- Neil Cowley - piano
- Richard Sadler - basso
- Evan Jenkins - batteria
1. Monoface
2. Radio Silence
3. Vice Skating
4. A French Lesson
5. Gerald
6. Desert to Rabat
7. Stereoface
8. Hug the Greyhound
9. Portal
Radio Silence
Formatosi nel 2005 a Londra dopo lo scioglimento del duo Fragile State, il Neil Cowley Trio è uno dei volti più affascinanti e travolgenti del modern jazz made in Uk. Inutile aggiungere che lo stesso Neil Cowley sia uno dei pianisti più dotati e uno dei più eleganti compositori del panorama internazionale; fate una semplice somma e capirete subito perchè il primo full-lenght del trio, l'acclamato Displaced, abbia fatto scalpore ai BBC Jazz Award del 2007 vincendo il premio di miglior album dell'anno. Ma, si sa, il modern jazz del 2000 è - in maniera decisamente più evidente e discutibile del jazz del XX secolo - un circolo sempre più sotterraneo e insondabile dalla superficie, costruito attorno poche personalità e tenuto in vita da una cerchia di ascoltatori sempre più ristretta ma tremendamente fedele. Fatto sta che in Gran Bretagna (paese che, peraltro, vanta una tradizione jazz tutt'altro che trascurabile) il Neil Cowley Trio è ormai sulla bocca e sulle pagine di tutti gli addetti ai lavori: Radio Silence, terzo full-lenght del progetto, è qui a testimoniarlo.
Prodotto dalla Naim Jazz, una delle etichette jazz indipendenti più prolifiche e interessanti del panorama britannico, Radio Silence prosegue positivamente il percorso tracciato dai due precedenti album e veste le composizioni di Neil Cowley con abiti ancora più eleganti, raffinati e dal grande appeal. Rispetto a Displaced e Loud... Louder... Stop, il nuovo disco del trio si concentra ancora di più sulla raffinatezza e su una sensualità pianistica sempre più accentuata; il modo di suonare di Cowley, tralasciando le fasi più improvvisative e di maniera, è infatti ondulato, a tratti orientaleggiante, colmo di suggestioni fugaci che ne modellano ad ogni istante l'andamento. Nonostante questo, Radio Silence risulta essere leggermente più accademico dei suoi fratelli maggiori, sebbene di manierista persistano solo piccole e inevitabili ombre (le fasi improvvisative di A French Lesson, alcuni frangenti di Stereoface, i clusters dell'agrodolce Desert to Rabat). Il sound del Neil Cowley Trio però, ormai divenuto riconoscibilissimo, non ne risente troppo e condisce le proprie strutture più consolidate con un gusto melodico (in certi casi - Gerald e Hug the Greyhound - quasi pop) e un accentuato senso atmosferico che ne amplia inevitabilmente il potenziale espressivo: Vice Skating (come anche la splendida opener Monoface), nei suoi emozionanti sapori macchiati d'inquietudine e nel suo andamento fluttuante, è l'esempio più sgargiante della versatilità compositiva di Cowley e della assoluta brillantezza del suo pianoforte, perenne protagonista delle ondulate trame strumentali dell'album. Dietro di esso, il basso di Richard Sadler orna il tutto con maestria ma senza mai salire in primo piano, mentre la batteria di Evan Jenkins si evolve continuamente in uno stile dinamico e travolgente che dà al disco quell'andamento particolarmente fluttuante che, per tutta la sua durata, non si oscura mai.
Nulla di troppo sperimentale e contorto, nessun cerebralismo, niente ostentazioni tecniche fini a se stesse ma piuttosto un elegante lirismo in salsa modern jazz: Radio Silence è semplicemente l'ennesima confessione, l'ennesima, passionale serenata d'amore che Neil Cowley dedica al jazz, mettendoci dentro tutto se stesso e dando vita a lavori sempre emozionanti. Ed è risaputo che, soprattutto in un genere come questo, la sincerità e l'assenza di velleità intellettualistiche sono quasi sempre sinonimo di qualità e autenticità.