- Matthew Bellamy - voce, chitarra, tastiera
- Chris Wolstenholme - basso, cori
- Dominic Howard - batteria, percussioni
1. New Born
2. Bliss
3. Space Dementia
4. Hyper Music
5. Plug in Baby
6. Citizen Erased
7. Micro Cuts
8. Screenager
9. Darkshines
10. Feeling Good
11. Megalomania
Origin of Symmetry
Il trio inglese dei Muse fa il botto mediatico a cavallo del nuovo millennio grazie al suo rock potente e melodico, con numerosi effetti di distorsione e vari giri di tastiera ad arricchire un sound compatto e coinvolgente; ma anche con la sublime voce di Matthew Bellamy, potente e versatile, spesso anche uscendo in quei falsetti che hanno contribuito a costruirne la reputazione di eccellente cantante. Si tratta di una voce molto coinvolgente e carismatica (alcuni lo hanno paragonato anche allo storico Freddie Mercury), ma non solo: Bellamy è davvero un uomo-gruppo, occupandosi sia di chitarra che di tastiera ed avendo la voce principale nella composizione dei brani.
I Muse sono stati spesso accostati ai Radiohead, di cui c'è una certa influenza, e al neo-prog, ma in realtà il rock alternativo dei Muse è molto più d’impatto ed energico, cosa che non vuol dire che non rinuncino ad un pizzico di elaboratezza sonora di contorno alla base potente e melodica delle loro canzoni. Ma fondamentalmente non bisogna dimenticare anche la vena pop-oriented del gruppo insita nei brani, nel senso che ogni pezzo è una potenziale hit: melodica, accattivante, trascinante, con un carisma enorme di contorno e tante idee briose sfruttate nella creazione di pezzi incisivi e dinamici. Ciò è dovuto anche ad un pizzico di esuberanza quasi ruffiana nell'attitudine del gruppo, ma per il momento la formula riesce, sfociando in canzoni immediate, intense e trascinanti.
Se l'album di debutto Showbiz mostrava già molto potenziale ed un talento melodico catturante, è con Origin of Symmetry che i Muse sfornano il loro album più riuscito e personale capolavoro.
Ed è con i 6 minuti dell’iniziale New Born che abbiamo subito modo di renderci conto di ciò. Decisa e carismatica, si tratta di una opening di molta classe.
La seconda canzone Bliss è chiara, sognante, celestiale nella sua potenza e la sua energia, mentre la lunga Space Dementia è un forte richiamo al lato più oscuro e spaziale dei Radiohead, grazie anche al suo ora pesante e fermo pianoforte, ora leggero e sfuggente, e all’elettronica allucinogena.
Hyper Music comincia con un breve gioco di suoni e subito si trasforma in una carica ferocemente ipnotica, che soprattutto per il basso ricorda gruppi come i Primus e la loro musicalità eccentrica.
Plug in Baby riprende ancora qualcosa da questo concetto e lo intesse di ritmi più orecchiabili e giri di chitarra che sfiorano un gusto quasi neo-classico.
La lunga e poliedrica Citizen Erased inizia con il suo delirio di distorsione e i bassi profondi, fino ad oltre la metà in cui si fa posto un’isola di tranquillità. In sottofondo un giro elettronico che naviga leggero sulla musica, sfociando fin nel brano successivo, Micro Cuts, e, insieme alla strumentazione di fondo, portando a far diventare il brano visionario ed implacabile. Bellamy con il suo microfono filtrato si esibisce in una prestazione interamente in falsetto impressionante, memorabile soprattutto nell’intenso chorus dove raggiunge picchi molto alti, ma anche "furbetti" nella loro capacità di stupire. Effettivamente i Muse sembrano anche nascondere una certa propensione all'esaltazione, che rischia di sfociare nella ruffianaggine.
Screenager è priva di distorsioni: un lento esotico e oscuro, sovrastato da una tastiera limpida e delicata. Tocca ora a Darkshines, altro apparente lento oscuro e solitario, se non fosse per il basso narcotico, il freddo e regolare pedale e le sfuriate elettriche. Con un tocco di passione romantica nelle atmosfere, però. Feeling Good è il brano più noir di tutti, e centra in pieno l’obbiettivo di ricreare atmosfere che immergono in un ambiente denso e fumoso, anche quando subentra la chitarra elettrica.
Megalomania è saldamente improntata sull’imponenza e la magnificenza dell’organo elettrico sullo scenario, e chiude l’album con sontuosità e favolosità.
In chiusura dei conti, c’è poco da aggiungere su Origin of Simmetry: l’energia e l’impatto si coniugano perfettamente con momenti più meditati e altri più (relativamente parlando, s'intende, per un gruppo venuto fuori dopo la moda britpop) "alternativi"; Bellamy è la punta di diamante della musica dei Muse, grazie al suo estenuante impegno nella composizione e nel suonare, ma soprattutto per la sua potente voce, assumendo così il ruolo di protagonista dell’album - tuttavia senza sminuire neanche minimamente il resto del gruppo.
Unico neo, come già detto, forse l'estro del gruppo a volte sembra leggermente pomposo, con voglia di stupire e far mostra delle proprie capacità, ma fortunatamente il bagagliaio tecnico e la creatività corposa ma melodica del trio rimangono in auge senza abbandonarsi a questo elemento.