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- Emo – voce
- Nitto – voce
- Chinaski – chitarra
- Dade – basso
- Tozzo – batteria
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01. Muezzin
02. Vertigine
03. Il senso
04. A noi
05. Aspettando meteoriti
06. La notte
07. Come vipere
08. Au revoir
09. Tank!
10. L’ultima volta
10
Devo ammettere, in tutta trasparenza, che ho sempre i ritenuto i Linea 77 una delle band maggiormente sopravvalutate, per quanto rappresentative, del panorama alternativo italiano: ho sempre pensato che il loro enorme successo sia stato legato in primo luogo dall’esplosione micidiale del movimento nu metal, all’interno del quale la coniugazione del metal col rap ne era praticamente sinonimo, ed in seconda battuta a quel loro particolare modo di esprimersi che non è rap, non è hardcore, non è metal, non è nulla di definibile in maniera rigorosa eppure riesce ad assumere quel carattere istintivo e ribelle e, in fondo, piuttosto caotico in grado di smuovere la masse più eterogenee, attraversando come burro luoghi e, negli ultimi tempi, persino generazioni. Dopo i miracolosi esordi britannici ed il trionfale approdo in terra italica, merito di quel Numb che ancora oggi resta probabilmente il loro lavoro migliore (soprattutto 66 Diabolus In Musica, con la geniale collaborazione dei loro concittadini Subsonica), i Linea 77 hanno però manifestato un certo indebolimento, alleggerendo ulteriormente un sound già significativamente adeguato ai canoni dominanti nel nostro vecchio stivale: i risultati di questa operazione, cui l’aggettivo commerciale lo state aggiungendo voi ora, sono stati il mediocre Available For Propaganda ed il semi-disastroso Horror Vacui, appena 2 anni or sono. Non può dirsi solamente un caso se la maggior parte dei loro stessi sostenitori abbia storto un po’ il naso di fronte a scelte quantomeno azzardate (su tutte, la collaborazione con Tiziano Ferro, non per la scelta del partner in sé e per sé quanto per il prodotto finale) o più semplicemente rinunciatarie e temporeggiatrici, come quella di pubblicare ben 2 album, appunto, metà in lingua autoctona e metà in lingua d’oltremanica.
E’ evidente, quindi, che ai Linea 77 si chiedeva un passo decisivo, insomma, la decisione finale: radicarsi definitivamente al suolo della patria natia oppure ritornare alle bianche sponde d’Albione, magari tentando un coraggioso assalto al mercato d’oltreoceano. La scelta, giusta o sbagliata che sia, pare essere ricaduta sulla prima opzione, tant’è vero che tutte le tracce di 10, questo l’emblematico titolo del nuovo album, sono scritte nella sacra lingua madre tricolore e proprio la situazione drammatica dell’ex Bel paese cercano di fotografare col consueto realismo, di rado posato, più spesso brutale. A discapito degli scetticismi iniziali e nonostante le evidenti pecche che intaccano la sua riuscita complessiva, il decimo capitolo discografico dei Linea 77 si rivela album di tutto rispetto, estremamente efficace nelle sue linee melodiche essenziali ma trascinanti, forti del contributo di testi difficilmente banali e tanto più spesso esplosivi, la cui presa emotiva e mnemonica è certamente amplificata proprio dal fatto di essere scritti in italiano. Assoluto capolavoro, del disco in questione così come dell’intera produzione musicale firmata dalla formazione torinese, è Il senso, una canzone umilmente sofferta che, fra immagini accecanti di umana dignità ed inviolabili dichiarazioni di libertà individuale (“Voglio rispetto per una scelta presa da me, per me!”), offre uno spaccato sanguinante eppure delicato della condizione vegetativa in cui oggi tanti essere umani, troppi, versano per costrizioni naturali e, si sa, altrui. Non mancano ugualmente le consuete tracce da mosh sfrenato nella più gloriosa tradizione della band torinese, soprattutto l’irresistibile Aspettando meteoriti, ironico (“Traffico: rilassati e buona vacanza in tangenziale! […] Dormire, e sperare che domani ci colpisca un meteorite!”) e crudo (“La giustizia è una vana speranza se la legge è di chi se la compra; […] Alcool: tanto quanto basta per sentirti meno scemo!”) tratteggio della quotidianità italiana nell’anno del Signore 2010, ma anche Come Vipere, il cui chorus è introdotto da uno stuzzicante sibilo onomatopeico, e la stessa Vertigine, primo singolo estratto e protagonista di una preview assolutamente originale (clicca qui ). Allo stesso modo, anche i momenti più strazianti (La notte, e fate molta attenzione alle liriche) o drammatici (Au Revoir) acquisiscono decisamente spessore, rivelandosi piacevoli e mai troppo prevedibili, segnando, anche in questa specifica circostanza, un riuscito punto di svolta nella carriera discografica dei Linea 77, in grado ormai di spaziare con buona padronanza fra registri estremamente lontani e mostrando una varietà di idee compositiva non ancora pienamente espressa ma sicuramente interessante, come dimostrano la deftonesiana opener Muezzin, la (pop) punk attitude di A noi (probabilmente l’episodio meno entusiasmante dell’album) e l’hardcore style, con tanto di bruciante up tempo, della conclusiva L’Ultima Volta.
E’ chiaro che anche 10 presenta alcuni aspetti negativi che, se maggiormente curati, ne avrebbero potuto fare disco di ben altro rilievo, ma si tratta pur sempre di aspetti parziali e mai dominanti sulle qualità positive già rilevate: in primo luogo, al di là del fatto che siano relativamente impegnati e che certamente sono un pregio non indifferente, i testi presentano numerose ripetizioni che certamente, con un uso più appropriato di certe sfumature linguistiche, avrebbero potuto essere eliminate senza troppa difficoltà; allo stesso tempo, dal punto di vista strutturale troviamo una scelta non di per sé deleteria ma certamente mal sfruttata, vale a dire quei finali che, posti a chiusura in più d’un occasione, dovrebbero esaltare il contenuto lirico del brano ed invece non fanno che affossarne o limitarne considerevolmente la continuità emotiva e, di conseguenza, l’effettiva riuscita complessiva.
Ad ogni modo, 10 rimane un lavoro pregevole, non eccezionale ma certamente giudicabile in maniera positiva, sia di per sé stesso che alla luce dei recenti passi falsi della formazione piemontese. Ad un titolo così simbolico, ad un momento storico così importante per la loro carriera artistica, Emo, Nitto, Dade, Tozzo e Chinaski avrebbero dovuto offrire un album nuovo, diverso, altrettanto significativo, che chiudesse il primo atto della loro vita musicale e ne aprisse un secondo, nel bene o nel male rinnovando e non rinnegando la loro storia musicale: ebbene, 10 conferma assolutamente che, nel bene e nel male appunto, ma più nel bene che nel male, i Linea 77 ci sono riusciti.
N.B. Credo sia doveroso fare un plauso alla band anche per la scelta intelligente di distribuire il disco attraverso un canale non convenzionale come la rivista XL, inserto di Repubblica, ad un prezzo addirittura minorato rispetto alla normale distribuzione nei negozi di dischi; una scelta innovativa, in parte, e del tutto proficua, anche a vantaggio di chi, come nel mio caso personale, abitando in provincia e in periferia, faticherebbe, per ragioni di tempo più che altro, a recarsi in città presso un negozio di dischi specializzato. Sono aspetti forse collaterali e che, come si dice solitamente in questi casi, "ci vuol poco a farlo": c'è chi lo fa, c'è chi non lo fa, e i Linea 77 l'hanno fatto, per cui, a maggior ragione, grazie.
LINK PER L'APPROFONDIMENTO: Tracklist completa con i commenti della band nelle parole di Emo e Nitto (clicca qui ).