Voto: 
7.3 / 10
Autore: 
Corrado Penasso
Etichetta: 
Relapse Records
Anno: 
2010
Line-Up: 

- Jason Netherton - Bass/Vocals
- Mark Klöppel - Guitar/Vocals
- Sparky Voyles - Gutar
- Adam Jarvis - Drums  
 

Tracklist: 



1. Embracing Extinction 01:49
2. Fed to the Wolves 03:47
3. The Carrion Call 03:46
4. Heirs to Thievery 02:53
5. The Spectator 03:04
6. The Illuminaught 03:54
7. The Seventh Cavalry 04:44
8. Plague of Objects 03:08
9. You Lose 02:30
10. Sleeping Giants 02:56
11. Day of the Dead 01:50

Misery Index

Heirs to Thievery

Ormai tra le colonne portanti della moderna concezione di death/grind statunitense, i Misery Index danno alle stampe il loro quarto album di una fortunata carriera iniziata solamente nel 2001 ma che continua a dare soddisfazioni. Jason Netherton e soci ormai sembrano inarrestabili ed incapaci di sfornare un album derivativo, e direi per nostra fortuna! Ormai come tutti potrete immaginare, c’è ben poco da inventare in un genere nato alla fine degli anni 80 ma cresciuto e influenzato da tante sperimentazioni; tuttavia i nostri musicisti da Baltimora non si scoraggiano e viaggiano sempre a testa alta. Heirs to Thievery é un disco che anche se non farà gridare al miracolo in termini di originalità, è sicuro che vi arrecherà non pochi disturbi alle vostre orecchie. Ancora una volta gli elementi death metal (brutal per la precisione) sono in netto predominio rispetto a quelli grind. I primi si fanno notare nella complessità delle strutture e nel riffing, gli ultimi quando c’è da iniettare maggiore impulsività in un sound già di per sé non calmo, sicuramente. La voce stessa si assesta su binari che potremmo sempre considerare come una sorta di mediazione, poiché mai troppo gutturale o “screaming”, ma piuttosto roca e potente, con varie “tentazioni” hardcore.

Ciò che mi preme segnalare, ancora una volta, è che adoro ascoltare bands che sanno mischiare in modo perfetto brutalità e tecnica senza che la seconda venga in qualche modo a sopraffare la prima per la mera volontà esibizionista. Troppi gruppi (Origin, Brain Drill etc) ormai lasciano completamente da parte la passione per trasformarsi in macchine senza anima, capaci di buttarsi a capofitto in fraseggi ultratecnici senza né capo né coda. I Misery Index non sono assolutamente tra quelli e questa loro volontà di rimanere sempre “caldi” nel loro sound è da apprezzare. Una registrazione corposa e mai troppo pulita o sintetica (fatta forse eccezione per la doppia cassa del batteria, troppo triggerata) accompagna brani devastanti e tecnici, pregni di cambi di tempo e passaggi pesanti come solo il brutal death ci può regalare. I due minuti scarsi di Embracing Extinction ci danno il benvenuto nel migliore dei modi poiché influenze thrash metal mischiate ad un tocco melodico nelle linee soliste abbracciano blast beats e up tempo. La miscela è perfettamente bilanciata e coinvolgente ma solo con la successiva Fed to the Wolves le qualità chitarristiche vengono veramente messe in risalto grazie a fraseggi alla velocità della luce a spezzare un sound sempre compattissimo e largamente a base i death metal crudo e puro. Ottima la sezione solista a metà durata, dal mood melodico molto particolare.

The Carrion Call punta parecchio sul groove delle chitarre e sulla base di veloce doppia cassa ed il risultato è convincente anche se a farci veramente muovere la testa è l’entrata prepotente dei blast beats a cura di un Adam Jarvis seriamente intenzionato ad entrare nella classifica dei migliori batteristi estremi. Così si continua anche in occasione di una title-track tutto impatto ma comunque ottima per le inquietanti sezioni rallentate e quelle mostruose di veloce doppia cassa. Nettamente più influenzata dall’hardcore e ottimamente posizionata nel disco per donare varietà maggiore, The Spectator ci stupisce per un groove incalzante ed alcuni momenti più tirati. Spunti leggermente progressivi nel riffing di una strutturata ma coinvolgente The Illuminaught lasciano spazio ad una non proprio azzeccata The Seventh Cavalry la quale punta su un riffing ripetitivo ed abbastanza anonimo nella sua ostica marcia su tempi medi. Le quattro canzoni poste in chiusura si affidano alla brutalità e alla velocità, incorporando molti elementi grind questa volta. Volevo solo segnalarvi il devastante drum intro della penultima Sleeping Giants ad ulteriore conferma della tecnica del batterista.

In fin dei conti, come dicevo prima, il disco in questione non sarà un capolavoro e neanche si avvicina alle migliori uscite Dying Fetus nel genere, tuttavia esso potrà essere comunque preso in considerazione per tutti gli amanti del genere. I Misery Index hanno pubblicato un album tosto, violento e dal buon songwriting e sicuramente sentiremo parlare di loro ancora nel futuro. 

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