- Nornagest - voce, chitarra, effetti
- Phorgath - basso, voce
- Nerath Daemon - chitarra, tastiera
- Garghuf - batteria
1. In Missi Solemnibvs (02:07)
2. The Vitalized Shell (04:01)
3. Rion Riorrim (03:04)
4. Ornament of Grace (04:56)
5. Magnvs Princeps Leopardi 03:27)
6. Pentagrammaton (06:15)
7. Nehas't (02:49)
8. The Essential Chaos (03:04)
9. Ad Te Clamamvs Exsvles Morvua Liberi (01:29)
10. Unconscious Minds (08:42)
11. Behemiron (02:03)
Pentagrammaton
Nono album per i belgi Enthroned e secondo dalla dipartita del leader storico di questa sempre troppo sottovalutata band, Sabathan. Col precedente Tetra Karcist abbiamo assistito ad un leggero viramento di rotta musicale da parte del gruppo, con una conseguente voglia di allontanarsi dalle vette di brutalità del passato per puntare su un black metal più oscuro ed ispirato a formazioni quali Gorgoroth e i nuovi Marduk. Il posto dietro al microfono venne preso dall’allora già chitarrista e seconda voce Nornagest, entrato nella band nel 1995. Dopo la dipartita di Sabathan, la band non ha più annoverato nessun membro originale e come è successo per altre band ben più famose, si stenta a riconoscerli con il moniker Enthroned, sia dal punto di vista musicale che prettamente d’orgoglio. Non me ne vogliano, ma senza nessun membro originale nella line-up e senza Sabathan, per quanto mi riguarda gli Enthroned sono morti e Pentargammaton ce lo mostra anche dal punto di vista musicale.
È incredibile sentire musica del genere da parte di una band una volta capace di creare capolavori del genere. Le tracce su questo album scimmiottano lo stile delle band succitate senza aggiungerci nulla di personale per un risultato a dir poco sconcertante. Non ci sono momenti di forza e la vecchia pesantezza è stata azzerata per privilegiare un sound che si sforza in tutti i modi di essere occulto, con risultati infantili. Una breve introduzione annuncia una discreta The Vitalized Shell, forse traccia migliore dell’album, anche se distante anni luce dalle più recenti composizioni. La produzione si è fatta incredibilmente scarna e le chitarre conservano sempre un tocco leggermente più accessibile nella loro oscurità votata a ricreare atmosfere lugubri decisamente fatte meglio dai maestri scandinavi. Non c’è un riff degno di nota e tutto risulta piatto, scontato. Meglio non toccare il tasto della voce perché Nornagest anch’egli contribuisce a gettare maggiore anonimato al disco ed il suo timbro non è mai stato adatto ad uno stile del genere. Certo, mutando anch’esso il modo di fare black metal da parte della band, la sua voce si incastra meglio anche se sicuramente non è abbastanza potente per supportare il tutto. Per capirci, il suo timbro vuole ricalcare la versatilità di Mortuus dei Marduk con scarsi risultati.
I rallentamenti di Rion Riorrim e Ornament of Grace sono quasi patetici e dov’è finito il tocco melodico tipico della band? La musica è irriconoscibile come dicevamo e persino il giovane Glaurung ha abbandonato il posto alla batteria, ora preso da una certo Garghuf. Costui si destreggia in modo decente tra queste composizioni ma certo deficita di vera potenza, cosa che il suo predecessore aveva in abbondanza. Soprassediamo sul thrash sporco di Magnvs Princeps Leopardi e sul doom senza né capo né coda della title track. Un paio di tracce più tirate (The Essential Chaos e Behemiron) possono far sorridere se messe in confronto con quello che una volta sapevano fare i vecchi membri del gruppo ma aiutano la dinamicità di un disco che difficilmente, molto difficilmente potrà piacere ai vecchi fan dei veri Enthroned. Come spesso accade in questi casi, non sarebbe meglio cambiare moniker se si vuole continuare su questa strada? Che sia la paura di sapere che in questo modo non se li filerebbe più nessuno? Sicuramente.