritmo cadenzato e maniacale. Amon Amarth è influenzata specialmente da quel Black Metal gelido, tipicamente angoscioso e marcio. Il pezzo, nel quale Johan dà la miglior prova vocale di tutto l’album, dura ben otto minuti e presenta, nel suo frammento centrale, alcuni effetti acustici riconducibili a spade, asce e uomini in preda alla disperazione. Dopo questi suoni l’avanzare di Amon Amarth diviene leggermente più dinamico, non trascurando comunque gli elementi Black. Il lungo assolo che conclude la composizione si guadagna una nota positiva per via della sua struttura alquanto articolata e fa ben sperare per il prossimo brano. Non tradisce fortunatamente le aspettative la conclusiva Once Sent From The Golden Hall. Ancora una volta sono inesorabilmente in primo piano le musicalità selvagge proprie di gran parte dell’album. Nella titletrack, che supera di poco i quattro minuti, tutti i membri degli Amon Amarth danno il meglio di sé, dimostrando ottima tecnica e considerevole destrezza. Leggendo il testo si ha finalmente la certezza dell’identità dei cinque uomini dall’aria minacciosa rappresentati in copertina. Sono, come si poteva ben intuire già in precedenza, cinque messaggeri di morte, portatori di rovina e devastazione. Molti si chiederanno perché i vichinghi in copertina siano in cinque mentre i componenti della band solamente in quattro. Il gruppo, al tempo delle registrazioni di Once Sent From The Golden Hall, è composto da un cantante, un bassista, un batterista e ben due chitarristi. Poco dopo la fine delle incisioni del disco però uno dei due axemen, Anders Hansson, deciderà di abbandonare il complesso svedese. Nelle foto e nelle note all’interno del booklet sembra perciò che gli Amon Amarth non rappresentino in realtà i guerrieri della copertina, protagonisti di molte liriche. Leggendo invece più attentamente le annotazioni, si viene presto a conoscenza della presenza di un secondo chitarrista e, facendo un semplice ragionamento, i conti tornano. Il brano termina infine con una serie di messaggi subliminali dalla difficile comprensione.

Once Sent From The Golden Hall è un’opera semplicemente perfetta. Nessuna canzone annoia, nonostante non ci sia traccia di alcun tipo di sperimentazione nell’arco dell’intero album. Gli Amon Amarth scrivono uno dei lavori più rappresentativi di tutta la scena estrema del Metal e faticheranno non poco per ripetersi. Once Sent From The Golden Hall è ira, accidia, invidia, lussuria, superbia, gola e avarizia, ma, d’altronde, tutto questo è il Viking Metal! In alto i boccali gente, brindiamo ai più spietati vichinghi svedesi di tutti i tempi!

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