- Vince Neil - Voce
- Mick Mars - Chitarra
- Nikki Sixx - Basso
- Tommy Lee - Batteria
1. Wild Side (04:40)
2. Girls, Girls, Girls (04:30)
3. Dancing on Glass (04:18)
4. Bad Boy Boogie (03:27)
5. Nona (01:27)
6. Five Years Dead (03:50)
7. All in the Name of... (03:39)
8. Sumthin' for Nuthin' (04:41)
9. You're All I Need (04:33)
10. Jailhouse Rock (04:39)
Girls, Girls, Girls
Se qualcunochiedesse il nome di un gruppo che da solo possa rappresentare gli anni ottanta - musicalmente parlando ovvio, ma forse anche sotto qualche altro aspetto - non si avrebbe difficoltà a rispondere citando quei quattro banditi della west coast al secolo conosciuti come Mötley Crüe.
La scelta risulta piuttosto semplice dato che il loro repertorio “classico” è composto da cinque album memorabili, rilasciati fra l’81 e l’89 a distanza di due anni l’uno dall’altro, saziando così l’infinita sete di rock che il pubblico ha avuto lungo tutto il decennio. Ed è con questa tabella di marcia, davvero impressionante, che la Combriccola Variopinta è giustamente arrivata fin lassù, dove pochi altri eletti sono riusciti ad unire sia quantità che qualità.
Poi col passare degli anni, soprattutto dopo l’avvento di Nirvana e company, il giocattolo “bella vita + successo sfrenato” si è rotto quasi del tutto, ma resta il fatto concreto che tutti i gruppi desiderosi di suonare shock/glam/hair non possono non fare i conti con la produzione targata Crüe.
Nel 1987 i quattro di Los Angeles erano già molto famosi in patria, grazie alle infinite date eseguite in lungo e largo per tutto il paese, ma pure nel vecchio continente erano già ampiamente conosciuti vista anche la partecipazione ad un paio di Monsters of Rock, senza dimenticarsi dei fatti di cronaca che purtroppo portarono il cantante Vince Neil sulle prime pagine dei giornali a causa di un incidente automobilistico in cui perse la vita il suo amico Razzle, batterista degli Hanoi Rocks.
Comunque sia, con i tre platter precedenti, i nostri lasciano un’impronta sostanziale per tutta quella corrente hard rock legata ad un’immagine horrorifica e al finto occulto. La loro musica aggressiva piaceva quindi a molti, ma per catturare la scena mondiale ci voleva ben altro. E’ strano come alcune volte produrre un album pieno di ottimi brani ed anche di qualche capolavoro non corrisponda automaticamente ad un successo nelle vendite. Questo fatto è determinato anche dal target di pubblico a cui, più o meno, è indirizzata la musica suonata, ed effettivamente è comprensibile che al gentil sesso possa non piacere sentir parlare di diavoli e bestiacce varie. Con il 1986, infatti, il mercato discografico si inginocchiò di fronte allo strapotere del duo Europe - Bon Jovi che, grazie a due masterpiece del calibro di The Final Countdown e Slippery When Wet, catturarono l’attenzione sia degli amanti del rock melodico ma anche e soprattutto del pubblico femminile.
Girls, Girls, Girls è quindi l’album della svolta. Nikki Sixx e compagni mettono da parte i pentacoli e il pesante make up, adottando un look denim&leather più al passo con i tempi. In questo lavoro possono finalmente esprimersi in quello che sanno fare meglio di chiunque altro: divertirsi, sfasciarsi e suonare R n’R. Il platter, con i suoi testi, le musiche e i video, racconta in maniera impeccabile la vita sul Sunset Boulevard tra una striscia di coca e un locale di striptease.
L’apertura è affidata ad un classico della discografia dei Mötley; Wild Side mostra con una rozzaggine inaudita il lato appunto più selvaggio del combo di Los Angeles. La musica è semplice, la tecnica basilare, ma il suo incidere animalesco è tutt’oggi imbattuto. Strabilianti sono sia la mutazione di Tommy Lee da batterista a “fabbro” che gli effetti da guerrilla urbana sul finale. Alla title-track è invece affidata la posizione numero due e immediatamente il rombo del motore di una Harley Davidson ci proietta verso quella che senza ombra di dubbio è la canzone più tamarra della storia del rock. La prima parte del testo già di per sé spiega tutto:
Friday night and I need a fight - My motorcycle and a switchblade knife - Handful of grease in my hair feels right - But what I need to make me tight are - Girls, Girls, Girls…
Un ritmo incalzante, un videoclip molto hot e la genialità di Mick Mars alla sei corde fanno di questo brano un vero e proprio inno al vivere trasgressivo.
La successiva Dancing on Glass è un altro grande pezzo basato su un giro di chitarra eccezionale in avvio. A renderlo particolare sono pure le tastiere nel finale, raramente usate dai Crüe, ma anche alcuni riferimenti alla dipendenza da droghe veramente molto espliciti. Gioie e dolori dell’act californiano. Bad Boy Boogie è una di quelle canzoni simpatiche ma che non rimangono impresse perché musicalmente poco ispirate, mentre è proprio da dimenticare la cacofonica Nona, traccia scritta da Sixx nel mezzo di chissà quale trip, che vince pure il premio del testo più breve: una frase.
Si torna nuovamente su ottimi livelli con Five Years Dead dove salgono in cattedra quelli della sezione ritmica, ma è ascoltando All in the Name of..., altra song dedicata al divertimento sfrenato, che non è possibile stare fermi in alcun modo: la testa si muoverà allegramente di qua e di là tra il riffone di Mr. Mars e un ritornello tra i più catchy. Il disco prosegue con la kissiana Sumthin' for Nuthin', traccia dal groove accattivante che continua su quei toni ormai consoni al platter. Ma proprio mentre ci avviamo verso una finale sicuro, grazie alla rivisitazione in chiave glam di Jailhouse Rock, classico rockabilly di Elvis, ecco la conferma che i Mötley sono genio e sregolatezza. Dopo tutti quegli innumerevoli passaggi di puro Sex, Drugs and Rock N’ Roll riescono a tirar fuori dal cilindro la ballata che non ti aspetti, tanto da sembrar addirittura fuori contesto. E invece You’re All I Need è un gran lentone di classe, forse un po’strappalacrime, ma decisamente azzeccato, con una presenza toccante delle tastiere unita al miglior Neil che si esibisce nella più bella prestazione dietro al microfono di tutto il disco.
Con questo Girls, Girls, Girls il gruppo americano si afferma ancor di più ad icona mediatica degli anni ottanta, a cavallo tra sex-simbols e ribelli, cosa che gli portò ben presto fama e pubblicità, tanto da raggiungere il multiplatino in soli cinque mesi dalla pubblicazione. Ma uno stile di vita come quello intrapreso dai quattro di L.A. alla fine presenta il conto. Il tour di supporto fu un susseguirsi di date annullate, camere d’albergo distrutte ed esibizioni sia musicali ma soprattutto canore di bassissimo livello. Il 21 dicembre del 1987 il bassista Nikki Sixx fu addirittura dichiarato morto per due minuti a causa di un overdose. Se però tutti insieme non fossero arrivati ad un passo dall’oblio, oggi non potremmo ascoltare il loro più grande capolavoro rilasciato due anni dopo. Ma questa è tutta un’altra storia.