- Joe Vescovi - keyboards, vocals
- Arvid Andersen - bass, vocals
- Pino Sinnone - drums
- William Gray - guitar, vocals
Caronte I
Two Brothers
Little Janie
L'ultima ora & Ode a Jimi Hendrix
Caronte II
Caronte
E' il 1971 quando i Trip, gruppo per metà inglese e per metà italiano, decidono che è giunta l'ora di partorire l'opera seconda della loro esile ma prolifica discografia, Caronte. Sebbene il nome, ai più non dica molto, il disco è assai importante: esso infatti sancisce la nascita (assieme a Collage de Le Orme, che è dello stesso anno) del cosiddetto prog italico, genere snobbato nella penisola ma apprezzatissimo in tutto il resto del cosmo.
I Trip furono fondati a Londra nel 1966 da Riki Maiocchi, già precedente leader de I Camaleonti, e dal batterista Ian Broad (ex-The Bigs), incontrato in precedenza a Milano. Broad contattò un famoso chitarrista come Ritchie Blackmore, a cui successivamente si aggiunsero Arvid "Wegg" Andersen (basso e voce) e William Gray (chitarrista degli scozzesi Anteeeks). Inizialmente col nome Maiocchi & The Trip, nel dicembre dello stesso anno Blackmore lasciò il gruppo per unirsi ai Deep Purple e venne sostituito da Luciano Gandolfi. Sia Maiocchi che Gandolfi abbandonarono la formazione subito dopo e rimasero allora solamente Broad, Andersen e Gray, ai quali successivamente si aggiunsero il savonese Joe Vescovi (tastiera) e poi il torinese Pino Sinnone.
Nel 1970 la formazione firma per la RCA e pubblica così il debutto omonimo (sottotitolo: Musica impressionistica), ancora legato al rock e al blues del decennio precedente.
Si giunge così con queste premesse alla svolta del del 1971 con il secondo album Caronte, subito dopo essere apparsi nel film surrealista Terzo Canale: Avventura a Montecarlo.
Ma veniamo al disco: si struttura in cinque tracce che per circa mezz'ora avvolgono in una atmosfera particolarmente cupa, la quale ci rimanda scene dantesche della Commedia che fanno un po' da filo conduttore di tutto l'album rendendolo una specie di concept, per non dire un concept vero e proprio.
L'opera si apre con Caronte I, strumentale che dopo un inizio sinistro quanto astuto, si impenna in un hard rock che fa veramente drizzare i peli per quanto è folgorante. L' apertura sconvolgente lascia spazio a rumore di automobili e passi che introducono un pacato giro di basso: è Two Brothers che intorno al terzo minuto esplode in saette hard con la voce del buon Wegg Andersen, bassista del gruppo. Gli altri componenti sono Joe Vescovi tastiere, voce e geniale mente del gruppo, William Gray, chitarre e Pino Sinnone, batteria.
Su un ipnotico giro di basso la seconda traccia si congeda lasciando spazio ad una ballata, Little Janie, ben costruita attorno all'angelica voce di Joe Vescovi il quale ci immerge in un'originalissima atmosfera onirica di grande impatto.
Nella quarta traccia, si cela il capolavoro dell' album, L'Ultima Ora/Ode a Jimi Hendrix; nella prima parte della canzone un rock energico ci guida sino alla seconda parte, un adagio liturgico, dove Vescovi e compagni si esibiscono in un esercizio di stile suggestivo e intrigante.
Chiude l'album, Caronte II dove lo stesso vagito di organo che ha aperto il disco è solo un pretesto per altre divagazioni sul tema.
Caronte rimane un album da riscoprire, una pietra miliare del progressive che troppi hanno ingnorato proprio a causa della scarsa importanza che la musica italiana ha dato a questo gruppo.